Sabato 06 Settembre 2025 | 06:39

Niente guerrafondai, l’Italia e l’Ue ripartano da cultura e dialogo

 
Alessandra Peluso

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Alessandra Peluso

Niente guerrafondai, l’Italia e l’Ue ripartano da cultura e dialogo

Chi avrebbe mai pensato che l’Occidente europeo dopo decenni di guerre mondiali potesse nuovamente condurci in tali tragiche situazioni?

Domenica 23 Marzo 2025, 14:15

19:11

Tempus fugit tra toni accesi, conflittuali, slogan, promesse, e come un fiume in piena sono emerse destre autoritarie, dittature, sinistre litigiose, senza anima né cuore, si sono affacciate decisioni preponderanti per il riarmo, per i dazi, per chi è a favore o contro la guerra. Chi avrebbe mai pensato che l’Occidente europeo dopo decenni di guerre mondiali potesse nuovamente condurci in tali tragiche situazioni? L’Italia e gli italiani sembrano abbandonati al loro destino. Quale?

Si brancola a vista tra notizie sconcertanti, false speranze, povertà, indebolimento di una nazione e di un popolo europeo, italiano, che chiede solo lavoro, diritti, onestà. Quei diritti che non sono eterei, devono essere consolidati e su questo dovrebbe aiutarci la politica indipendentemente dal colore o sfumatura, che miri al benessere dei cittadini. Di fatto l’Italia continua a navigare in balia delle onde: priva di visioni. Di tanto in tanto si odono voci di intellettuali, studiosi, filosofi, di persone che si incontrano come lo scorso sabato 15 marzo a Roma, in piazza del popolo, per sentirsi unite, solidali, ed è meraviglia! Il giornalista Michele Serra è riuscito a convogliare in un’unica piazza 50.000 cittadini provenienti da diverse regioni, ciò che la politica non riesce a fare da tempo, se non spesso a dividere. Sollecitare al dibattito è doveroso, purtroppo è talvolta scarno, fazioso, poco approfondito. (Su un aspetto forse si è certi: fino a ora l’Europa con gli ideali per i quali sarebbe dovuta sorgere non c’è mai stata). Tuttavia risuonano parole, espressioni che fanno breccia, che scuotono gli animi. Così come è accaduto per le considerazioni dello scrittore Antonio Scurati, del filosofo Umberto Galimberti, i quali hanno manifestato toni particolarmente livorosi nei riguardi della pace e dei pacifisti. Ma non solo. Anche Roberto Vecchioni ha dichiarato: «Non si può accettare qualsiasi pace». Sembra si stia delineando quella vecchia opposizione tra «pacifisti» e «interventisti». Smettiamola! Queste modalità sappiamo dove ci condurranno. Chi andrà in guerra? I giovani che conducono ogni giorno le loro battaglie per ottenere un lavoro dignitoso? Gli anziani rinchiusi nelle case di riposo? Le donne? La verità è solo una: avete male educato le generazioni con la ricchezza, il benessere vacuo, il prepotente denaro.

Ebbene, il professore Umberto Galimberti non è la prima volta che mostra modalità contrarie e provocatorie; si è pronunciato spesso sul cristianesimo, sui giovani, sulla scuola. Tra le righe de «il Fatto Quotidiano» traspare una contrarietà verso coloro che non hanno commentato riguardo le sue parole «oppositive» o «belligeranti» pronunciate nel programma «La Torre di Babele» a proposito della pace e dei pacifisti: «Io guardo i pacifisti con sospetto», «la pace intorpidisce», ecc., altrettanto Scurati su «La Repubblica» ha dichiarato che mancano i «guerrieri in Europa», sembra lo abbia ribadito anche in piazza. Galimberti probabilmente ha cercato di svegliare il «pubblico» dal torpore o dal «sonnambulismo» invitando a farsi sentire con il proprio pensiero critico. Ha provocato proprio come Socrate. A tal punto è lecito chiedersi se la formazione, l’educazione in Italia e in Europa verta su questo: a essere liberi e responsabili, a credere nella pace così come è scritto a chiare lettere nella Costituzione italiana. È necessario dimostrarlo. Non con la guerra degli interessi e della spartizione di territori. Ma singolarmente ogni giorno, senza perdere di vista i contenuti della Costituzione e soprattutto le motivazioni per le quali è nata. – Siamo un popolo senza memoria. – Si dovrebbe ripartire dalla scuola, dalla famiglia, e concentrare il focus sulla cultura, sull’istruzione. Non siamo un Paese che crede nel valore della cultura, ed è evidente, c’è ancora chi intende per essa solo monumenti, folklore, mare, turismo. Ci ricordiamo della «cultura» in occasioni speciali, di solito per utilità. Il Paese va educato a una cultura di pace, di equilibrio, libertà, responsabilità, di cittadini con diritti e doveri, di uguaglianze nelle differenze. Non è utile l’odio. Le democrazie non si salvano né sono vantaggiose per nessuno con l’odio né con le guerre. «L’Italia ripudia la guerra». Pur essendo per la pace però non significa non lottare, parafrasando le considerazioni di Scurati, difatti, il popolo italiano lotta ogni giorno in modo silenzioso contro i soprusi, le ingiustizie, le difficoltà.

Non dimentichiamo l’Italia delle bombe e delle stragi: dove ci hanno condotto? Siamo una società progredita e come tale dovremmo essere capaci di utilizzare sempre la parola, quella conciliativa, l’ascolto, non le armi. La mediazione. Dovremmo essere capaci di essere uniti, solidali, per difendere chi minaccia le nostre vite, la dignità, i diritti, il lavoro, il luogo in cui viviamo, una patria, un popolo, senza armi. Con le parole. L’Italia, l’Europa necessitano di saggezza. Di etica. Non di guerrafondai o guerrafondaie, né di affaristi!

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