Quali sono i motivi di questa guerra? Molti analisti ed esperti di questioni geopolitiche e strategiche hanno fornito una risposta a questa domanda ricorrendo a varie e valide motivazioni: le mire di espansione imperialista di Putin, le ragioni storiche-culturali, la «sicurezza nazionale» (tenere lontana l’Ucraina dalla NATO), questioni di politica interna (calo di popolarità di Putin). Ognuno di questi elementi è importante per spiegare la drammatica situazione in corso. Tuttavia, occorre scavare più a fondo per capire meglio la radice comune alle cause di questo conflitto (e di tanti altri conflitti attuali e passati). Non è solo un esercizio per soddisfare la nostra curiosità ma è un modo per scongiurare i conflitti prima e non dopo che gli eserciti entrino in azione.
Una delle radici più importanti di questo «male» sono le disuguaglianze e le loro dinamiche nel tempo. Senza la concentrazione di potere economico nelle mani di pochi - Putin e la sua stretta corte di oligarchi - questo conflitto sarebbe stato impossibile. Nessuna democrazia avrebbe votato ed effettuato la plateale aggressione a cui assistiamo in questi giorni. Nei conflitti tra Stati l’elemento comune è sempre l’assenza di democrazia in almeno uno dei lati. Gran parte dei russi è contrario o distante da questo conflitto. Il vero problema è che il loro parere conta poco. Il collasso dell’ex Unione Sovietica è stato accompagnato da un vertiginoso aumento delle disparità. Nel 1988, il 20% più ricco della popolazione aveva una quota complessiva del reddito 3,4 volte superiore a quella del 20% più povero. Disparità iniziali piuttosto limitate se si considera che in Italia, nello stesso periodo, il reddito complessivo del 20% più ricco della popolazione era circa 6 volte quello del 20% più povero. La situazione in Russia, però, cambia drammaticamente a distanza di pochissimi anni e il divario tra ricchi (tra cui i super-ricchi che oggi chiamiamo oligarchi) cresce vertiginosamente. La fetta della torta – e il potere ad essa associato - che va al 20% più ricco nel 1993 è del 53,4%. Il 20% dei più poveri si impoverisce ancora di più: il loro reddito totale si dimezza e diviene meno del 5% di quello nazionale. Una dinamica che in pochi anni precipita le disuguaglianze a livelli pari a quelli del continente africano e dei paesi del Sud America. La Russia ha oggi il 6,7% dei super-ricchi del mondo ma rappresenta circa il 3% del Prodotto Interno Lordo e l’1,8% della popolazione mondiale.
Cosa è successo? Nella transizione dall’ex Unione Sovietica all’economia di mercato in pochi - spesso parte integrante dell’elitè precedente e scaltri cleptocrati in gradi di navigare il far west che segue lo sgretolamento dello Stato - si appropriano dei mezzi di produzione. La trappola di povertà e disuguaglianza diviene la tomba della democrazia in un circuito vizioso in cui il controllo economico rafforza il controllo politico. Questo non avviene solo in Russia dove mettere mano alle rendite – si pensi alle risorse energetiche – significa avere le risorse per controllare totalmente il paese. Avviene nella stessa Ucraina – in particolare nelle aree industriali ad Est del paese - come in Bielorussia e in altri paesi del blocco ancora oggi intrappolati da regimi autoritari (le proteste in Kazakistan di qualche mese fa sono frutto stessa medesima radice). La guerra di oggi è frutto di un calcolo – azzardato e rischioso – di elitè che non temono il controllo democratico. Quello che succede oggi rischia di rafforzare questa pericolosa distorsione se si tradurrà in un ulteriore aumento delle disparità. Le reazioni del mondo occidentale, sia nell’immediato che nei prossimi anni, devono essere molto attente a questa dimensione che spesso è trascurata nel dibattito. Le misure più efficaci non saranno quelle che colpiscono duramente la popolazione russa e neanche quelle che pur colpendo le élite e gli oligarchi non ne scalfiscono il potere economico e politico. La pace di domani si costruisce in modo più efficace dando voce e opportunità agli esclusi, a coloro che sono gli unici ad avere l’interesse a costruire istituzioni democratiche. Questa strategia passa dalla riduzione delle enormi disparità di oggi.
Fino ad ora abbiamo fatto esattamente il contrario. I compromessi con i regimi non democratici per assicurarsi stabilità nell’immediato – le riserve di gas dalla Russia, il blocco di migranti dalla Turchia o dalla Libia ecc. – hanno generato un effetto boomerang. Molte forze politiche in tutti i paesi europei non solo hanno tollerato questi regimi ma hanno dichiarato apertamente la loro vicinanze e beneficiato di supporti più o meno alla luce del sole. Ridurre le disuguaglianze nei redditi e nelle opportunità non è solo una fondamentale questione di giustizia sociale. È uno degli antidoti più efficaci per evitare le guerre e i conflitti e le loro nefaste conseguenze umane ed economiche.