Rinnova la sua amicizia e il ricordo per Leonardo Sciascia nel suo centenario della nascita, Antonio Motta, un intellettuale che non ha mai smesso di progettare studi e indagini sulla cultura del Gargano e che allo scrittore siciliano ha dedicato un fondo che fa di San Marco in Lamis non solo un ponderoso archivio della letteratura del Novecento ma che di Sciascia conserva ogni traccia creativa documentale e critica.
Dopo aver provato a mettere in piedi a Rodi Garganico un premio dedicato a Giuseppe Cassieri, mi sorprende con un libro edito dalla Progedit di Gino Dato che ha per titolo Nella crepa di un muro. Sciascia, Moro e la Puglia. Un libro che mette insieme quindici testimonianze di intellettuali pugliesi che con Sciascia hanno avuto a che fare o che lo hanno intervistato per qualche circostanza sul tema dei rapporti con la Puglia.
Tra gli interventi di molti anni orsono, il più antico mi pare un ricordo di Vittore Fiore, il nostro dimenticato meridionalista. Era il 1955 quando Vito, allora giovane poeta, fece visita a Vito Laterza: ”gettai sul suo tavolo ‘Nuovi Argomenti’ con queste parole di sfida: leggi, questo è il racconto. L’autore si chiama così e così, è un poeta. Anzi,sai che ti dico? Fra due ore, nel salone soprastante il teatro Petruzzelli, leggeremo le sue poesie. Se la cosa ti va, vieni che te lo presento”.
Quando Vittore, con un leggero ritardo, arrivò a teatro, vide in un angolo che Laterza e Sciascia confabulavano. Un anno più tardi usciva per i tipi dell’editrice barese le Parrocchie di Regalpetra, con dedica a Vittore e Tommaso Fiore.
La storia vera - La faccenda era andata così. Italo Calvino aveva indirizzato all’editore Carocci che pubblicava “Nuovi Argomenti”, un racconto di un giovane maestro siciliano, Leonardo Sciascia, Cronache scolastiche. Il libretto uscì dopo altri tre romanzi di giovani scrittori italiani, uno di Pasolini, uno di Angelo Romanò e un terzo di Roberto Roversi. Fiore aveva invitato Sciascia a presentare il libretto al Petruzzelli di Bari e nella circostanza, Laterza concordò l’edizione di un volume più corposo nella collana “I libri del tempo”, dove avevano trovato asilo Scotellaro, Giovanni Russo e lo stesso Tommaso Fiore. Passò qualche tempo e Sciascia lasciò l’Einaudi e Vittorini con cui era in predicato l’edizione delle Parrocchie e firmò il contratto con Laterza. ”Caro Dottor Laterza, Le restituisco firmata una copia del contratto – e La ringrazio moltissimo. In settimana le spedirò la prima parte delle cronache. Poiché i riferimenti a persone e a fatti sono in qualche modo evidenti, ho pensato di chiamare il paese ‘Regalpetra’ e il libro intitolarlo R come Regalpetra .- o soltanto Cronache regalpetresi. Lei che ne dice?”.
Raffaele Crovi mi disse più tardi che Sciascia non aveva condiviso i tagli che gli aveva proposto Vittorini. Il libro vide la luce a Bari nella primavera del 1956.
Un secondo momento importante per il rapporto tra Sciascia e la Puglia lo racconta Valter Vecellio e riguarda l’incontro tra Giuseppe Giacovazzo e lo scrittore siciliano. Allora responsabile delle pagine culturali de “La Gazzetta del Mezzogiorno”, Giacovazzo invitò Sciascia a pubblicare per il quotidiano barese. Tra il gennaio e il settembre del 1962, Sciascia pubblicò 7 elzeviri.
Poi Giacovazzo emigrò in Rai e tornò al quotidiano solo negli anni ’80 come direttore. Questa volta Sciascia decise di collaborare con un articolo alla settimana,dal 7 giugno 1981 al 23 maggio 1982, come “L’angolo di Sciascia”. Grazie a Giacovazzo Leonardo Sciascia ebbe l’opportunità di sapere molte cose del carattere di Aldo Moro. E L’affaire Moro ebbe un profondo aiuto grazie a quell’amicizia. Sciascia accettò l’invito di Giacovazzo a trattenersi nel trullo della valle d’Itria.
“Con Sciascia abbiamo parlato a lungo di Moro nella primavera del 1981, a Locorotondo, in Puglia - ricorderà lo stesso Giacovazzo- Dai miei trulli al ristorante ‘Casa mia’ sono appena cinquanta passi. Là ci aspettava Vincenzo, il Cagliostro della gastronomia pugliese. Più si accaniva a fargli domande,più si esaltava a portargli leccornie”. Sciascia si meravigliava come padre Sorge e Pietro Scoppola non avessero riconosciuto l’autenticità delle lettere che Moro scriveva dalla prigionia. Perché l’umanità di quell’uomo che per Leonardo era morto “con dignità e da eroe” era sconosciuta a tutti.
Amicizie e incontri - Un terzo elemento che tocca la figura di Sciascia è l’amicizia con Gianfranco Dioguardi. Il razionalista pugliese che si è occupato della mente barocca ha avuto lo scrittore siciliano come direttore della collana nella quale ha pubblicato Un avventuriero nella Napoli del Settecento, quindi il Gioco del caso e il Viaggio nella mente barocca. Balthasar Gracian ovvero le astuzie dell’astuzia.
“I nostri incontri avvenivano generalmente a Roma o a Milano, qualche volta a Bari, dove venne a trovarmi anche per appagare la sua curiosità riguardo alla festa di San Nicola. Girammo molto,quella volta,tra la folla festosa, commentando eventi che a lui ricordavano le sagre popolari delle sue terre”.
Ma altri incontri interessanti sono quelli avvenuti tra Sciascia e Nico Perrone, che gli fu vicino nel momento in cui i suoi interventi sulla vicenda dell’omicidio di Enrico Mattei gli recarono non pochi contrasti. E infine l’incontro dello scrittore con la poesia e la narrativa di Tommaso Di Ciaula.
Era il 1970, ricorda Enrica Simonetti,quando Sciascia parlò sul “Corriere della sera” della raccolta di versi Chiodi e rose del poeta operaio di Bari. “Una poesia, disse Sciascia, che ha radici contadine, quelle immagini, che ancora istituisce con il mondo un rapporto magico”.