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«La peste a Bari nel Seicento permette di raccontare il presente che non mi piace», così Marcello Introna

 
Alice Scolamacchia

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Alice Scolamacchia

«La peste a Bari nel Seicento permette di raccontare il presente che non mi piace», così Marcello Introna

Esce oggi per Mondadori «Oro forca fiamme», terzo romanzo dello scrittore ricco di personaggi reali e immaginari

Martedì 04 Giugno 2024, 12:06

«Oro forca fiamme» è il terzo romanzo di Marcello Introna, medico veterinario barese che, dopo sei anni, ha dato alle stampe un nuovo libro, oggi in uscita (Mondadori, pp. 264, euro 19). Anche in questo romanzo, come nei due precedenti, l’autore torna al passato e racconta una storia ancora più lontana nel tempo. Una vicenda basata sullo studio di antiche carte, arricchite con personaggi in parte realmente esistiti, in parte frutto della sua fantasia.

Marcello Introna ha passione da ricercatore per le storie che furono. Nel nuovo romanzo descrive una Bari che non esiste più, se non nei palazzi, nelle chiese e nelle strade della città vecchia contrassegnati ancora dall’antica toponomastica. Siamo nel 1667, sotto l’oppressione di un clero dispotico, poco prima che una terribile pestilenza devasti la città e cambi le sorti dei protagonisti. I personaggi animano una vicenda antica ma in realtà modernissima in cui si intrecciano odi, passioni, amori traditi, vendette e rivalse.

Perché scrivere una storia ambientata nel 1600?

«Non c’è una motivazione specifica che vada al di là dell’entusiasmo che mi ha procurato leggere un articolo della dottoressa Paola Bozzani. Parlava dell’epidemia di peste che colpì la Puglia nel 1656. Ritengo peraltro il passato rassicurante. Non può cambiare del resto».

Bari devastata dalla peste...

«È successo e ho avuto così la possibilità di parlare del presente nonostante lo scenario fosse quello secentesco».

Hai tratto ispirazione da un libro o da un film che ti hanno particolarmente colpito?

«Come dicevo, mi ha colpito l’articolo di Bozzani, e da quello sono partito apprezzando anche uno scritto di Mirella Cives, tramite cui ho scoperto la storia dell’ultima “strega” condannata in Puglia. Una povera erborista che si chiamava Rosa di Pantaleo».

Buoni e cattivi nel tuo romanzo sono netti, non hanno mezze misure: è così anche per Marcello Introna?

«Personalmente conduco una vita piuttosto solitaria; per scelta e non per necessità. Un tempo avevo più pazienza e mi sforzavo di cogliere le sfumature delle persone. Ora come ora non ho più quella pazienza, anche perché viviamo in un paese che tende a premiare la feccia, facendola passare per scaltra. In ogni caso ci sono personaggi intermedi nel romanzo, per quanto non siano quelli principali».

Qual è stato il personaggio più difficile da raccontare?

«Sveva. Una donna realmente esistita e dalla psiche più complicata ancora della vita terribile che le è toccato vivere».

In base a cosa sono stati scelti i nomi dei personaggi?

«Sono quasi tutte persone realmente esistite e dunque quei nomi sono reali».

C’è un significato dietro ogni nome scelto?

«Per i personaggi di fantasia ho fatto una ricerca a parte sia sui mestieri, sia sui nomi ricorrenti all’epoca. Più che un significato, c’è coerenza storica».

Qual è la difficoltà maggiore nello scrivere un romanzo storico?

«Far quadrare le date degli eventi e renderli armoniosi alla narrazione di fantasia. Non sempre è possibile e quando non lo è stato ho preferito specificarlo nelle note. Per me “Oro forca fiamme” è il terzo e ultimo capitolo di una trilogia che si è manifestata in corso d’opera. Ci sono voluti dodici anni della mia vita e quando intravedi il traguardo ti piomba addosso tutta la stanchezza del mondo».

Il prossimo romanzo avrà ancora un’ambientazione nel passato?

«Non ne ho idea. Se incrociassi una storia che mi entusiasma percorrerei quella strada indipendentemente dal periodo storico che la riguarda».

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