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Pnrr, la centralità del ministro pugliese Fitto nella nuova cabina di regia

 
Michele De Feudis

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Michele De Feudis

Pnrr,  la centralità del ministro pugliese Fitto nella nuova cabina di regia

Avrà la primazia, al fianco della Meloni, su tutti i maggiori dossier economici italiani

Mercoledì 15 Febbraio 2023, 14:17

La partita più complessa della nuova destra di governo si gioca sui fondi europei del Pnrr. È la madre di tutte le battaglie per Giorgia Meloni che, dopo aver fatto il pieno di consensi identitari, dovrà dare prova di equilibrio e pragmatismo nella complessa gestione delle risorse e delle relazioni con Bruxelles. Si inquadra in questa direzione la creazione della cabina di regia («Struttura di missione») a Palazzo Chigi, che sarà guidata da Raffaele Fitto, grazie al nuovo decreto sul Pnrr discusso in Consiglio dei ministri.

Il ministro pugliese, inizialmente «solo» incaricato degli Affari europei (poi catalizzatore del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), adesso avrà la primazia, al fianco della Meloni, su tutti i maggiori dossier economici italiani, stante il rapporto tra i numeri dei fondi comunitari del Piano e le risorse risicate del bilancio corrente (a partire da quelle dell’ultima Finanziaria, in gran parte impiegate per il caro bollette). Solo un altro pugliese, Giuseppe Tatarella, vicepremier del governo Berlusconi uno nel 1994, ha avuto tanti poteri e tanta centralità nelle scelte cruciali di un esecutivo centrodestra.

Per affrontare questa missione, nella sede del governo, il politico di Maglie avrà a disposizione una struttura complessa che gli risponderà direttamente: un coordinatore, quattro direzioni generali, cinquanta funzionari oltre quelli già nella presidenza del Consiglio. Sul piano pratico ci sarà una piccola rivoluzione, con possibile stabilizzazione dei tecnici impegnati nel Piano, più assunzioni e premi produzione per le professionalità che seguono i progetti negli enti locali. Scompare però il tavolo per il partenariato economico, sostituito da un (eventuale) confronto tecnico con il presidente della conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, da Michele de Pascale dell’Upi e da Antonio Decaro dell’Anci (e Roberto Gualtieri, sindaco di Roma), mentre i tempi delle procedure saranno dimezzati.

Una task-force sul Pnrr? Non solo. Nei fatti è la super-war room del governo di destra per vincere la partita dell’affidabilità (e della concretezza) nei confronti del sovrastato europeo, che conserva ancora qualche residuo di ritrosie ideologiche nei confronti delle azioni di conservatori italiani.

La centralità del ruolo di Fitto è poi confermata dall’Ispettorato generale che rendiconterà sul Pnrr e risponderà direttamente alla sua struttura: la centralizzazione non è uno sgarbo al ministro Giancarlo Giorgetti (finora sempre in piena sintonia con la Meloni), ma indica come sull’efficienza e sull’efficacia della spesa dei fondi Ue si giochi la partita del rilancio economico del Paese, sfruttando sì i buoni uffici su cui si è costruita la precedente dialettica (nella stagione di Mario Draghi) ma anche rilanciando una postura differente rispetto ai diktat di Bruxelles.

Non a caso, nell’ultima riunione, la Meloni ha redarguito in maniera brusca il presidente del Consiglio europeo Michel che le chiedeva di sveltire i lavori: «Caro Charles, la tecnica della fretta nella direzione dei lavori la conosco molto bene, l’ho usata anche io nel corso delle riunione notturne sulla legge Finanziaria italiana, ma per me ci sono alcuni punti irrinunciabili, se vuoi puoi anche andare a dormire...».

La destra che ha vinto a settembre scorso le politiche, e lunedì ha sbancato alle regionali del Lazio e della Lombardia, entra nella fase due. Va oltre l’identitarismo. Una volta si usava la formula «dalla protesta alla proposta». Adesso la dizione più aggiornata fotografa una passaggio dall’euroscetticismo dei conservatori nell’Ue al tentativo di un disegnare un nuovo europeismo, meno burocratico e più attento alle specificità, ai bisogni e ai diritti dei popoli. Quello italiano in primis.

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