BARI - Quasi 400 partite in B e 200 in A. Quattordici sulla panchina del Bari nello scorso campionato, Pasquale Marino approda nel capoluogo pugliese dopo quasi due anni di inattività. Dal 9 ottobre 2023, subentrato sulla panchina biancorossa all’esonerato Michele Mignani, al 5 febbraio 2024. Esonerato, cioè, tre giorni dopo la sconfitta di Palermo con la squadra al 15mo posto. In 14 partite sulla panchina biancorossa colleziona 4 vittorie, 5 pareggi e 5 sconfitte. Un Marino dall’abito reversibile, avendo pure allenato il Frosinone prossimo avversario del Bari domenica al San Nicola.
Mister, di cosa si occupa adesso?
«Faccio la spola tra Marsala e Roma, dividendomi tra la Sicilia e la Capitale per impegni familiari. Appena posso, scappo a vedere qualche partita».
Sta seguendo la serie B. Che idea si è fatto?
«Seguo tutto. Ho tanto tempo a disposizione. La B è sempre sorprendente. Fa specie vedere due squadre retrocesse dalla A, come Salernitana e Frosinone, nei bassifondi della classifica. Idem la Sampdoria, dalla quale ci si aspettava tutt’altra stagione. Anche il Brescia, ora a pochi punti dai playout. O il Cittadella, dato quasi per spacciato, in netta ripresa. Di sicuro, è un torneo avvincente. Per solidità economica, Sassuolo, Pisa e Spezia stanno facendo il distacco sulle inseguitrici dove ci sono sorprese come Juve Stabia ed un Catanzaro che sta ripetendo l’ottimo torneo scorso».
Cosa è cambiato dal Bari di Marino ereditato da Mignani a quello di Longo?
«Longo allena tantissimi giocatori importanti. Magalini e Di Cesare hanno lavorato bene, mettendo su un buon organico. I tanti pareggi per un nonnulla non sono state vittorie. Manca qualche punto, ma l’organico è competitivo. Penso a Falletti e Manzari. Ora ci sono degli infortuni. Penso che la squadra sarà ritoccata».
A gennaio chi arrivò?
«Puscas, che era indietro di condizione dopo sei mesi di inattività. Kallon partì bene e poi non giocò più. Lulic era reduce da un infortunio al crociato».
Il cammino del Bari è altalenante. La squadra gioca bene, ma raccoglie molto meno di quanto semina. Dopo Cesena, Longo ha fatto appello alla responsabilità dei giocatori. Che ne pensa?
«Longo stimola il gruppo perché sa che può dare di più».
Tra i riferimenti del tecnico, ce n’è uno in particolare il cui rendimento è pari quasi a zero. Si tratta di Beppe Sibilli. Elemento che l’anno scorso, insieme a Di Cesare, ha salvato la squadra. Da cosa dipende una così radicale metamorfosi?
«Sibilli è un ragazzo sensibile. Ha bisogno di essere spronato. A volte, capita una inconscia assuefazione per quanto fatto l’anno prima. La competizione davanti gli ha fatto male. Non è il Sibilli che conosciamo. Senza di lui, l’anno scorso facevamo tanta fatica. Anche per l’infortunio di Diaw».
Con lei in panchina, Sibilli segnò sei degli undici gol complessivi in campionato. Come lo utilizzava e come rende al meglio?
«Da mezzala. Le cose migliori le fa partendo da dietro, puntando l’uomo e la profondità. Ricordo i gol con la Sampdoria e con l’Ascoli. Con me giocava sia da mezzala che dietro le punte, da trequartista. Nella mia ultima partita a Palermo, purtroppo era assente come Di Cesare, Benali e Ricci. Mi costò la panchina. Con le tante assenze di Novakovich, Lasagna, Oliveri e Lella, potrebbe anche ritagliarsi nuovi e diversi spazi».
Sibilli dimostra segni di insofferenza. Gioca poco. E quando lo fa, non gli riesce quasi niente. È un giocatore sul quale conviene ancora scommettere?
«Bisogna farlo reagire. Ha le qualità per fare la differenza. Giocatori così sono sempre utili. Leggo pure dell’interesse del Bari per Pereiro. Un altro trequartista. Bisogna capire se Sibilli è in cerca di nuovi stimoli».
Il Bari sembra una mezza incompiuta. Quando da l’impressione di spiccare il volo, torna subito sulla terra. Può dipendere dalla personalità o dalla mentalità?
«Quando si parla del Bari viene fuori sempre il discorso della pressione. L’anno scorso andò diversamente, perché c’era una contestazione totale sia alla proprietà che alla parte tecnica. Chi gioca a Bari deve avere già adrenalina, carattere. Chi ha paura di affrontare una piazza come questa, è meglio che non accetti. Personalità e mentalità sono scuse. Il Bari ha una buona organizzazione di gioco e un discreto assortimento. La difesa è tra le migliori della B. Qualcosa davanti andrebbe migliorato».
Pochi giorni fa è arrivato Bonfanti dal Pisa. Conosce l’attaccante?
«Un ottimo giocatore. Ha sempre segnato gol importanti. Di prospettiva. Ha lasciato Pisa perché chiuso da altre pedine nel reparto. Un rinforzo importante per il Bari. Aggiunge qualità».
Pensa che la squadra meriti dei correttivi anche in difesa e a centrocampo?
«Sono certo che dei miglioramenti saranno apportati. Soprattutto dopo i tanti recenti infortuni. Entro la fine del mercato, ritengo che qualcosa si muoverà. Leggo la predisposizione ad intervenire. La squadra è nei playoff e la posizione va consolidata e migliorata. Ci sono le carte in regola per farlo. Longo è preparato e lo staff è all’altezza. L’ultimo periodo, con i tre pareggi, ha rallentato la corsa. In B corre chi ha più continuità. Anche se il Sassuolo capolista viene da due recenti sconfitte. Si alternano fasi positive ad altre meno brillanti. È successo anche al Pisa e allo Spezia».
Domenica si gioca Bari-Frosinone. Nel 2017, lei guidò i laziali sino alle semifinali dei play-off contro il Carpi. Qualche rammarico di quella stagione con i giallazzurri?
«Non andammo su per un gol di differenza nel confronto diretto col Verona che ci condannò ai playoff mancando la A diretta. Agli spareggi, ci condizionò sul piano psicologico».
Oggi il Frosinone è in grande difficoltà, nonostante dietro le quinte ci sia il ds Giudo Angelozzi che lei conosce bene dai tempi di La Spezia.
«Siciliano come me e tra i migliori della categoria, alla fine Angelozzi tirerà fuori il Frosinone dai guai. È difficile rimettersi in careggiata dopo una retrocessione. Complesso come successo al Bari dell’anno scorso reduce dalla A persa a pochi secondi dalla finale playoff».