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Pnrr e grandi opere, serve l’autorevolezza di uno stato «forte»

 
Piero Liuzzi

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Piero Liuzzi

Pnrr e grandi opere, serve l’autorevolezza di uno stato «forte»

Coincidenza «miracolosa» nel 2001: liquidazione IRI e la riforma del Titolo V Bilancio non certo positivo

Lunedì 12 Giugno 2023, 13:38

Il 4 ottobre 1964 fu terminata l’Autostrada del Sole. I lavori erano cominciati il 27 maggio 1956 su un percorso estremamente arduo: 755 chilometri con un abnorme numero di ponti, viadotti, cavalcavia, gallerie, raccordi e opere accessorie. Appena otto anni. Un miracolo? E qui viene in mente una battuta di Guido Carli, nel settembre 1975, in occasione di una cerimonia in ricordo di Raffaele Mattioli: nel miracolo italiano … «non c’è nulla di miracoloso».

In buona sostanza, uno Stato «forte» non aveva bisogno di disseminare ostacoli sul suo percorso e non si può certo dire che l’Italia non fosse un paese democratico.

Intanto abbiamo costruito una rete amministrativa tale da imprigionare noi stessi in un labirinto burocratico dal quale non sappiamo come uscire.

Miracolosa appare una coincidenza tra 2001 e 2002: la liquidazione finale dell’IRI e la riforma del Titolo V della Costituzione. Non si può dire che quella riforma abbia dato frutti copiosi, soprattutto nel Mezzogiorno. Quanto alla liquidazione dell’IRI, intere biblioteche, come per la Cassa del Mezzogiorno, ne narrano fasti e nefasti. In fondo sarebbe bastato discernere i primi dai secondi. Una banale questione di volontà politica e un pizzico di analisi su come lo spirito del tempo spirasse alle nostre latitudini. Giganti nel fabbricare occhiali e auto sportive, quando si tratta di telefonia, autostrade o siderurgia e comunque Grandi Opere ci accorgiamo che ci mancano un Francesco Giordani (uno dei padri dell’Euratom) o un Oscar Sinigaglia (riorganizzatore dell’acciaio italiano).

Ma allora, l’Autostrada del Sole come abbiamo fatto a costruirla? C’erano i Comuni e le Province. Le Regioni erano ancora soltanto sulla Carta Costituzionale e i TAR sarebbero arrivati nel 1971. Chi ha memoria ricorda sindaci, presidenti di Provincia e parlamentari locali impegnatissimi a tirare da una parte e dall’altra il tragitto; processioni a Roma, pressioni su ministri e sottosegretari, eppure l’Autostrada filò dritta. Il percorso lo fece la complessa orografia italiana e non le pressioni politiche.

Ancora una volta prevalse l’autorevolezza dello Stato. In una battuta, meno governance e più governo.

Non potendo vivere di soli occhiali e auto sportive una soluzione si dovrà pure trovare. Intanto si potrebbe provare a guardare cosa fanno gli altri. Gli Usa sono certamente il Paese-tempio dell’iniziativa privata ma, a ben vedere, lo «Stato Profondo» mette becco (e soldi) su quasi tutto con la pretesa della sicurezza nazionale. Sono strategici anche i popcorn. In Germania i Lander partecipano qui e là facendo velo allo Stato. Quanto alla Francia non ne parliamo neppure. Ci vorrebbe uno screening tra pubblico e privato per appurare se gli Enrico Mattei, i Felice Ippolito, i Beneduce, i Mattioli, i Menichella avessero dei pronipoti. Non per campanilismo ma faccio notare che, con l’eccezione di Mattei e Mattioli, marchigiano il primo e abruzzese il secondo, tutti gli altri sono fior di terroni.

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