Certo, non puoi andare alla stazione e aspettarti di vedere arrivare treni carichi di ragazzi (o meno ragazzi) che tornano al Sud. È molto più probabile che tu li veda di qua e di là in giro, sorpreso e convinto come sempre che nulla possa cambiare o stia cambiando.
Perché il «dolorismo» meridionale è capace di accorgersi solo di ciò che non va. Sono i meridionali a una direzione, ai quali si può però rispondere: eppur si muove. E se controesodo è una parola grossa, da qualche tempo l’esodo non si muove in un solo verso. E il «mare a sinistra» partito come un indovinato e visionario slogan, è prima diventato un fumoso programma politico e ora è una realtà in crescita. «Mare a sinistra» che vuol dire scendere da Nord a Sud con l’Adriatico a fianco nel verso opposto a quello di andata. E non solo per matrimoni o funerali, o per Ferragosto o Natale.
Ma per scelte di vita non meno determinate di quelle dell’andata. Si torna.
Fuori dubbio che sia stato il Covid la prima occasione, fosse anche forzata, di rientro. Ma la pandemia ha avuto inaspettati positivi effetti collaterali. Perché quella necessità di stare lontani dai contagi del lavoro in comune, ha dimostrato che questo lavoro si può fare a distanza senza alcun problema.
Anche a pandemia superata, grazie ai computer coi quali puoi stare in un posto qualsiasi al mondo e lavorare con un altro posto qualsiasi.
Un mezzo «nowhere-everywhere», si è detto giustamente, «in nessun luogo e in ogni luogo». Mezzo che cancella la geografia come ostacolo e limite invalicabile. Come avvenuto, visto i tanti che per questo sono tornati al Sud e ci sono rimasti. Anche perché da allora si è diffuso (fra pensamenti e ripensamenti) anche lo «smart working», lavorare da casa per un’azienda o un ufficio più o meno lontano.
Ciò che conta è l’avvio di un cambio di tendenza più che il numero. E il cambio di tendenza è sempre più diffuso. Tornano, tornano dalle terre del Nord. Quasi mai da sconfitti, se non la sconfitta di aver dovuto vivere dove le condizioni di vita sono sempre più proibitive, a cominciare dai fitti.
Torna chi è andato a studiare fuori e ora vuol mettere a disposizione della sua terra ciò che ha imparato. Torna chi è avvinto da quella che i napoletani chiamano «appocundria»: malessere, piccolo dolore, malinconia. Tornano perché, nonostante tutto, il lavoro cresce anche al Sud, in Puglia in particolare. Tornano per avviare proprie attività, spesso di vivido ingegno, laddove si riteneva che l’unica scelta possibile fosse prendere un treno. Tornano perché il Sud è tutt’altro che un deserto industriale. E nemmeno un deserto di possibilità.
Tornano a Bari attirati da quegli investimenti tecnologici il cui ultimo esempio è la Lutech che assume un altro centinaio di giovani, dopo quelli già presi.
E non è che Bari può attirare questi capitali e queste iniziative senza le «risorse umane» (brutto termine politicamente scorretto) che servono. E che ora servano soprattutto ingegneri e informatici la dice lunga sulle scuole e sulle facoltà universitarie più opportune da scegliere. Ma una non indifferente parte dei ritorni approda all’agricoltura, dove ora si opera più con droni e nuovi prodotti che con l’aratro. Tornano a insegnare nelle università. Tornano per innovare e sperimentare. Anche se ci sono le crisi, che ci sono ovunque. Anche se c’è lo spopolamento, che c’è ovunque. Ma tornano perché c’è una nuova idea più consapevole di Sud e delle sue possibilità che non sono solo quelle di comprare un biglietto ferroviario. Provaci, ragazzo, provaci.
E nascono gruppi dalla comune esperienza di storioni. Si mettono insieme, creano comunità, si riconoscono se l’assenza non li ha straniati. Basta andare sui social per ritrovare i loro racconti. Tornano seguendo quelli che il biologo e ricercatore statunitense Stuart Alan Kauffman chiama «adiacenti possibili»: il qualcos’altro a un passo di distanza da quanto è noto. E ora anche la Regione Puglia promette di andare incontro a chi vuole rientrare. Promuovendo sì la «mobilità internazionale»: ti aiuto ad andare a istruirti fuori, ma a condizione che poi tu venga a metterla a disposizione di tutti.
Regione che con le sue politiche attive, da «Bollenti spiriti» in poi, ha consentito di seminare e raccogliere, sia pure a fasi alterne e altrettante alterne convinzioni e intenzioni. Ma che ora rilancia.
È dubbio che si possa ritornare per decreto. Ed è raccomandabile che l’incentivo non diventi assistenza pagata da tutti i cittadini con le loro tasse. Ma un tornante fa bene anche a chi è restato, porta aria diversa e lo stimolo, davanti a un bivio, a prendere la strada meno battuta. Il tornante è il cigno nero.