La mia coscienza è sempre più dilaniata da questa guerra, perché ho fatto una scelta di campo e sento crescere l’ostilità nei confronti delle mie posizioni e finanche della mia persona, ma questo conta poco. Mi si accusa di non vedere le provocazioni della Nato, gli interessi degli Usa, le correnti neo-naziste che attraversano l’Ucraina; e mi si accusa di spingere «irresponsabilmente» per una guerra totale, di non essere per la pace e per la diplomazia. Rifletto, ascolto, tormento le mie notti. Ma da qualsiasi punto di vista io guardi a questa guerra, sempre si rafforza in me la convinzione che non è accettabile che un Paese europeo sovrano e democratico venga invaso da una potenza autocratica e liberticida e che una popolazione inerme venga letteralmente massacrata da quasi due mesi.
Non è questo il momento per fare l’ennesimo processo all’Occidente, alla Nato, agli Usa, all’Ue – tutte entità che coincidono fino a un certo punto. E anzi, bisogna intendersi su una cosa, affinché l’autocritica non diventi autolesionismo o, ancora peggio, involontario supporto alle sporche ragioni della Russia di Putin: questa guerra non è stata causata né dall’Occidente, né dalla Nato, né dagli Usa, né dall’Ue. Questa guerra è stata unicamente voluta dalla Russia di Putin, che sogna una riconquista dei confini imperiali e una rifondazione della perduta potenza sovietica. Mi si dice sempre: evitiamo una guerra mondiale, scongiuriamo l’uso di bombe atomiche da parte di Putin. E ogni volta si usa una parola che a me risulta sempre più vuota e vile: diplomazia. Quale sarebbe lo spazio diplomatico concreto che Putin offre a chi, come la Turchia, si pone in posizione neutrale? Com’è possibile dialogare con chi durante le trattative con gli ucraini continuava a bombardare profughi, ospedali, civili, case, scuole?
È il tempo delle scelte. E queste scelte sono dolorose, dilanianti. So bene che sarebbe più facile essere per la pace e per il dialogo, ma sarebbe un modo elegante per tirarsi fuori dalla controversia e dall’angoscia della scelta. Nessuno in Occidente vuole la guerra. Non la vuole la Nato, né gli Usa, né l’Ue. Ma non si può guardare indifferenti al massacro dell’Ucraina. Quindi sì: condivido la decisione di sanzionare pesantemente l’economia russa, di inviare armi all’Ucraina, di sfidare con orgoglio e governando la paura le minacce terroristiche di Putin, al quale è rimasta soltanto un’arma, ormai: terrorizzare il mondo intero. Ma io come cittadino fiero e orgoglioso del sistema liberal-democratico occidentale non mi faccio intimidire da Putin, benché tremi come tutti alla possibilità di un nuovo inferno bellico in Europa. La Resistenza ucraina hanno deciso di farla gli ucraini, non gli americani. Sono gli ucraini che stanno lottando strenuamente ed eroicamente per difendere l’indipendenza della propria patria. E Ucraina è Europa, un pezzo della nostra identità e del nostro territorio. Lo dico assumendomi fino in fondo la responsabilità morale di ciò che affermo: questa guerra finirà soltanto con la ritirata dei russi dall’Ucraina. Oppure con un cambio di passo diplomatico della Russia. Ma per come stanno le cose adesso, non vedo nessun’altra scelta. E mi pare che l’Ucraina non abbia ceduto così rapidamente come tanti hanno profetizzato, probabilmente in malafede. L’Ucraina resiste, e continuerà a farlo fino alla fine.
Sono in tanti ad avermi parlato in questi giorni della pace, e del pacifismo. Parole nobili, ma fino a un certo punto. Perché se il tuo Paese o un Paese amico viene invaso così brutalmente, parlare di pace è un modo per lavarsi le mani, per starsene al riparo dalle imprevedibili conseguenze del compatire, dello scegliere di stare dalla parte degli umiliati e degli offesi. Amo come tutti la pace, ma non sono un pacifista, perché il pacifismo può anche essere viltà, una roba da Ponzio Pilato. So bene che pagheremo un prezzo, e che il nostro tenore di vita potrebbe subire oscillazioni, e potremo avere rallentamenti economici. Ma solo contrastando in ogni modo possibile questa guerra di Putin noi potremo guardare in futuro con maggiore orgoglio ancora a un’Europa allargata e sempre più salda nei suoi valori liberali e democratici. Non è facile, lo so. Penso sempre ai miei figli, quando scrivo queste cose. E tremo. Ma sento che è la scelta giusta, e che debbo difenderla a costo di rimanere in minoranza. In questo momento milioni di padri, di madri, di bambini, di anziani, di malati stanno soffrendo pene infernali. Auspicare la pace e dichiararsi neutrali – né con la Russia, né con l’Ucraina – significa non fare niente per alleviare queste pene. Oppure i pacifisti auspicano la resa di Zelensky? Se è così – visto che spazi diplomatici non ce ne sono – allora debbono dirlo chiaramente. Debbono dire senza ipocrisie: Zelensky deve andare in esilio, il popolo ucraino arrendersi e l’Ucraina diventare una colonia della Russia. Io non lo farò mai.
So che tutto può accadere, perché Putin è totalmente irragionevole – altro che lucido e freddo; a me sembra parossisticamente emotivo e profondamente scollegato dalla realtà –, ma non dirò mai agli ucraini di cedere. Poi so bene che le cose possono anche degenerare. Mi auguro di no. Ma rivendico la mia posizione chiara e netta, perché è vero sì che debbo difendere il benessere e la quiete dei miei figli, ma debbo anche difendere la dignità e l’onore di un Paese europeo “sventrato” senza motivo dalle bombe russe. Ci sono dei momenti in cui bisogna scegliere, dire da che parte si sta. Senza pensare alle convenienze dell’oggi. Posso anche sbagliarmi, certo. Lo metto in conto. E tremo. Ma per me questa guerra finirà – ripeto, salvo svolte diplomatiche da parte della Russia – soltanto con la definitiva vittoria del popolo ucraino sull’esercito russo. Prego ogni notte di aver fatto la scelta giusta. Ma per ora sento che è questa, la scelta giusta.