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Anche gli arbitri corrono: mai un’attesa così strana. Parla Cascella, ex della sezione di Bari

 
Davide Lattanzi

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Davide Lattanzi

Anche gli arbitri  corrono mai un’attesa così strana

«Qualcosa cambierà anche per i direttori di gara»

Domenica 17 Maggio 2020, 11:06

Il calcio italiano prova con tutte le forze a rimettersi in moto. Ed insieme alle squadre, ai tesserati ed alle proprietà, si muove pure il mondo degli arbitri. Ma come cambierà il modo di dirigere le gare? L’epidemia da coronavirus ed il conseguente lockdown come avrà condizionato la preparazione arbitrale? Gabriele Cascella, ex arbitro della sezione di Bari con ben 14 anni di attività alle spalle, è laureato in medicina generale ed è guardia medica.

Cascella, come valuta questa fase della pandemia?
«Abbiamo a che fare con un virus conosciuto da appena cinque mesi ed è oggettivamente impossibile prevedere quale evoluzione avrà nel futuro. I contagi stanno scendendo, soprattutto in alcune regioni italiane, e i casi in generale appaiono un po’ meno gravi rispetto all’inizio dell’emergenza. Ma è presto per abbassare la guardia».

È il frangente giusto per provare a far ripartire il calcio?
«Penso che un tentativo vada fatto, ovviamente provando a rispettare tutte le indicazioni del comitato tecnico-scientifico e continuando la valutazione settimana per settimana. La Germania, proprio in questo weekend, è ripartita. Ecco, magari osservare quel modello, qualora si rivelasse proficuo, potrà essere d’aiuto».

Si parla di ritiri, di test per i calciatori, di accorgimenti sugli allenamenti. Ma gli arbitri come si regoleranno?
«L’arbitro è una componente fondamentale del gioco, ma ha un vantaggio: può provvedere alla preparazione fisica in modo autonomo. Ben inteso: gli allenamenti collettivi sono un valore aggiunto pure per gli arbitri perché consentono confronto, scambio di conoscenze, socialità. Il bello del mondo arbitrale è che un giovane alle prime armi può trovarsi a lavorare fianco a fianco con chi la settimana prima è stato a San Siro o a dirigere un match di Champions. Ma, essendo in una fase eccezionale, chi sarà designato ad arbitrare in A può comunque allenarsi in questo momento, anche da solo. E sono certo che gli arbitri “top” in Italia si faranno trovare pronti alla chiamata».

E nella direzione di gara si aspetta cambiamenti sostanziali?
«Anche qui, il vantaggio è che l’arbitro in campo si muove in autonomia. Forse sarà più semplice mantenere il distanziamento, fermo restando che l’uso della mascherina resta pressochè impossibile per chi deve correre per 90’, così come il confronto con i calciatori è costante nell’arco del match. Potrebbe essere complicata la gestione di alcuni spazi extra campo. Gli spogliatoi destinati agli arbitri sono spesso molto piccoli: lì si può correre il rischio di non rispettare le distanze e generare infezioni tra direttore di gara ed assistenti. Ma sono convinto che saranno prese le opportune contromisure».

Pensa che il ritorno in campo muterà un po’ i rapporti tra calciatori ed arbitri?
«La nostra generazione si trova per la prima volta a combattere contro una pandemia che ha provocato conseguenze sociali inimmaginabili. Spero con tutto il cuore che possiamo averne tratto lezioni preziose. Mi aspetto un rapporto più collaborativo tra calciatori ed arbitri. Magari assisteremo a meno proteste e diminuiranno le polemiche per le scelte o per gli eventuali errori. Dobbiamo capire che mai come in questo momento siamo tutti uniti per superare un momento buio. Lo si è nella vita e deve avvenire pure nel calcio che resta la passione per eccellenza degli italiani. Perciò, collaboriamo per il bene comune».
Giocare a porte chiuse che cosa cambierà dal punto di vista arbitrale?
«Il calcio è emozione perché lo si vive tra la gente. Tuttavia, dovremo passare da questa fase di transito. Magari verrà meno qualcosa sul piano dell’adrenalina, ma forse ne guadagnerà la lucidità nel prendere decisioni. Ad ogni modo, mi auguro che quanto prima si torni a giocare con gli stadi pieni e con l’entusiasmo di sempre».

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