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Ma il governo che verrà ha non pochi compiti a casa da svolgere al meglio

 
Piero Liuzzi

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Piero Liuzzi

Ma il governo che verrà ha non pochi compiti a casa da svolgere al meglio

L’esito elettorale italiano apre il tradizionale gioco dell’analisi del sangue per valutare il tasso di europeismo soprattutto di Giorgia Meloni

Giovedì 06 Ottobre 2022, 14:17

«L’Europa è un gigante economico, un nano politico e un verme militare».

L’impietosa battuta è attribuita a Henry Kissinger, influente consigliere e segretario di Stato durante le presidenze Nixon e Ford.

Sono passati molti anni e se il gigante economico vacilla, resta non lusinghiera la valutazione politica, per non dire di quella militare. Nel 2014 il celebre «l’Unione Europea si fotta» pronunciato da Victoria Nuland, inviata Usa nella prima crisi ucraina, al telefono con Geoffrey Pyatt, ambasciatore statunitense a Kiev, la dice lunga su cosa pensino a Washington del vecchio continente.

Anche il caso, esploso nel 2013, del telefono di Angela Merkel intercettato dai servizi segreti a stelle e strisce non depone bene, nonostante le smentite di Barak Obama.

La vicenda Ucraina ha posto l’Occidente di fronte alla Russia che probabilmente è «un nano economico, un mostro politico e un serpente militare», là dove il nanismo economico si coniuga però con il possesso di ingenti risorse energetiche, la mostruosità politica si nutre di ossessioni e revanscismi mentre il tratto rettile alberga in un’invasione mal pensata e peggio condotta che agita disinvoltamente l’ extrema ratio nucleare.

In tutto questo, l’esito elettorale italiano apre il tradizionale gioco dell’analisi del sangue per valutare il tasso di europeismo soprattutto di Giorgia Meloni. In soccorso della vincitrice si moltiplicano le esortazioni a «rassicurare i mercati e la Commissione Europea» (che non dovrebbero essere proprio la stessa cosa). Ci sarebbe poi una questione «secondaria» che sarebbe “rassicurare” anche i cittadini italiani. Tenere insieme le due rassicurazioni richiede un acrobatico esercizio di tattica e strategia. Se la strategia è il rilancio dell’economia italiana in una situazione difficilissima tra post Covid e guerra in corso, sarebbe bene tenere d’occhio i conti e sfruttare produttivamente fino all’ultimo euro non solo il PNRR ma anche la variegata congerie dei fondi europei. Impresa non facile perché si tratta di mettere al lavoro gli inefficienti «sovranismi» degli enti locali e regionali soprattutto del Sud. E qui deve venire allo scoperto l’antieuropeismo «vero», quello dei ritardi, delle incongruenze, degli sprechi, dell’uso improprio di risorse preziose. Masse ingenti di fondi europei si sono riversate sul Mezzogiorno e di rado con esiti apprezzabili e senza che l’opinione pubblica abbia colto pienamente che è questa la forma più feroce e distruttiva di antieuropeismo. Certo, tutto può essere migliorato e riformato. Anche i meccanismi, invero farraginosi, che regolano l’erogazione dei fondi europei ma spetta ai territori decidere le proprie vocazioni, stilare i propri progetti, stabilire sinergie tra territori regionali contermini, individuare e favorire interessi di area (per recuperare meridionali rinvii atavici), rifiutare, per esempio, l’idea che il turismo sia bricolage e non impresa.

«Compiti a casa» ben fatti è il primo principio dell’interesse nazionale. Questo ci renderebbe più autorevoli a Bruxelles. In questo momento delicatissimo più che di yesman c’è bisogno di critiche costruttive e riforme per scrollarsi di dosso quel nanismo politico generato dalla conflittualità di piccoli e grandi interessi di parte. Quanto al «verme militare» è l’evidente correlato del nanismo politico. Altra acrobatica operazione di equilibrio tra Nato e sviluppo di una forza armata europea in grado di garantire la sicurezza sulle frontiere orientale e mediterranea.

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