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Guido Carboni: «A Bari non basta parlare di playoff: e Caserta può essere l’uomo giusto»

 
pierpaolo paterno

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Guido Carboni: «A Bari non basta parlare di playoff: e Caserta può essere l’uomo giusto»

Il racconto è affidato all'ex allenatore del Bari e voce esperta del calcio di Caserta, vice del tecnico aretino ai tempi della Juve Stabia. «Calcio dispendioso, ci vuole gente di gamba»

Domenica 06 Luglio 2025, 13:30

BARI - Nel cuore caldo e impaziente di una Bari che vive di calcio come fosse ossigeno, ogni estate è un bivio ed ogni scelta una scommessa. E quest’anno, la società biancorossa ha deciso di rilanciare con una mossa che ha fatto discutere, dividere, ma anche creare delle aspettative. Ovvero, affidare la panchina a Fabio Caserta. Un tecnico che arriva con pochi proclami, ma idee chiare ed un passato recente di calcio propositivo. Oltre alla promessa di riportare entusiasmo in una piazza che da troppo tempo vive tra disillusione e diffidenza.

Il racconto è affidato a Guido Carboni, ex allenatore del Bari e voce esperta del calcio di Caserta, vice del tecnico aretino ai tempi della Juve Stabia. Sotto analisi la transizione tattica da Longo a Caserta, le prime mosse di mercato - tra volti noti di Catanzaro e occasioni post-Brescia - e il peso di una tifoseria esigente che può essere vento in poppa o tempesta. Ma soprattutto, i segreti per riaccendere la passione di una città.

Mister Carboni, partiamo dalla scelta di una sua vecchia conoscenza come Fabio Caserta. Secondo lei è il profilo giusto per guidare il Bari in questo momento storico così delicato?

«Innanzitutto, bisogna capire se il Bari di quest’anno sarà più deciso nel raggiungimento dell’obiettivo. La B è un campionato velenoso. Ai miei tempi, per un punto di penalizzazione perdemmo la A diretta per un paio di tasselli. Bari non è una piazza qualunque per dire di puntare ai playoff. Non basta. Caserta è un buon allenatore, ha carisma e carattere. Sa gestire lo spogliatoio dal quale sa tirare fuori il meglio. Tutta sta, però, nel mettergli a disposizione quei giocatori che possano fare la differenza. Senza qualità, le idee non servono. Altrimenti, rischi di bruciarti».

Dal pragmatismo di Longo al calcio più propositivo di Caserta, che tipo di trasformazione tattica si prospetta per i biancorossi?

«Nel dna, Caserta ha un calcio propositivo. L’ho avuto come collaboratore tecnico a Castellammare. All’inizio gli chiedevo dei consigli sulle situazioni tecniche. Siamo stati insieme dei mesi. È attento e scrupoloso. Sa leggere le partite. È molto preparato. Vuole giocatori forti fisicamente, perché adotta un calcio dispendioso. Ci vuole gente di gamba. La qualità vera occorre davanti, con attaccanti che vedono la porta e vanno in doppia cifra risolvendoti le gare con giocate individuali. Gli auguro di averne almeno un paio per esaltare le sue idee tattiche. Uno alla Iemmello, per intenderci».

Caserta ha già lavorato con alcuni dei profili accostati al Bari, soprattutto ex Catanzaro. Quanto conta, oggi, la continuità tecnica anche nei volti dello spogliatoio?

«Di sicuro, il nuovo allenatore vorrà portare a Bari la mentalità costruita a Catanzaro. Il fatto di conoscere alcuni giocatori allenati in Calabria può agevolare il suo lavoro. Come feci io a Bari con Bianconi, un difensore carismatico nello spogliatoio. Ci vogliono dei leader, anche silenziosi che parlano col lavoro ed in grado di riprendere i compagni che non ragionano nell’ottica del noi. Spero che la società accontenti Caserta».

C’è un bel gruppo di profili in arrivo dal Brescia appena fallito. Anche qui, il fatto che questi giocatori già si conoscano può essere un vantaggio nell’ottica della costruzione del nuovo gruppo?

«Si. L’epilogo amaro di Brescia adesso può rappresentare per loro motivo di rivalsa, per riscattare il loro ultimo campionato travagliato. L’importante è che aumentino il tasso tecnico. Saper leggere il mercato, portando cavalli di razza. Anche giovani dai grossi club di A per farli valorizzare in cadetteria e fare la differenza».

Lei conosce bene l’ambiente barese. Quanto può pesare il clima di sfiducia che aleggia attorno alla società sul lavoro del nuovo allenatore?

«Assicuro che Caserta è abituato a partire in situazioni non semplici. Ha la personalità per fronteggiare i problemi. Non ha tante facce. È schietto. Ci mette sempre la faccia, nel bene e nel male. A volte, ha pagato anche di persona. Sa bene che Bari è una piazza importante e per questo gli auguro in meglio perché si trova in un posto che può darti tante soddisfazioni. L’importante, ripeto, è che però la dirigenza sia chiara in fatto di programmi per non metterlo in difficoltà. Gli obiettivi li fissa la società, non il mister. Puntare ai playoff? Vuol dire arrivare terzi, ma anche ottavi a pochi punti dalla zona salvezza. La prospettiva di giocarti qualcosa di importante va di pari passo con i mezzi e la volontà di allestire una squadra competitiva».

Caserta ha promesso di riportare entusiasmo tra i tifosi. Ma in concreto, come si fa a riaccendere la passione di una piazza così esigente?

«Consiglio a Fabio di essere sempre se stesso. Se sei credibile come persona e allenatore, puoi essere criticato ma la gente ti rispetta. Lui sa bene di lavorare in una città dove la tifoseria chiede chiarezza ed onestà intellettuale. Successe a me. Feci due salvezze tranquille con mezzi risicati. Per le trasferte, il sabato depennavo due calciatori per rientrare nel budget. Con Conte, dopo tre anni, si spendevano 19mila euro di extra. In un posto ci devi capitare nel momento giusto».

Il mercato sarà decisivo. Quali caratteristiche dovrebbe avere, secondo lei, il “giocatore tipo” per il Bari di Caserta?

«Il modulo dipenderà dalle caratteristiche dei giocatori. Ci vogliono quelle giuste. Per giocare a quattro dietro, servono centrali forti e terzini che sanno attaccare».

Quanto è importante, in una piazza come Bari, saper comunicare? Caserta ha il profilo giusto anche da questo punto di vista?

«Auguro a Caserta di entrare in sintonia con la piazza. Dal punto di vista umano, è una persona vera e non prende in giro nessuno. Deve, comunque, capire nell’essere onesto con la piazza per dire dove si può arrivare».

Lei ha vissuto il San Nicola da allenatore. Che ruolo può giocare lo stadio, se riportato al centro del progetto, nel percorso di rinascita del club?

«È imprescindibile fare risultati con i tifosi. Una sinergia che non si può annullare».

Infine, una analisi sulla prossima B. Oltre al Bari, ci sono tante piazze che lei conosce bene per averci lavorato come Avellino, Empoli, Frosinone e Juve Stabia. Che campionato si prospetta l’anno prossimo?

«Le favorite sono Empoli e Venezia. Occhio anche allo Spezia. Sarà una B forte e importante. Il solito serbatoio dove la differenza tra una stagione di basso livello ed una ai margini della zona alta sarà molto lieve. L’obiettivo minimo del Bari sarà rientrare tra i protagonisti».

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