«Senza voli, turismo pugliese ko», l’allarme lanciato dalla Gazzetta del Mezzogiorno non può restare inascoltato e va raccolto dall’intero sistema Puglia, Istituzioni, forze sociali, imprese, Università, informazione, associazionismo. «La raggiungibilità è fondamentale», ha messo in risalto la professoressa Mottironi dell’Università Bocconi. I voli riducono sensibilmente, quasi annullano, la distanza geografica di una Puglia che negli ultimi anni ha sfondato sul mercato turistico nazionale e soprattutto su quello internazionale. Da qualsiasi parte del mondo e d’Italia, si sbarca a Bari e a Brindisi, anche in pantaloncini, maglietta e trolley, si noleggia un’auto e si va, da nord a Sud, da Lesina a Santa Maria di Leuca, dall’Adriatico alle gravine, al Barocco, alle marine dello Ionio. Da splendida realtà, volare è diventato un grattacapo, soprattutto da e per Brindisi-Casale. Nell’editoriale di venerdì. Mimmo Mazza è stato impietoso nel denunciare una «realtà amarissima»: i collegamenti con Milano Linate, già complicati dalla primavera scorsa per l’abbandono di Wizz Air, ora sono quasi impossibili - e decisamente molto cari, in ogni caso - per i tagli decisi anche su Fiumicino da Ita, l’ex Alitalia.
Tagliando i voli a Brindisi, il Salento finisce fuorigioco e Bari non può reggere, in alternativa, il ruolo di hub per tutta la regione. Non dimentichiamo che proprio lo scalo aeroportuale nel quartiere Casale, nel ponente brindisino, è stato la prima leva per il lancio turistico, prepotente, della Puglia meridionale come meta d’eccellenza per vacanzieri e visitatori italiani e stranieri. Ha dimostrato come rendere l'intera Puglia attrattiva. Cadono poi tutte le motivazioni ragionieristiche dietro le «cesoie», se si considera che nel 2022 è stato lo scalo che ha fatto registrare il maggiore incremento di passeggeri in Italia.
È chiaro che la rarefazione dei collegamenti aerei diventa una vera iattura, nel momento in cui il turismo è in grande crescita da noi, dopo anni di sacrifici e di impegni degli operatori del settore e grazie anche all’ammodernamento e all'efficienza della rete degli aeroporti, fortemente voluta dalla regione. Lo stesso Ente non ha lesinato sforzi e risorse per collegare il nord, il Gargano e il Salento, la parte settentrionale e quella meridionale del territorio pugliese. La Puglia è un must internazionale, una meta di sogno per tutti e cosa succede, invece di sostenere questo successo, il sistema aeroportuale perde i pezzi, si fa meno competitivo. Povera questa terra condannata a non crescere mai, a fare come i gamberi, con l’intero Mezzogiorno: ieri un passo avanti, oggi indietro tutta.
Le ferrovie sono rimaste grosso modo quelle di cento anni fa, in Puglia. Del collegamento in Alta Capacità sulla dorsale appenninica della tratta Bari-Napoli si sono quasi perse le tracce e bisognerà aspettare certamente il 2030 e oltre, se tutto va bene. La viabilità è ferma ai tracciati di mezzo secolo fa, con l'assurdo dell'autostrada per Taranto che pianta baracca e burattini a quasi 30 km dalla Città dei due mari.
Un cahier de doleance infinito, che si allarga alle difficoltà - oggettive, incolpevoli - del sistema amministrativo pugliese davanti alle pur indispensabili risorse del Pnrr. Dopo anni di tagli ai bilanci e di blocco delle assunzioni per ragioni di spesa pubblica, i Comuni non hanno in organico personale tecnico o giovani da impegnare in quei progetti essenziali.
Cosa si vuole che facciano i meridionali, in questo contesto da periferia dell’impero? Devono serrare porte e finestre di casa con le tavole di legno e cercare altrove una condizione di normale vita civile? L'Istat certifica ogni anno lo spopolamento di un Sud che sta perdendo soprattutto le giovani generazioni. Ragazze e ragazzi, con le lauree in tasca, le specializzazioni, i Master, vanno altrove a cercare (e trovare) lavoro, ma ci vengono a mancare e sono quelli che con la loro formazione culturale e professionale sarebbero indispensabili invece per uno scatto in avanti del Mezzogiorno.
Se le ferrovie non ci sono, se in strada si sta in coda invece di circolare, se i porti più di quello che fanno non possono fare, sottrarci anche i voli significa dare un colpo di grazia ai trasporti regionali e a tutta l'importante economia prodotta e servita da quei collegamenti. Se poi consideriamo che la tanto chiacchierata Zona economica speciale (Zes) è tutta da di là da venire, siamo al tramonto del Meridione e dei meridionali. Potrà mai la Zes giocare un’attrattiva efficace in favore del Mezzogiorno se continuano a tagliare le linee aeree? È una follia! A Nord, opere molto complesse si fanno senza indugi e si completano in fretta. Concorrono la capacità economica, l'interesse del Paese, lo sforzo dei Governi, della politica, del sistema produttivo, dell'alta finanza per far sì che ponti, trafori, gallerie, viadotti e megareti di ogni genere vengano realizzati. Nel Sud, questa spinta, questo sostegno, quest’attenzione, non si vedono. C'è la depressione, anzi, si sconsigliano iniziative in un Meridione «arretrato”» non per colpa sua, più di ieri e meno di domani. È vero, interessano le soluzioni, più dei colpevoli e non si dovrebbe sempre «buttarla in politica», ma i responsabili del rilancio mancato del Mezzogiorno erano e sono in politica. Vivono nel Nord e raccolgono voti nei collegi elettorali settentrionali, ma anche e sempre più spesso nei collegi del Sud. È ora che la politica meridionale batta un colpo, superando gli steccati dell'appartenenza partitica e/o ideologica, «faccia muro comune», come chiede il nostro quotidiano. Sull’esempio del Nord, sia l’intera società civile a mobilitarsi, Istituzioni, partiti, Sindacati, mondo imprenditoriale, movimenti, volontariato, università e cultura, stampa, per determinare insieme alla politica le condizioni per un cambiamento vero.
Se abbiamo dormito finora, è arrivato il momento di reagire, per ribaltare questa storica discriminazione: un Sud che sappia quali sono i suoi diritti negati, vada a battere il pugno sui tavoli che contano. C’è da lottare, io ci sto.