Giovedì 23 Ottobre 2025 | 04:52

“Non credo alla stampa libera”

“Non credo alla stampa libera”

 
Fulvio Colucci

Reporter:

Fulvio Colucci

Luciano Canfora

Luciano Canfora

Canfora e la guerra

Domenica 22 Giugno 2025, 20:19

Se il caos impera, i libri possono far emergere «ciò che si nasconde all’opinione pubblica». È l’idea che ha spinto Luciano Canfora – filologo e storico – ad accettare la direzione di «Orwell», la nuova collana varata per i sessant’anni della casa editrice Dedalo. «Il disordine internazionale richiede nuove possibilità di analisi. Faremo del nostro meglio, le forze intellettuali non mancano», spiega Canfora a “Icaro”. Conversare sul recente impegno editoriale è quasi un pretesto per scattare un’istantanea guardando l’incerto presente del pianeta.

Professore chi nasconde cosa?

«Sulla rivista on line “Krisis”, in un interessante articolo, il saggista Thomas Fazi ha evidenziato i finanziamenti dell’Unione Europea per pilotare emittenti pubbliche, agenzie di stampa, progetti giornalistici in tutti i paesi membri. Se ascolto in tv la frase: a Gaza sono morte cento persone – dico un numero a caso – dovrei chiedermi come sono morte. Si sono suicidate? Chiaro che il sistema informativo dominante ordina di non specificare come sono morte: uccise dai soldati dell’esercito israeliano. Così per la guerra in Ucraina: Putin nel 2022 ha attaccato il paese confinante con la Russia. Ma la guerra è iniziata nel 2014; le ragioni del conflitto sono assai più complesse. Se i mass media insistono su Putin aggressore, questo diventerà un mantra, una litania: la gente penserà sia andata così».

Boccia la stampa libera occidentale.

«In realtà non ho mai creduto alla stampa libera. È come il ragionamento sul sesso degli angeli che infervorava i teologi medievali. Pensiamo all’attualità: il conflitto tra Israele e Iran. Si dice: Israele è l’unica democrazia in Medio Oriente. Ma una democrazia non dovrebbe praticare l’apartheid come fa lo Stato ebraico con i palestinesi. Definire Israele un paese democratico è una sciocchezza, ma il coro consenziente dei Macron, degli Starmer, dei Merz e dei Tajani spinge in direzione contraria ovviamente. Può dirsi democratico un Paese che pensa di dettare legge ovunque incarnando il modello occidentale? Può dirsi democratico il Paese per il quale vige la regola secondo la quale se sussiste una minaccia è un diritto attaccare preventivamente un altro Stato? Si dice che da quindici anni l’Iran prepara la bomba atomica. Mi sembra la ripetizione della campagna propagandistica sulle armi chimiche di Saddam Hussein: alla fine non esistevano. Più si moltiplicano le potenze atomiche più si complica il quadro internazionale. Ormai vige la legge della giungla. Invece servirebbe un nuovo ordine internazionale».

Gli Stati Uniti, stretti alleati di Israele, con Trump oscillano fra guerra e pace.

«Nemmeno Hitler chiese di evacuare Londra durante la Battaglia d’Inghilterra. E durante il lancio dei missili V-1 e V-2. Chiedere di evacuare la capitale dell’Iran, Teheran, con i suoi 9 milioni di abitanti… Le parole di Trump sono assurde. Poi le divisioni, già profonde, crescono in America e la situazione somiglia a una guerra civile: non sarebbe certo una novità. Poi gli Stati Uniti sono stati “adorati” a corrente alternata. Alla fine della Seconda guerra mondiale erano la potenza vincitrice, la potenza protettrice dell’Europa. Ma l’America un paese tremendo, pieno di conflitti, con una destra ferocissima, una élite intellettuale straordinaria, meccanismi elettorali primitivi: Trump nel 2016 aveva meno voti di Hillary Clinton ma ha vinto la corsa alla Casa Bianca grazie una legge elettorale antidemocratica. Poi si ciarla di pesi e contrappesi: la Corte suprema… ma è il presidente a nominare i giudici. La separazione dei poteri non c’è. La guerra civile, in realtà, non è mai finita. Ancora a metà degli anni ’60, i neri non potevano sedere sugli autobus con i bianchi. Un paese barbarico. Ad essere ondivago è, tra l’altro, l’atteggiamento europeo, dal punto di vista della politica e dell’informazione: la vampata anti-Stati Uniti ha accalorato i nostri mass media, ma poi si sono pentiti e hanno fatto retromarcia. La lite Trump-Musk è servita per poter dire: vedete, a Washington non comandano gli oligarchi».

Anche questa schizofrenia è tema per la collana Orwell?

«I primi due volumi sono stati scritti dal generale Fabio Mini e dalla giornalista Sara Reginella. Nel libro La Nato in guerra, Mini analizza i retroscena della politica attuale portata avanti dall’Alleanza atlantica. In Le guerre che ti vendono, la giornalista Reginella, che ha seguito da reporter la guerra in Ucraina, rivela i meccanismi di manipolazione mediatica connessi alla guerra. Reginella è stata anche aggredita durante la presentazione dei suoi libri da cittadini ucraini. Ce n’è abbastanza per dire che insisteremo, pubblicando nuovi titoli. Come dicevo: le forze intellettuali non mancano».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)