«Un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, etc». Al già lungo elenco scolpito sul frontone del Palazzo della Civiltà Italiana si sarebbe dovuto aggiungere: un popolo di maître à penser. Al capezzale del Pd è in corso un consulto affollatissimo con abbondanza di diagnosi, prognosi e variegate terapie, talvolta contrastanti. Ancora troppo di sinistra! Al contrario! Troppo liberale! Tornare nelle periferie! Tutt’altro! Rinserrarsi nelle ZTL! Al paziente, già provato dall’esito elettorale, è inflitto un sovrappiù di sofferenza per ispezioni, percussioni, palpazioni e auscultazioni. Non mancano compilatori di anamnesi che risalgono a tempi remotissimi, anche a tre o quattro nomi fa.
Per i convalescenti Lega e Forza Italia accorrono luminari impegnati soprattutto a suggerire terapie riabilitative. Unire le residue forze! Giammai! E chi comanderebbe? Il Cavaliere in un momento di obnubilazione designò Salvini ma si ricredette all’istante. Pur malfermo, Berlusconi è saldissimamente convinto dell’après moi, le déluge. D’altra parte, è probabile che in cuor suo, dopo avere beneficato generazioni di soggetti, chi più chi meno - buoni a credere che Ruby fosse la nipote di Mubarak - pregusti la Zattera della Medusa sulla quale i sopravvissuti saranno in preda a violenti marosi.
Pur essendo una minoranza, non pochi si accalcano intorno a Fratelli d’Italia e alla Leader Maxima. Sia il partito che la signora godono di ottima salute. Ciononostante, i soccorrevoli si ostinano a fare analisi del tasso di liberalismo, di sovranismo, di europeismo e di altri tre o quattro «ismi». Un po’ troppo di questo! Un po’ troppo poco di quello. Al dunque, gli esami non finiscono mai.
In realtà, i maître à penser che vorrebbero sospingere il Pd in un’inesistente banlieue rouge, così come quelli che invitano Giorgia Meloni a restare fedele alle antiche corporazioni sono esigua schiera. In maggioranza compattamente consigliano il più schietto liberalismo, come se si potesse costituire una mostruosa mappazza da Bettini a Lollobrigida, passando per il non poco che c’è in mezzo e regalando ai pentastellisti la seconda occasione che già Conte intravede oltre Bonaccini o Schlein. Che a sinistra si pensi a un ragionevole labourismo ben temperato non sembra all’ordine del giorno. Quanto al centrodestra ha l’occasione di praticare un liberismo ed un europeismo ben temperati dalla cautela necessaria a un paese con una storia difficile, pieno di balneari e tassisti, tanto per capirci.
Insomma, in un agitarsi di labouristi e liberisti immaginari e/o immaginati, c’è un paese che da almeno trent’anni aspetta un gatto e non gli importa molto che sia bianco o nero. L’importante è che prenda i topi. Deng Xiaoping sapeva perfettamente che lo statalismo non era stato un pranzo di gala e che non lo sarebbe stato neppure il mercato. Naturalmente sul frontone del Palazzo della Civiltà Italiana, all’Eur, lo scalpellino dimenticò anche il popolo di Commissari tecnici della Nazionale che ultimamente non ha dato buona prova di sé. Gli argentini sono un popolo in gran parte d’origine italiana. Consoliamoci così.