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Gli arsenali russi e ucraini si stanno esaurendo: la tregua è più probabile

 
Andrea Locatelli

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Andrea Locatelli

Gli arsenali russi e ucraini si stanno esaurendo: la tregua è più probabile

Quali considerazioni è lecito fare alla luce di questi sviluppi? Come è possibile interpretare questo cambiamento nella strategia russa?

Venerdì 18 Novembre 2022, 13:33

La guerra in Ucraina sembra entrata in una nuova, ennesima, fase: dopo la ritirata delle forze russe da Kherson, la strategia di Mosca si è concentrata su una campagna massiccia di bombardamenti contro le infrastrutture critiche del Paese, in particolare le centrali elettriche. Come è noto, il culmine delle operazioni si è raggiunto martedì 15 novembre: secondo fonti ufficiali ucraine, le forze russe avrebbero lanciato oltre 90 missili cruise Kalibr e Kh-101 e 11 droni Shaded-136 di fabbricazione iraniana. Il risultato è tristemente noto: la rete elettrica nazionale ha subito danni consistenti, lasciando senza corrente una parte consistente della popolazione. In aggiunta – ma questo aspetto non è rilevante ai nostri fini – si è rischiata una crisi diplomatica con la Polonia in seguito alla caduta di un rottame di missile sul territorio polacco.

Quali considerazioni è lecito fare alla luce di questi sviluppi? Come è possibile interpretare questo cambiamento nella strategia russa? Quali previsioni – se di previsioni si può parlare – sono realistiche per il futuro del conflitto? Per rispondere a questi interrogativi, è necessario fare un passo indietro e osservarne l’evoluzione dall’inizio della guerra.

Contrariamente all’opinione comune, secondo cui le operazioni aeree condotte dall’aeronautica russa sono state limitate e circoscritte al teatro delle operazioni di terra, secondo un recente rapporto del “Rusi” britannico, le sortite russe in profondità sono state più di quanto riportato: solo nei primi tre giorni sono stati colpiti oltre cento bersagli, identificati nelle difese aeree ucraine sparse per il Paese. Nonostante questo sforzo, una serie di limiti nella pianificazione ed esecuzione delle sortite ne ha contenuto gli effetti, ad eccezione forse del fronte meridionale.

Per converso, a fronte di questi risultati deludenti, le difese antiaeree ucraine – grazie agli aiuti provenienti dai Paesi Nato – si sono velocemente ricostituite, costringendo l’aeronautica russa a limitare significativamente la portata e la frequenza degli attacchi aerei: in estrema sintesi, da marzo a oggi, gli aerei russi sono stati costretti a volare a bassa quota (esponendosi così al rischio di essere abbattuti dai missili Himars) o a bombardare da lunghe distanze (a scapito quindi della precisione ed efficacia degli attacchi).

Un discorso parzialmente diverso vale per l’uso dei missili balistici e cruise. Come per i bombardamenti aerei, la prima fase si è concentrata sulle difese aree ucraine, ma ben presto la gamma di obiettivi si è allargata alle infrastrutture e, tristemente, ai bersagli civili. Quando poi il baricentro delle operazioni si è spostato in Donbass, gli attacchi si sono concentrati sulle strutture logistiche delle truppe ucraine nell’area. Analogamente ai bombardamenti aerei, l’impatto sulle operazioni è stato contenuto, in parte per le capacità di difesa aerea di Kiev (con la collaborazione occidentale, ovviamente), in parte per il deperimento degli arsenali russi.

A partire da ottobre, tuttavia, la dottrina d’impiego imposta dal nuovo comandante delle operazioni, Sergey Surovikin, ha portato all’utilizzo massiccio e coordinato di missili e droni contro la rete elettrica del Paese, con gli effetti su citati.

Alla luce di queste considerazioni, si può concludere che, per quanto moralmente deprecabile, questa svolta nella campagna aerea sembra frutto di un piano strategico ben definito, non di una rappresaglia per il ritiro da Kherson, come alcuni hanno sostenuto.

La strategia russa è infatti motivata da tre obiettivi principali: degradare le difese ucraine, costringendo a consumare centinaia di missili e munizioni per intercettare quelli in arrivo; minare la resistenza della popolazione civile, creando disagi e paura; alleggerire la pressione sul fronte sud ed est delle operazioni, dove le forze russe faticano a contenere la controffensiva ucraina.

Che cosa aspettarsi quindi nelle prossime settimane? La risposta dipende in ultima istanza dall’equilibrio tra le forze sul campo: Mosca non potrà permettersi di consumare i propri preziosi arsenali ancora a lungo (si noti che 10 degli 11 droni e 75 dei 90 missili lanciati il 15 novembre sono stati intercettati). Per converso, come detto ripetutamente dallo stesso Zelensky, senza ulteriori aiuti le difese ucraine sono in difficoltà.

È quindi improbabile che la campagna di bombardamenti possa ribaltare le sorti del conflitto – e di questo tutte le parti in causa sono pienamente consapevoli. Più verosimilmente, per entrambi questo è il modo più rapido per costringere l’avversario ad accettare una tregua secondo termini a lui sfavorevoli.

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