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E in classe si gridò: «Viva la scuola!»

 
Giulia Poli Disanto

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Giulia Poli Disanto

E in classe si gridò: «Viva la scuola!»

Il rientro difficile e festoso tra dirigenti e alunni con la sana voglia di abbracciarsi

Sabato 28 Novembre 2020, 09:29

Il primo giorno di scuola la maestra Marilena fece entrare i bimbi e i loro genitori nel grande corridoio del vecchio edificio. C’era aria di festa tra i suoi alunni, finalmente si tornava a scuola dopo l’interruzione forzata durante l’anno scolastico 2019-2020 dovuta al virus Covid 19. Dopo sei lunghi mesi li aveva trovati cresciuti e naturalmente più chiacchieroni.
Li avrebbe abbracciati uno per uno, se non fosse che Giuseppi – come il presidente americano Trump aveva battezzato il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte – aveva raccomandato di rispettare il distanziamento sociale e altre regole di sicurezza. Niente baci e niente abbracci, quindi.
Così si era accontentata di vedere che Davide si era allungato, che Marta era più cicciottella, Marcella con la pelle come il carbone, e così via. Aveva dedicato loro quattro anni della sua vita e per questo li sentiva come figli. Divertita, li sollecitò a fare silenzio perché li avrebbe chiamati uno per uno con la speranza di tornare alla normalità.
La donna fece l’appello. Mano a mano che i nomi venivano scanditi, i ragazzi si avviavano in aula, curiosi ed eccitati di trovare i banchi con le rotelle, così avevano sentito al telegiornale, e già pregustavano il divertimento! Ma, delusione, quei banchi non c’erano ancora e, compatibilmente con le strisce tracciate sul pavimento, scelsero il posto vicino al banco del compagno dell’anno precedente. Quando tutti furono in classe, Marilena li salutò: «Benvenuti, siamo in quinta della scuola primaria, speriamo che quest’anno vada meglio e noi, in barba al Coronavirus, ce la metteremo tutta! Vero, ragazzi? Intanto non togliete la mascherina e ricordatevi di igienizzare le mani, non vi abbracciate, non fate gruppo e… insomma, lo sapete». Per rafforzare il benvenuto, accennò ad un applauso, gesto che fu subito imitato da tutta la scolaresca. Almeno quello era consentito, pensò. Poi aggiunse: «Ragazzi, quest’anno c’è una sorpresa. Domani arriva un nuovo compagno!». Dopo l’eccitazione iniziale, tutti i ragazzi dimenticarono l’annuncio e si tuffarono nei ricordi dell’estate appena trascorsa con tutti i disagi che il Covid 19 aveva combinato e nei progetti futuri, ritrovarono la propria dimensione.
L’intervallo si svolse, Dio ce ne liberi, seduti a distanza, addentando pagnotte e focacce da far venir fame ad un lupo. Poi, la maestra Marilena propose di abbellire l’aula con disegni colorati e, mi raccomando, alzarsi uno per volta, non si sa mai!
La mattinata passò talmente in fretta che, quando suonò la campanella, nessuno era pronto per tornare a casa.
Il giorno dopo Dario entrò in classe tenendo tra le mani un piccolo cartello con sopra scritto W LA SCUOLA! e in spalla lo zainetto. I capelli lisci e biondi gli coprivano la fronte e il naso aquilino e leggermente storto gli davano un aspetto furbesco. Indossava scarpe da ginnastica, una elegante tuta con sotto una camicia e al collo un cravattino: il papillon.
Ogni tanto lo afferrava con la bocca e lo masticava come fosse gomma americana. Rosa, la docente di sostegno, manco a dirlo, munita di mascherina, guanti e gel incominciò a sfogliare la margherita: l’abbraccio o non l’abbraccio?
Il ragazzo tirò dritto verso i nuovi compagni che in silenzio cercavano di indovinare i suoi movimenti. Attraversò come il vento la prima fila, poi la seconda, infine, la terza. Quindi, si fermò.
Nel giro di un secondo scrutò l’ambiente e i suoi nuovi compagni, non sapeva se doveva abbracciarli oppure no. La mamma gli aveva detto di sì, il papà si era raccomandato che no’, non si poteva… Allora, batté le mani come usava fare quando era eccitato, prendendo posto nell’unico banco libero proprio davanti alla cattedra, in prossimità di Valentina e lì, fiero, depose il piccolo cartello: W LA SCUOLA!
Fu la maestra Marilena che, accortasi del silenzio in cui era caduta la classe, intervenne con un «Ecco il vostro compagno Dario. Diamogli il benvenuto».
Poi, fu la volta di Rosa, l’insegnante di sostegno, che dopo aver sfogliato la solita margherita – l’abbraccio non l’abbraccio – decise di abbracciare il ragazzo. Ma la classe, tutta in coro, obiettò: «Maestra, ma non è vietato abbracciarsi?».
Trascorse così il mese di settembre con quel compagno sempre iperattivo, che ogni giorno ne combinava una nuova; per non parlare poi quando correva verso i compagni e li abbracciava a più non posso.
Fu l’inizio di una piccola rivolta. I genitori incominciarono a lagnarsi con la maestra. Ma la maestra Marilena, pur capendo le ragioni dei genitori, non mollò. Voleva bene ai suoi alunni, ma molto di più a Dario. Quel ragazzo le faceva tenerezza, nonostante la fatica che ogni giorno doveva affrontare con lui e con la classe.
In cuor suo sapeva che, prima o poi, un piccolo miracolo ci sarebbe stato. «Bambini, calmatevi» ridimensionava la maestra Marilena, per placare gli animi, «L’abbraccio è il miracolo dell’amicizia e del volersi bene!».
Dario, intanto, quando voleva esprimere qualcosa, batteva le mani oppure usava il linguaggio degli oggetti: tirava in aria un borsello, strappava un quaderno, masticava il suo papillon o, ahimè, abbracciava un compagno.
Era davvero difficile stargli vicino. Ma lei, da maestra amorevole, appassionata e paziente, sperava. Sperava che un giorno qualcosa sarebbe cambiato. Così Marilena tenne duro, convinse i genitori che la collaborazione dei loro figli era indispensabile per il benessere di tutta la classe, Covid compreso! In loro aiuto arrivò l’ora di giardinaggio. Poiché Dario era particolarmente portato per le piante, ebbe il compito di occuparsi dei fiori, mentre i compagni di classe, a turno, zappavano la terra, sarchiavano e innaffiavano il giardino della scuola.
Poi ai ragazzini venne l’idea di piantare delle verdure per seguirle nella loro crescita. Anche Dario tirava l’erbetta e qualche volta una pianticella di verdura, creando scompiglio e litigi tra i suoi amici.
Poiché si avvicinava il 31 di ottobre, le due maestre decisero anche di organizzare un recital per la festa di Halloween. Una piccola recita senza pretese e con la partecipazione di tutti. Fu in quella occasione che le due donne scoprirono le qualità canore di Dario. Una risorsa inaudita: Dario non sapeva parlare, però sapeva cantare!
Durante le prove incominciarono ad accadere tanti piccoli miracoli. I compagni di classe fecero a gara per poter cantare e recitare con Dario.Tutti, dimenticando le regole, lo baciavano e lo abbracciavano; tutti volevano stare con lui anche quando in un momento di difficile gestione distrusse la grossa zucca di Halloween.
A scuola intanto stavano preparando i costumi per la recita. Nella classe si respirava un’aria di festa e d’allegria e Rosa pensò che era proprio quello il momento migliore per tirare Dario fuori dal suo guscio; così, dopo aver generato in lui curiosità, riuscì a coinvolgerlo nei lavori: «Dimmi Dario che abito ti piacerebbe indossare?». Aveva gettato lì la frase senza aspettarsi una risposta.
«La-zuc-ca!» rispose il ragazzo, battendo le mani. Rosa si girò e, senza più sfogliare la solita margherita con – l’abbraccio, non l’abbraccio – lo strinse tra le braccia. «Che bell’abito hai scelto. Sarai una meravigliosa zucca di Halloween, e ci mettiamo pure il papillon, che ne dici? Il ragazzo per tutta risposta batté le mani quindi alzo in aria il suo cartello con W LA SCUOLA! Era il suo modo per dire di sì. Intanto, i Grandi della Politica discutevano animati su: scuola aperta o scuola chiusa? E poiché la pandemia aveva ripreso ad allargarsi a macchia d’olio, la recita saltò.

Era il 29 ottobre quando Rosa vide che alcune margherite del giardino della scuola erano fiorite, pensando di fare una cosa interessante, disse: «Dario, ascolta, oggi raccogliamo dei fiori da portare alla Direttrice, che ne pensi?».
«… Di-ret-tri-ce» ripeté lui, battendo le mani e, senza separarsi dal suo amato cartello, W LA SCUOLA!, fuggì in giardino con Rosa che faticava a stargli dietro. La velocità con cui il ragazzo decapitò tutte le margherite, lasciò la donna piuttosto stupita. In pochi secondi Dario ebbe le mani piene di fiori e, incurante delle dita sporche di terra, ripeté: «… Di-ret-tri-ce!» e come un fulmine, corse verso la presidenza aprì la porta e, senza tanti complimenti, sparse sul pavimento i fiori raccolti, con il cartello che rimase in bilico tra la sedia e la scrivania. Rosa arrivò con il fiatone, seguita da Enrico, il collaboratore scolastico: insieme non erano riusciti a fermare il ragazzo.
La Dirigente che conosceva benissimo Dario e che aveva voluto in presidenza il costume della zucca con il papillon che Dario aveva cucito con grande sacrificio assieme alla maestra di sostegno, stava tranquillamente dialogando con il suo protetto.
«Che margherite meravigliose, Dario! Le hai raccolte dal nostro giardino?».
«… giar-di-no!».
«Bene. Vedo che ti piacciono i fiori!».
«… fio-ri!».
«Ora le sistemiamo queste belle margherite. Vediamo, dove possiamo metterle dal momento che sono senza stelo? Ah, ecco, che ne dici se prendiamo una ciotola e le facciamo nuotare nell’acqua? Ti piace l’idea?».
«… l’i-de-a!».
La Dirigente, bardata di una mascherina bianca a becco d’oca, si avvicinò al ragazzo e gli prese il volto tra le mani, costringendolo a guardarla negli occhi: «Che bel papillon, Dario!» E con entrambe le mani glielo risistemò, abbracciandolo con tutto l’amore che sentiva in sé. Poi, lo prese per mano e insieme si avviarono verso la maestra di sostegno che, nel frattempo, era rimasta in disparte poiché non aveva osato disturbare i due. E prima che il ragazzo si allontanasse, lo esortò: «Vieni quando vuoi, Dario, sono a tua disposizione!». Intenerita da quella conversazione, si appoggiò alla porta e osservò il ragazzino allontanarsi. Aveva appena letto la circolare che conteneva l’Ordinanza Regionale dove le scuole della Puglia, a causa del propagarsi del Covid 19, sarebbero rimaste chiuse sino a metà novembre.
Povera scuola, pensò, dopo tutto il lavoro che loro, Dirigenti Scolastici, avevano fatto per accogliere i loro studenti, ma soprattutto poveri bambini ore e ore davanti a computer per una lezione virtuale. Vuoi mettere le lezioni in presenza! Unica eccezione era stata fatta per i ragazzi speciali.
Loro, sì, avrebbero continuato a frequentarla la scuola; ma da soli, senza i loro compagni, che senso aveva? Ma soprattutto, chi si sarebbe preso cura di loro? Guardò nuovamente il vestito di Dario che aveva voluto in presidenza, e sorrise. Non si era mai vista una zucca con il papillon.
Peccato che Dario avesse perso la sua occasione a causa della chiusura della scuola. Poi, si girò e vide il cartello incastrato tra la sedia e la cattedra, lo raccolse e incuriosita lesse: W LA SCUOLA!
Ecco, pensò, quel ragazzo nella sua semplicità aveva capito tutto.

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