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Ormai la storia del mondo si scrive sempre più attraverso la giustizia

 
Gino Dato

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Gino Dato

Ormai la storia del mondo si scrive sempre più attraverso la giustizia

La Corte penale internazionale dell’Aja ha in questi giorni spiccato un mandato d’arresto per il crimine di guerra di «deportazione illegale di popolazione (bambini) e di trasferimento illegale di popolazione (bambini) dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia»

Lunedì 20 Marzo 2023, 13:38

La Corte penale internazionale dell’Aja ha in questi giorni spiccato un mandato d’arresto per il crimine di guerra di «deportazione illegale di popolazione (bambini) e di trasferimento illegale di popolazione (bambini) dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia» nei confronti di Vladimir Putin e di Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini presso il Cremlino.

Con una reazione irrituale Dmitry Medvedev ha commentato l’irrilevanza legale dell’atto per il suo paese rappresentando l’uso e la destinazione dello stesso con l’immagine di un rotolo di carta igienica.

Dimentica il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo che a riconoscere la legittimità della Corte sono oggi al mondo ben 123 paesi, aderenti al trattato di Roma, in vigore dal 1 luglio 2002. «Putin deve soltanto fare un passo fuori della Russia e si troverà a utilizzare la carta igienica della prigione dell’Aja» ha ribattuto la ex procuratrice della Corte, Carla dal Ponte. La deportazione dei bambini è un crimine di guerra assai grave, mai contestato, anche nei tre rilevanti precedenti, che hanno visto L’Aja accusare Slobodan Milosevic, l’ex leader serbo, Omar-al-Bashir, l’ex presidente del Sudan, Muammar Gheddafi, l’ex leader libico.

Sin dagli albori del conflitto russo-ucraino, alla luce degli episodi e delle testimonianze documentali, il sospetto di crimini di guerra, quale la mobilità coatta di migliaia di bambini ucraini, è affiorato più volte. La decisione dei giudici, sulla base di prove, ci aiuta a capire la dinamica specifica, ma soprattutto conferma una tendenza sullo scacchiere geopolitico: ormai la storia del mondo si scrive sempre più con i processi e le indagini, cioè attraverso l’amministrazione della giustizia.

I contemporanei, spinti dagli aneliti della verità, non hanno più il tempo e la serenità della ricostruzione storica per distendere un occhio lungo e disincantato su quanto accade loro: contese, contrasti, soprusi e crimini unilaterali intervengono imponendo la lente d’ingrandimento del procedimento giudiziario sulle responsabilità, con la conseguente somministrazione di leggi e sentenze.

Le ragioni di questo intreccio insolubile di storia e giustizia sono molteplici. Si può partire da quelle più oggettive: la creazione e il presidio di Corti e Statuti internazionali a difesa dei deboli e delle vittime di violenze; la sempre più frequente e inestricabile radicalizzazione degli eventi e del giudizio sugli stessi; l’inaccessibilità di documenti che rimangono segreti per molti decenni, prima che escano dagli archivi di Stato e facciano luce.

Ma poi ci sono ragioni più soggettive: i pregiudizi, le ideologie e le divisioni hanno da sempre fatto ombra alle scelte degli uomini, soprattutto quando, come accade sempre più spesso, attingono a comportamenti criminali e si ammantano dell’etichetta delle scelte democratiche.

La robustezza e l’ortodossia di una storiografia sono state spesso incrinate dalla partitocrazia o dalle ideologie, o dalle pagine che, copiose, vengono scritte sempre dai più forti e dai vincitori. Nelle vicende italiane della prima metà del Novecento, grandi fenomeni come la mafia, la corruzione, l’intera stagione dello stragismo, gli anni di piombo del terrorismo sono stati avvolti e serviti in una nube di misteri e di segreti che hanno visto dischiudersi l’operosità, il dinamismo soprattutto dei Tribunali, a colmare le incerte ricostruzioni.

Ora il bisticcio di una giustizia che surroga la funzione degli storici, invece di una storia che ricostruisce e decanta, si ripropone in questi mesi anche di fronte a fenomeni sconvolgenti come la pandemia, l’ondata di migrazioni, che reclamano interventi riparatori attraverso inchieste della magistratura.

Avvenimenti epocali che – sia ben chiaro – pur essendo doverosa la risposta all’anelito di trasparenza, attendono una indagine piena sulle cause e le radici perché la storia possa diventare davvero «magistra vitae» e non un cassetto di ricordi e di memorie cui attingere a piacimento.

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