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Emiliano e Decaro, due personaggi (ora) in cerca d’autore

 
Bepi Martellotta

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Bepi Martellotta

Emiliano e Decaro, due personaggi (ora) in cerca d’autore

Sono tanti, in queste ore, a chiedersi cosa accadrà davvero nel centrosinistra pugliese, ormai dal 2005 - erano i tempi della «primavera» politica di Vendola e Emiliano - alla guida della Regione e della maggior parte delle amministrazioni locali

Mercoledì 01 Marzo 2023, 13:32

E ora che succede? Che succede in Puglia, dove Bonaccini ha preso più voti di Elly Schlein ma non ce l’ha fatta a diventare leader del Pd? Insomma, che fine fanno i suoi principali sostenitori, Emiliano e Decaro, usciti sconfitti - seppur con onore, a giudicare dai voti presi dal governatore dell’Emilia - dai gazebo di domenica scorsa?

Sono tanti, in queste ore, a chiedersi cosa accadrà davvero nel centrosinistra pugliese, ormai dal 2005 - erano i tempi della «primavera» politica di Vendola e Emiliano - alla guida della Regione e della maggior parte delle amministrazioni locali. Sono tanti anche perché ci ha pensato il consiglio regionale a «risvegliare» il dibattito pubblico sul futuro dei due campioni delle urne pugliesi, quando ha provato ad infilare la leggina (chiamata «anti-Decaro») con cui prolungare la vita dell’assise regionale anche in caso di dimissioni del presidente. Una mossa, questa, nata per mettere in cassaforte il vitalizio ai consiglieri uscenti, ma soprattutto, utile a lasciare in mezzo al guado il sindaco di Bari, costretto a «cuocere» un anno - dalla scadenza del suo mandato nel 2024 a quella del governatore Emiliano nel 2025 - per succedergli sul «trono».

La mossa, in realtà, è stata pochi giorni fa bocciata sonoramente dal Consiglio dei Ministri, che ha impugnato la leggina pugliese giudicandola a rischio di incostituzionalità. Ma non era un mistero, almeno fino a domenica, che Emiliano veniva dato in corsa alle Europee del prossimo anno (in caso di elezione a Strasburgo, dovrebbe optare e mollare in anticipo la Regione) e, dunque, che Decaro fosse pronto a saltare su quella sedia una volta finito il mandato al comune di Bari. Domenica, però, qualcosa è cambiato.

Già, da domenica il Pd è cambiato. Tutti convinti che il «buongovernismo» di Bonaccini, gli apparati di partito, le milizie «cammellate» avrebbero consegnato la bandiera Dem a lui. E invece, in barba ai pronostici «ufficiali» (ma a conferma di quelli ufficiosi, che giravano già da qualche giorno) ha vinto lei, Elly, l’ex «sardina» capace di scalare il partito e sgomberare il campo dal vecchio gotha per far posto al «nuovismo».

Come finirà davvero questa partita è tutto da vedere: i fagocitatori di poltrone sono sempre dietro l’angolo e la «ricostituzione» del Pd annunciata è tutta da disegnare. Ma scenari nazionali a parte, è quello che lasciano in Puglia queste primarie a dover far riflettere. La «staffetta» tra Emiliano e Decaro andrà in porto? Ovvero, Emiliano sarà ancora candidabile alle Europee il prossimo anno o la Schlein, uscita dal «cilindro» che ha sconquassato il campo Dem, porterà con sé dallo stesso cilindro magico altri nomi di peso da candidare all’Europarlamento nelle regioni meridionali? E, dunque, Decaro che farà? Resterà alla «finestra» per un anno - come speravano di ottenere in Consiglio regionale con la leggina impugnata - o si arrenderà al nuovo corso «schleiniano» dopo aver perso la scommessa su Bonaccini?

A dirla tutta, chi ci rimette di più tra i due è proprio il sindaco di Bari. Il governatore pugliese - a 63 anni compiuti - ha più volte lasciato intendere di guardare ad una prospettiva diversa dall’altalena politica: o si va dritti verso un terzo mandato alla Regione, per realizzare il quale occorrerebbe una non semplicissima modifica della normativa nazionale, oppure è tempo di «lasciare in bellezza», come si suol dire, a conclusione del decennio da governatore. Insomma, il «paracadute» europeo è sullo sfondo, non sul proscenio. E se non dovesse realizzarsi da qui al prossimo anno, non c’è da accapigliarsi. Soprattutto in una fase nella quale una caduta del governo di centrodestra sembra assai remota, il Pd deve rimettersi in piedi e, dunque, diventa improbabile anche un incarico di peso a Roma.

Prospettiva diversa per Decaro. Classe 1970, carriera politica di lungo corso che ha trovato ascesa proprio negli ultimi anni (è in testa ai sondaggi sui sindaci preferiti in Italia), a conclusione del secondo mandato da sindaco e da presidente dell’Anci avrebbe potuto «traghettare» con sé quel movimento dei territori con fascia tricolore che per il Pd è linfa vitale. E, magari, chiudere «in bellezza» più in là la sua carriera ancora in ascesa proprio dallo scranno di lungomare Nazario Sauro. E invece, ecco che ti arriva la tegola: dopo aver resistito alle «sirene» di Renzi (è nota la sua amicizia col leader di Italia Viva, tanto odiato da Emiliano), dopo aver tenuto insieme i difficili equilibri del partito anche in Puglia, dopo aver stabilizzato le mille anime dei Municipi a trazione dem soffocati dal gotha del partito, dando voce a quei territori che proprio in Bonaccini vedevano una speranza di protagonismo, piomba la novità Schlein a rompere gli schemi. Ok, a Bari, nella sua città, Bonaccini ha fatto il pieno ai gazebo. Ok, in Puglia il governatore emiliano ha fatto incetta di consensi. Ma il Pd è andato da un’altra parte e ha scelto un’altra leader. Ora, come rimettersi in gioco ripartendo da zero?

Troppe, per i campioni del centrosinistra pugliese, le incognite che aleggiano sui turni elettorali del 2024. E non facili da risolvere senza un’intesa che, al momento, non si intravede né a Roma (c’è un inquilino nuovo nella stanza dei bottoni Pd) né a Bari. Dove, dicono le malelingue, quella «staffetta» non sembra più così scontata.

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