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Bari calcio, Torrente: «Decideranno le invenzioni degli attaccanti»

 
pierpaolo paterno

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pierpaolo paterno

Bari calcio, Torrente: «Decideranno le invenzioni degli attaccanti»

L'intervista all'ex allenatore. Tra mille intemperie, l’esperienza biancorossa dal 2011 al 2013 portò in dote 88 partite per 32 vittorie

Giovedì 03 Ottobre 2024, 13:52

BARI - Col fiuto dei giorni migliori, Vincenzo Torrente riassapora il gusto dolce e indimenticato di due delle panchine più significative della ancora attuale carriera da allenatore. Con ingredienti diversi, Bari e Cremona (i biancorossi domenica in trasferta alle 15, arbitra Manganiello di Pinerolo) rappresentano portate succulente difficili da archiviare. Tra mille intemperie, l’esperienza biancorossa dal 2011 al 2013 porta in dote 88 partite per 32 vittorie, 26 pareggi e 30 sconfitte. Stagioni cadette tribolatissime, segnate dalle penalizzazioni di meno sei e meno sette nel primo e nel secondo campionato. Eppure, condotte in porto con onorevoli tredicesimo e nono posto. E, soprattutto, la sensazione che - al netto degli handicap in classifica - sarebbero arrivate altre e migliori soddisfazioni. Nulla di fatto, con tanto di parentesi in naftalina per la nuova avventura cremonese in Lega Pro, dove ritrova il compianto Gigi Simoni già affiancato come direttore tecnico nel primo dei due «capitoli» professionali a Gubbio. Nel mezzo, le panchine di B con la Salernitana (esonero dopo 23 punti in 24 giornate) e in C a Padova (fine dei giochi da secondo in graduatoria con 70 punti, a sole tre giornate dalla fine).

Torrente, a Bari ha vissuto due stagioni complicatissime ma anche ricche di soddisfazioni. Cosa si porta dietro del tempo in biancorosso?

«È stato il momento peggiore della storia del club ma si è fatto benissimo. Sono orgoglioso di quanto fatto a Bari. Tra penalizzazioni e problemi societari, facemmo miracoli. Ricordo una piazza da serie A, che vive di calcio. E, ancora, un gruppo di lavoro eccezionale con il ds Angelozzi e il segretario Doronzo. Oltre ad un gruppo di ragazzi bravissimi e di prospettiva come Ceppitelli, Sabelli, Galano e Bellomo. Per non dimenticare Ciccio Caputo che reinventai come attaccante. Segnò tantissimi gol. Sul piano umano, la città mi è rimasta nel cuore. Quello che si fece non era affatto scontato. Mi sono anche divertito. Giocavamo pure bene».

Del lavoro a Cremona restano un esonero bruciate nonostante il quarto posto in classifica e la fortuna di aver lavorato accanto ad un maestro come Simoni.

«Dopo Bari, decisi di fare un passo indietro in C. Simoni mi battezzò allenatore a Gubbio e poi mi richiamò a Cremona. La prima volta andò alla grande. Dopo, anche lì non mi fu data la continuità. Non ebbi la gioia di giocare i playoff. La programmazione non si rivelò forte come nelle premesse».

Dopo anni dalle permanenze in Puglia e in Lombardia, ha qualche rimpianto o qualche scelta che non rifarebbe?

«Senz’altro. Dopo tanto tempo, non sceglierei più di scendere di categoria dalla B alla C. Non per la piazza di Cremona, ma per la categoria. Sarei rimasto a Bari, se non fosse partito Angelozzi che tornò quando ormai ero andato via nell’anno della meravigliosa stagione fallimentare».

Sta seguendo il campionato del Bari?

«Mi interesso di tutte le squadre che ho allenato e il Bari lo seguo volentieri. Ho visto l’ultima gara contro il Cosenza. Dopo l’espulsione di Lella, esagerata, la partita è stata compromessa anche se il Bari ha tentato di vincerla sino all’ultimo con la mentalità giusta. Longo sta facendo davvero un ottimo lavoro. Il gruppo ha un’identità precisa».

Longo e Stroppa appartengono ad una generazione successiva alla sua. Entrambi adottano il 3-5-2. È davvero un modulo così moderno?

«I numeri lasciano il tempo che trovano. Dipende da come li interpreti e cosa vuoi ottenere. Se giocano due terzini sei più difensivo. Altrimenti, cambia tutto. Conta anche la qualità dei giocatori a disposizione. Il vestito va cucito in base alla stoffa tra le mani. Altrimenti, dopo quattro partite ti mandano via. Perché il primo a pagare è sempre l’allenatore».

L’ultimo biennio a Padova si è concluso con un altro sorprendente esonero, nonostante la squadra viaggiasse forte. Si sente pronto per una nuova panchina? Se potesse allenare in B, quale progetto le piacerebbe sposare?

«Mi manca il campo e spero capiti presto un’occasione per rientrare. Finché c’è la passione per il calcio, sono pronto per una nuova sfida. Penso di aver fatto un ottimo operato a Padova e ritengo di meritare un’altra possibilità. Vengo da un esonero inspiegabile. Rispetto al passato, si era speso meno e con una squadra molto giovane si è fatto un grandissimo lavoro. Non mi è stato permesso di darne continuità. Ormai, non mi meraviglio più di nulla. Avevamo la migliore difesa ed il terzo attacco del campionato. Siamo pure arrivati nella finale di Coppa Italia. Progetti non esistono, le programmazioni tecniche sì. Questo mi piacerebbe, cioè lavorare con la continuità. Che è quello che porta i risultati».

Cremonese-Bari mette di fronte due realtà con obiettivi diversi. I grigiorossi puntano alla A. I galletti ad un campionato tranquillo, con i playoff nel mirino. Traguardi raggiungibili?

«Sì. La Cremonese deve raccogliere il lavoro seminato l’anno scorso. Il Bari potenzialmente può centrare l’obiettivo, con giocatori esperti in tutti i reparti. Nel bene e nel male, gli obiettivi possono cambiare in corsa. Longo ha bisogno di tempo. Bisogna crederci con pazienza. Bari non c’entra niente con la B. Magari, una volta in A può cambiare anche lo scenario della multiproprietà».

Che partita si aspetta domenica allo Zini?

«Sarà equilibrata, tra due squadre speculari. Si potrebbe decidere con delle invenzioni degli attaccanti».

Cosa le manca di più di Bari? Da quanto tempo manca?

«L’ultima volta è stata diversi anni fa al San Nicola contro la Salernitana. A Bari ho lasciato il cuore. Sono un uomo di mare. Cresciuto in costiera amalfitana, vivo in Liguria. Della città mi mancano proprio i colori e la simpatia della gente».

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