LECCE «Continuare a lavorare sodo, andare avanti con la massima compattezza e, in campo, lottare sempre con il coltello tra i denti dal primo all’ultimo minuto, con grande umiltà, intensità e feroce concentrazione». È questa, secondo Claudio Luperto, ex giallorosso e leccese doc, la «ricetta» attraverso la quale il Lecce può superare il momento delicato che sta attraversando, lasciandoselo alle spalle e voltando pagina.
«Il tifoso salentino ha la consapevolezza di dovere soffrire - afferma Luperto, che nel Lecce è nato calcisticamente, facendo tutta la trafila dal settore giovanile alla prima squadra, con la quale ha militato in A e B, dal 1982 al 1986, prendendo parte alla prima storica promozione in massima serie e collezionando, nel complesso, oltre cento presenze con la casacca giallorossa, che ha poi indossato in seguito anche da trainer della Primavera, nel 2006/2007 e nel 2015/2016 e 2016/2017, e degli Allievi Nazionali, nel 2009/2010 e 2010/2011 -. La nostra è una società di provincia, che si scontra con realtà consolidate e con proprietà economicamente molto forti. Proprio per questo una salvezza qui vale quanto uno scudetto in una piazza di grido. I nostri risultati si fondano sul lavoro che permette di crescere. Ho visto quasi tutti i match disputati sin qui da Baschirotto e compagni e sono convinto che alla nostra classifica manchino quattro punti: due li abbiamo persi a Torino, con i granata, in un confronto che avremmo meritato di vincere, e due li abbiamo lasciati al Parma, facendoci raggiungere nel recupero, al “Via del Mare”. Penso che la dea bendata sia in debito con noi».
Episodi sfortunati a parte, il Lecce ci ha messo anche del suo, commettendo ingenuità piuttosto gravi: «È innegabile che sia così ed in serie A quando si sbaglia si paga sempre pesantemente. Ci sta che un attaccante voglia andare in rete, ma gli egoismi non vanno bene. Capita che si perda qualche pallone in uscita quando si prova a costruire la manovra dal basso, ma in certe zone del campo non bisogna mai correre rischi. Insomma, occorre essere scaltri e, quel che più conta, il bene del collettivo deve essere messo al primo posto, anche perché i risultati negativi fanno male anche al singolo».
Come sempre accade quando le cose non girano per il verso giusto, nell’ambiente che circonda la squadra si innescano le polemiche, le ipotesi, le dietrologie: «Va messo in preventivo che sia così, ma società, staff tecnico e squadra devono fare quadrato e lasciarsi scivolare addosso certe situazioni. Bisogna lavorare, avendo fiducia in ciò che si fa. Del resto, questo Lecce ha già dimostrato di potersi esprimere in un certo modo, con personalità e con una propria identità. Le certezze non devono venire meno. Di contro, vanno trovati i giusti correttivi per superare le criticità e correggere per quanto possibile i difetti».
C’è chi imputa a Gotti di non avere dato spazio a calciatori quali Filip Marchwinski, Andry Pelmard e Luis Hasa: «Il mister ed i componenti del suo staff seguono il lavoro di ogni singolo atleta quotidianamente. Nessuno meglio di loro è in grado di stabilire se un ragazzo sia pronto o meno a fare la propria parte. A questo aggiungo che ogni scelta viene effettuata anche in relazione agli “incastri” tecnico-tattici che si intendono dare al proprio team, avendo come linea di guida la necessità di dare equilibrio alle due fasi. Nel mio piccolo, alleno il Novoli in Eccellenza, dopo avere maturato altre esperienze: un trainer schiera sempre quella che reputa la migliore formazione possibile in base alle proprie idee, che maturano sulla scorta di ciò che vede ogni giorno in tutte le sedute di lavoro. Gioca chi merita e chi ha i numeri giusti sotto diversi profili».
Luperto gestisce un’attività commerciale e gli capita quindi di entrare spesso in contatto con i supporter del Lecce: «Molti vengono a seguire le gare dei giallorossi nel mio locale. C’è comprensibile rammarico per avere lasciato per strada dei punti preziosi e c’è il timore che, alla lunga, possano pesare nell’economia della corsa-salvezza. Ma in quasi tutti noto una grande fiducia nella società, che ha dimostrato di sapere il fatto suo».
La classifica è abbastanza corta, ma servono punti: «La maggior parte delle rivali hanno potuto investire risorse più ingenti. Il Lecce deve cercare di colmare il gap migliorando continuamente l’organizzazione, l’attenzione e l’intensità del gioco, ma anche mettendoci tanto cuore e senso di appartenenza ad un territorio che lo segue con passione».