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È questione di conti ma anche di «reputazione», l’Italia ratifichi il Mes

 
Leonardo Sforza

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Leonardo Sforza

È questione di conti ma anche di «reputazione», l’Italia ratifichi il Mes

Il Governo ed i leaders dei partiti della coalizione che lo sostiene si ostinano ufficialmente a ritenere superata, se non inutile o addirittura dannosa, la ratifica della revisione del Trattato intergovernativo sul Meccanismo europeo di stabilità (Mes)

Sabato 24 Giugno 2023, 13:24

Il Governo ed i leaders dei partiti della coalizione che lo sostiene si ostinano ufficialmente a ritenere superata, se non inutile o addirittura dannosa, la ratifica della revisione del Trattato intergovernativo sul Meccanismo europeo di stabilità (Mes). Anche nell’opposizione c’è chi sembra poco convinto.

Eppure, se si analizzano i fatti e si guarda all’interesse generale del nostro Paese, piuttosto che a interessi di partito e slogan elettorali ormai fuori luogo, il ritardo nell’adozione degli strumenti di ratifica è difficile da giustificare sia sul piano tecnico che politico. Da un lato si evita di modificare in meglio quel fondo «salva Stati» permanente creato nel 2012 dagli stessi Stati membri della zona euro per far fronte, insieme ad altri strumenti, alla crisi dei debiti sovrani ed alla sua propagazione. Il Mes riformato infatti, oltre a rendere più trasparenti le modalità condizionali di apertura di credito ai Paesi che ne facessero richiesta e a semplificare le modalità di eventuale ristrutturazione del debito, crea i presupposti giuridici e finanziari (con uno strumento finanziato dalle stesse banche) per una migliore protezione in caso di crisi bancaria sistemica degli istituti interessati e dei propri risparmiatori.

Dall’altro, continuando ad ignorare gli autorevoli appelli alla ratifica che provengono da mesi da più parti si continuano a dare segnali contraddittori di scarso interesse ed affidabilità del governo in carica per la costruzione di una migliore coesione europea. Proprio quando ne siamo fra i principali beneficiari ed alla vigilia di almeno due altri complessi negoziati che ci interessano da vicino quali sono quelli sulla riforma del Patto di crescita e stabilità, e sulla revisione delle prospettive finanziarie del bilancio UE all’orizzonte 2027, che comprendono la proposta di incremento delle risorse in favore della questione migratoria. Senza dimenticare la possibilità, per ora remota ma non impossibile, per la creazione di un nuovo «fondo sovrano europeo» che potrebbe finanziare quegli investimenti strategici necessari a rafforzare la competitività dell’industria europea.

L’analisi fattuale e rigorosa della Banca d’Italia, e da ultimo del Ministero dell’Economia e Finanza al prezzo di nuove fibrillazioni nella maggioranza, dimostrano chiaramente i potenziali vantaggi della riforma, anche reputazionali, per l’Italia. In effetti, si smentiscono i falsi miti sulla maggiore vulnerabilità del nostro debito che sarebbe indotta dalla semplice adozione del Mes, e al contrario si sottolinea come la collocazione dei nostri Titoli di Stato sul mercato ed i costi di finanziamento del debito pubblico, potrebbero uscirne migliorati.

Inoltre, è sempre più evidente che le eventuali ulteriori modifiche del Mes potranno intervenire solo dopo la ratifica da parte dell’Italia, che peraltro aveva già negoziato nel 2020 il testo attuale con il secondo governo Conte, successivamente firmato dal governo Draghi. Appare analogamente pretestuosa e tatticamente controproducente l’aspirazione del governo di collegare la ratifica del Mes alla concessione di maggior flessibilità nell’importante negoziato appena avviato sulla riforma del Patto di crescita e stabilità.

Malgrado le criticità delle modalità di attuazione del Mes nel passato, soprattutto rispetto alle dure condizioni capestro poste e concordate con la Grecia, con un capitale sottoscritto di circa 705 miliardi (per 80,5 miliardi versati di cui 14 dall’Italia) ed una capacità di prestito di 500 miliardi, il fondo è intervento con successo insieme alla Banca centrale europea ed alla Commissiione evitando ben più nefaste conseguenze per tutti i Paesi della zona euro, a cominciare dall’Italia. Senza dimenticare chi, oltre alla Grecia, ne ha direttamente beneficiato come Spagna, Portogallo, Irlanda e Cipro.

Anche se i tempi parlamentari non sembrano favorevoli, c’è da augurarsi che il genio politico italico con un rinnovato senso dello Stato si materializzi senza tardare nel trovare una via d’uscita al vicolo cieco nel quale il governo sembra essersi infilato e permettere quella riforma del Mes che senza l’adesione formale dell’Italia in tempi brevi non potrà entrare in vigore nel 2024. Arrivare al prossimo Summit UE dei capi di Stato o di Governo di fine giugno a Bruxelles con una soluzione di avvio rassicurante per la ratifica permetterebbe di migliorare sia la reputazione che la forza diplomatica dell’Italia, anche rispetto ad altri importanti temi oggetto di negoziazione proprio quando ne abbiamo più bisogno.

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