Il 21 marzo del 1976 realizzai la mia prima di una lunghissima serie di radiocronache. Il Bari era in serie C e fui inviato a Trapani per Bari Canale Cento che aveva deciso di inserire la radiocronaca del Bari nel palinsesto della neonata emittente. In questi 43 anni sono cambiate tante cose, abbiamo assistito a rivoluzioni epocali, le tecnologie hanno superato ogni immaginazione, ma pensate il mezzo con cui ancora oggi si raccontano le partite alla radio è sempre lo stesso: il telefono. Che sia via cavo o una «doppina» o un cellulare non ha importanza, é sempre una linea telefonica A Trapani, ricordo, usai un apparecchio grigio, di quelli a filo, di cui la Sip dotava le nostre abitazioni. A Palmi userò un cellulare con cuffia e microfono, ma dopo quasi mezzo secolo sempre una linea telefonica sarà. La velocità del gioco, soprattutto certi stadi, hanno reso più difficile il lavoro, che mantiene intatto il suo fascino. È cambiato invece radicalmente il lavoro dei colleghi della carta stampata. All’epoca scrivevano il resoconto della partita su un block notes o magari su una Olivetti 32 portatile, poi dovevano collegarsi telefonicamente al giornale e dettare il pezzo allo stenografo o al dimafono. E dettavano scandendo le parole: «dal no-stro-in-via-to a Tra-pa-ni vir-go-la il Bari ha....». Oggi scrivono sul portatile e i pezzi dopo 10 secondi sono già in pagina. Ma era del tutto diverso il modo di scrivere: all’epoca doveva prevalere la cronaca perché, anche in serie A, le informazioni sulla gara erano insufficienti, le immagini scarse e tardavano ad arrivare nelle nostre case. Oggi della partita si sa tutto in tempo reale con replay e live da 12 angolazioni e allora il compito del giornalista è quello di commentare, di fare analisi, trascurando quasi del tutto la cronaca che il mattino successivo è stata ipermetabolizzata. L’altro giorno un collega mi ha chiesto cosa ricordo di quel 21 marzo. Tutto ovviamente, ma ricordo in particolare un episodio di quella domenica. Avevo in un certo senso vinto la balbuzie da cui ero afflitto da piccolo, ma temevo si facesse viva quel pomeriggio. Avevo bisogno di simulare e verso le 12 entrai in un bar, ordinai un panino e chiesi di andare in toilette. Lì cominciai a voce l’ultima prova: «Amici ascoltatori buon pomeriggio, siete collegati...»; il barista, che non poteva immaginare, sentendomi mi prese per matto. Chiesi di pagare e lui, spaventatissimo in dialetto siciliano: «Niente, niente, può andare, può andare». A volte mi guardo indietro e penso a questi 43 anni spesi in giro per l’Italia a raccontare del Bari, alla radiocronaca che tentai di fare dal bagno dello stadio di Bergamo, alla sigaretta spentami sulla mano sinistra da un insospettabile signore in giacca e cravatta mentre a Cosenza raccontavo gli ultimi minuti della partita, alle centinaia e centinaia di calciatori e colleghi conosciuti, agli impagabili tifosi del Bari scovati in ogni angolo che ho avuto la fortuna di conoscere e mi sembra si tratti di un sogno. È invece no, è tutto vero!
"Tutto iniziò in quel di Trapani"

Venerdì 22 Marzo 2019, 15:23