Domenica 07 Settembre 2025 | 01:23

I modelli datati di Fitto e il grande rischio che corre il nostro Sud

 
Claudio Stefanazzi

Reporter:

Claudio Stefanazzi

I modelli datati di Fitto e il grande rischio che corre il nostro Sud

Il Ministro Fitto si ispira a modelli molto datati che, peraltro, hanno già dimostrato nei fatti la loro inefficacia se l’obiettivo è la crescita strutturale dei territori meridionali

Giovedì 30 Novembre 2023, 13:36

Di “nuovo” c’è ben poco in quello che questo Governo sta portando avanti sul Sud. La realtà ci dice esattamente il contrario: il Ministro Fitto si ispira a modelli molto datati che, peraltro, hanno già dimostrato nei fatti la loro inefficacia se l’obiettivo è la crescita strutturale dei territori meridionali.

Emerge il tentativo di “riesumare” le logiche della Cassa del Mezzogiorno e dell’IRI. In questi primi 12 mesi di legislatura il Governo ha dimostrato con chiarezza la volontà di smontare a colpi di decreti-legge grossa parte di quel sistema che affidava alle Regioni, e più generalmente agli enti territoriali, il compito di indirizzare e programmare la spesa. Quel modello, che pure ha dato i suoi frutti negli ultimi anni, sta per essere soppiantato in favore di un netto ritorno al neo-centralismo. Il ministro Fitto dice che le Regioni non sanno spendere i fondi nazionali ed europei e questo non può che giustificare un deciso cambio di passo ma proprio qui c’è il “peccato originale” di tutto il suo ragionamento. Il Ministro è stato piuttosto abile in questi mesi a nascondere una parte della verità, ossia che sono le Amministrazioni centrali, i Ministeri, gli enti che fanno più fatica a spendere quelle risorse. Questi dati – perché di dati certi si tratta – sono stati regolarmente messi da parte per favorire la sua personale crociata contro il regionalismo e i livelli di governo di prossimità. Se a ciò si aggiunge che le sue riforme non tengono minimamente conto dello stato di salute dell’economia meridionale, non si può che concludere tutto il nuovo impianto di governance si regge solo e soltanto su una pretesa ideologica, se non addirittura sulla folle idea di concentrare sotto il suo controllo tutte le risorse (e i poteri) destinate al Sud.

A chi obietta che l’accentramento potrebbe garantire più coordinamento nella spesa dei fondi, visto che spesso lamentiamo iniziative a macchia di leopardo, rispondo che l’unica garanzia che dà l’accentramento è che da oggi in avanti la programmazione degli interventi e la destinazione delle relative risorse non avrà più alcuna aderenza con le specificità di un territorio e le sue propensioni economiche, sociali e culturali. Il ruolo delle Regioni, che serviva proprio ad assicurare la valorizzazione di un legame forte tra investimenti e caratteristiche, ne esce fortemente ridimensionato. Le prerogative dei territori sono state ridotte all’osso, insomma, mentre tutto il sistema sanzionatorio sembra essere stato costruito con un esplicito intento punitivo.

Semplificando al massimo possiamo dire che le nuove regole di monitoraggio della spesa e del conseguimento degli obiettivi da parte delle Regioni presentano profili di grande rischio. Da un lato perché tolgono di fatto ogni margine di discrezionalità alle Regioni, visto lo spauracchio di vedersi definanziato un singolo investimento fino all’intero Accordo di Coesione. Dall’altro perché proprio le logiche che regolano il definanziamento, non tenendo conto di chi effettivamente sarà titolare di realizzare gli interventi in ritardo, né degli obblighi giuridici tra questi e la Regione, aprono scenari disastrosi in termini di ricorsi amministrativi.

Non sono d’accordo con chi dice che le Regioni hanno tutto da guadagnare da questa riforma, credo l’opposto. Credo che l’intenzione di questo Governo sia mettere fine all’era del protagonismo delle Regioni. Con una gigantesca discriminazione, però: che mentre al Nord si stanno promettendo più autonomia nella gestione di risorse e funzioni, al Sud si propone un vero e proprio commissariamento da parte dello Stato. Perciò proprio non vedo come le Regioni meridionali possano accogliere con favore questo “cambio di passo. Il Ministro Fitto ha perso l'occasione di passare alla storia. Se avesse avviato una attività di ricognizione vera di quanto, in termini di sviluppo e risultati raggiunti, gli enti territoriali hanno realizzato, avrebbe potuto chiamare gli stessi enti locali ad una responsabilità collettiva rispetto al destino del Sud. Ponendo sul tavolo successi ed insuccessi di questi ultimi 30 anni di programmazione e spesa. Offrendo aiuto concreto agli enti locali che si sono dimostrati più deboli, ed esaltando, anche attraverso il coordinamento di tutti gli strumenti programmatori nazionali e locali, le specificità di ogni singolo territorio. Invece si è arrogato il diritto di prescindere da tutto questo e di diventare lui il soggetto programmatore.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)