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Yeats, non è un paese per vecchi

 
Sandro Marano

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Sandro Marano

Yeats, non è un paese per vecchi

L'amore per la poesia avvicina i mondi: Sandro Marano e la sua Bisanzio letteraria

Venerdì 12 Febbraio 2021, 10:43

«Alla volta di Bisanzio. Note per un giovane europeo» è il libro firmato da Sandro Marano (Edizioni La Matrice) dal quale emerge un’Europa letteraria, poetica e filosofica. Nel volume, di cui pubblichiamo uno stralcio, con prefazione di Manlio Triggiani, l’autore barese crea legami tra ieri e oggi, sul filo della cultura. E, come spiega Triggiani nella sua prefazione, dà vita a una sorta di lettera-manifesto per tutti gli europei e soprattutto per i giovani.


Settembre. Il mare è d’un azzurro più cupo e la brezza marina più fresca. Apriamo un’antologia di poesie di William Butler Yeats, il maggior poeta dell’Irlanda libera, e l’occhio e la mente cadono su una breve poesia  Navigando verso Bisanzio che ci affascina: «Quello non è un paese per vecchi. I giovani / che si abbracciano, gli uccelli sugli alberi – generazioni morenti – coi loro canti / […] e non c’è scuola di canto che non sia coltivare / i monumenti della nostra magnificenza: / così io feci vela sul mare e venni / alla sacra città di Bisanzio».
Non c’è lettore che non venga stregato dall’atmosfera tra il magico e il simbolico che la poesia sprigiona.  Qual è il segreto di queste quattro ottave che nell’originale inglese presentano rime e consonanze? Certamente c’è la condizione esistenziale del poeta: infatti questa «è una poesia della maturità, quando ormai Yeats sente affievolirsi le forze e allontanarsi il tempo della piena energia della carne e dei sensi, e adombra, oltre la fine di questa vita, una nuova, eterna esistenza» (Roberto Mussapi).
C’è poi, fondamentalmente,  l’archetipo del viaggio, del ritorno ad una realtà storica e mitica insieme, che coincide con una rinascita spirituale.  Bisanzio, per il poeta, è una città sacra, dove il divino e l’umano, grazie all’arte, si fondono e indicano una via oltre il breve raggio dell’esistenza. Bisanzio, quindi, rappresenta il mito dell’oro, dell’immortalità, cui ogni uomo anela inconsciamente.
I critici letterari hanno anche notato che i versi procedono per contrasti binari: ad esempio, il «quello» con cui si apre la poesia allude ad una realtà non ben definita (l’Irlanda della giovinezza del poeta, vitale, erotica, passionale) e si contrappone all’«artificio dell’eternità» (la mitica Bisanzio); i giovani presi al laccio della loro sensualità che trascurano «monumenti di pensiero senza tempo» si oppongono ai vecchi, che sono «una piccola cosa, / un abito stracciato su una canna», il cui destino è dissolversi, a meno che non tendano a qualcosa di trascendente, che li porti oltre la loro finitudine (che è poi l’individuo); il sensuale si contrappone allo spirituale, il divenire all’essere.
Ma Yeats, nella sua poesia, eleva entrambi i termini dell’opposizione senza risolvere il dilemma. C’è sempre qualcosa di non definitivo, di non risolto nella poesia, c’è sempre un significato più pieno e ricco da ricercare, come avviene nella grande poesia.
Al poeta irlandese, scrive il poeta e critico Giuseppe Conte, «riesce il miracolo d’essere popolare e aristocratico, chiaro e misterioso, moderno e classico». E ci avverte anche che la fortuna di Yeats in Italia fu «lenta, difficile, e controversa». La prima traduzione di quest’autore, che nel 1923 ebbe anche il premio Nobel per la letteratura, avvenne nel 1949, dieci anni dopo la sua morte e fino almeno agli ’70 la sua conoscenza fu ostacolata soprattutto per la diffidenza preconcetta dei nostri intellettuali, che gli rimproveravano di aver mantenuto «una posizione politica inclassificabile secondo le categorie correnti, non era stato né marxista né cattolico, e aveva interessi per la teosofia e l’esoterismo». 
Intanto si sono accalcati neri nuvoloni e si sentono i tuoni. Riponiamo il libro e per la una misteriosa analogia ci abbandoniamo all’ascolto della musica di In rotta verso Bisanzio, un album del 1990 della Compagnia dell’anello, con le sue sonorità celtiche e medievaleggianti, il cui testo dice: «Terra di Bisanzio terra d’ambra e d’oro trema sotto il passo di eserciti latini […] donne dalle labbra color di melograno / offrono l’amore a stanchi cavalieri […]. E’ notte a Bisanzio di pesco profumata, / la spada di Venezia, la terra ritrovata».
E’ una Bisanzio diversa quella cantata dalla Compagnia dell’anello, è la Bisanzio della decadenza, (non quella degli albori e della maturità cantata da Yeats), che per rinascere ha bisogno dell’apporto volitivo e maschio dell’Occidente. Bisanzio resta una città sacra, una terra da ritrovare, dove Oriente ed Occidente si incontrano proficuamente, al di fuori del materialismo e dell’arido economicismo oggi dominanti nel mondo. Una meta, cui rivolgersi per educarsi. Con l’avvertenza, come scriveva Yeats che «educare non è riempire un secchio, ma accendere un fuoco».
Bisanzio è mito, storia, sogno.

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