Molti anni fa un uomo in divisa mi fece depositaria di un aneddoto. Una storia il cui finale aveva - compresi dopo -, lo scopo di sottolineare la sostanza del rispetto, il valore del come, la scelta della sponda da abitare nella vita.
«Avevamo rintracciato un soggetto destinatario di una misura cautelare, lo cercavamo da tempo. Mancavano poche ore alla Pasqua. Si trovava in una abitazione con moglie e figli piccoli, aveva i minuti contati. Gli feci sapere tramite il suo legale di fiducia che saremmo andati a prenderlo, non era il caso di tentare la fuga o aggiungere altri guai a quelli già certificati. Gli avrei dato il tempo di abbracciare i bambini la domenica, se al posto di aprire l’uovo di cioccolato ci avessero visto arrivare in casa, avrebbero conservato memorie più amare di quel giorno. Poi però avremmo proceduto, inutile provare a fare il furbo. Andò: lui assicurato alla giustizia nei tempi e senza caos, i bimbi sereni (troppo piccoli per capire dove fosse andato ad abitare il padre), lo Stato vincitore».
Le ricordo spesso quelle parole. Penso alla stretta di mano tra quel militare e quel pregiudicato, in un tempo infinitamente piccolo in cui svestiti i ruoli, furono solo due padri, due uomini che riconobbero l’uno la sponda abitata dall’altro. Rispettandola. E penso all’assunzione del rischio sul confine sdrucciolevole del come e del fato.
Le ricordo in genere quando il mio «come» rischia di deragliare, ci penso soprattutto ogni volta che uomini in divisa assicurano alla giustizia criminali. Non «delinquentelli» alla bisogna, ma criminali con pedigree.
L’operazione con cui i carabinieri del comando provinciale di Lecce hanno arrestato 87 persone racconta di un crimine che si rigenera come l’araba fenice, della vasta offerta di droghe direttamente proporzionale alla crescita e trasversalità della domanda ormai fuori controllo, del potere d’attrazione e reclutamento di nuove leve che cercano impiego e guadagno che è più difficile - ahinoi! - reperire in contesti sani, dell’abilità di aprire e chiudere conti e attività come lavatrici, di una Sacra Corona Unita che talvolta sfugge alle cronache nazionali - sig! - eppure è forte, radicata, diffusa, osmotica, metastatica e, nonostante i tentativi talvolta riusciti di vestire grisaglie e titoli accademici, terribilmente grezza e volgare quando si tratti di rispolverare i vecchi metodi intimidatori e/o punitivi.
Ma poi? Dall’eterna battaglia tra il bene e il male cos’altro emerge? Oltre le righe di copiose ordinanze? Che vita è e quanto vale, essere braccati da ogni angolazione? Perché in quell’anti-Stato di boss, sodali, affiliati, manovali al di là dei privilegi della gerarchia, tutti allo stesso modo braccati sono. Dallo Stato, dai soldati infedeli delle proprie fila che decidono di fare i condottieri sparigliando le carte, dagli avversari con cui non si riesce a fare cartello, da chi passa dall’altra parte (salvacondotto o rigurgito è questione da dibattere a parte, ndr) e rimpingua le coorti del pentitismo o giù di lì (quattro i collaboratori eccellenti emersi dalle carte dell’operazione di cui sopra). È mera questione di gioielli, auto di lusso, ricchezze che non se la scelta della fine, per i più, è tra gabbio e camposanto?
E allora è il potere, più della ricchezza, a ingrossargli le vene. A costo anche della libertà fisica (giacché i capi «comandano» anche da dietro le sbarre).
Un potere che si scontra con un altro potere, quello dei «piccoli». Di chi partecipa alla stagione venatoria aperta h24 contro la mala, per uno stipendio modesto e una medaglia al petto di chi resta, se si cade in battaglia. Ma liberi. È tutta lì, o almeno in gran parte, l’anatomia del Come.