Sabato 06 Settembre 2025 | 21:43

Ventura: «Bari, adesso tira fuori il sacro fuoco»

 
Davide Lattanzi

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Davide Lattanzi

Ventura: «Bari, adesso tira fuori il sacro fuoco»

Intervista all'allenatore doppio ex: «Samp incostante. Per chi tifo? Preferisco la focaccia al pesto»

Giovedì 14 Marzo 2024, 12:28

BARI - «Bari, ora devi tirare fuori il fuoco». Giampiero Ventura parla con toni davvero accorati del frangente dei biancorossi. Sabato i Galletti affronteranno la Sampdoria ed il tecnico genovese è senza dubbio il «doppio ex» di lusso del match. In blucerchiato ha trascorso una vita: da calciatore, poi da tecnico nel settore giovanile, da allenatore in seconda (nel 1979-80) e, infine, della prima squadra nel 1999-2000, mancando la promozione in serie A soltanto per un punto. Con il Bari, invece, resta indelebile il decimo posto nel massimo campionato nel 2009-10. Il capoluogo pugliese è ormai la sua terra d’adozione, al punto da spingerlo a recriminare la circostanza che «proprio in questo fine settimana sono fuori Bari: sarei andato al San Nicola in un frangente in cui la squadra ha bisogno del massimo supporto». Ed è da qui che parte la sua analisi del momento dei Galletti.

Giampiero Ventura, come si spiega il campionato sofferto dei biancorossi?

«Continuo a pensare che la motivazione sia lampante e risalga allo scorso 11 giugno. E non mi riferisco esclusivamente al trauma della promozione svanita per pochi secondi che pure ha avuto il suo impatto, ma anche a quanto è scaturito subito dopo. Il calcio, purtroppo, non aspetta. E proprio quando passi da un frangente di estrema difficoltà, devi avere le spalle larghe per reagire. Invece, è seguita una fase di evidente smarrimento e di confusione. Si è deciso di proseguire con Mignani forse più per gratitudine che per una programmazione a 360 gradi. Nulla da dire: Michele aveva meritato alla grande la conferma sulla panchina biancorossa, ma a quel punto occorreva sostenerlo, rinforzarlo, calibrare il mercato sul suo calcio. Invece, l’esonero è arrivato dopo una sola sconfitta… La svolta non è arrivata con Marino, ora la si cerca con Iachini: per esperienza dico che un torneo così strano va archiviato limitando i danni per poi ripartire con maggiori convinzioni».

Pensa che il Bari possa correre il rischio di farsi coinvolgere nella lotta per non retrocedere?

«La rosa non vale assolutamente la posizione attuale, ma è un dato di fatto che la squadra non trovi continuità, identità e convinzione nei suoi mezzi. I quattro punti di vantaggio sulla zona playout a nove turni dal termine della regular season non sono nemmeno pochi, ma è pur vero che alle spalle ormai sono rimaste soltanto cinque compagini. Perciò, il monito deve essere chiaro: vietato prendere la situazione sottogamba. Questa città non merita di soffrire per tenersi la serie B che già va stretta».

Vedendola da fuori che cosa la preoccupa dei Galletti?

«La difficoltà nel diventare squadra. Lo scorso anno ammiravamo un gruppo che mostrava chiaramente il suo affiatamento ed una forte unità d’intenti. Ora l’impressione è di un complesso che non riesca ad aiutarsi: le voci su qualche scaramuccia di troppo nello spogliatoio ne sono una dimostrazione. Per carità sono cose che succedono e va tutto bene se restano tra quattro mura. Ma quando si comincia a parlarne in giro non è un bel segnale. Inutile, invece, disquisire di aspetti tecnici: si sono cambiate tre filosofie in pochi mesi, è normale non avere una traccia definita. Tuttavia, ora c’è un allenatore che conosco bene: Iachini sa quello che vuole e come trasmetterlo. Se c’è uno in grado di garantire una svolta è lui: a patto di non chiedere miracoli perché nessuno è attrezzato su questa terra…».

Ritiene che Iachini possa essere pentito della scelta fatta?

«Lo escludo. Beppe ha accettato la proposta del Bari perché vuole costruire qualcosa di serio in una piazza che può regalargli gratificazioni uniche. Così come ha troppa esperienza per potersi essere illuso dopo le prime due vittorie. Per realizzare un’idea di calcio occorre tempo, ma adesso è fondamentale essere concreti ed avere un furore unico: siamo alle ultime nove giornate, le altre squadre daranno tutto e non si può essere inferiori. Le prossime tre gare sono decisive: gli impegni con Sampdoria, Modena e Cremonese faranno capire se “saremo” coinvolti mani e piedi nei pericoli oppure se si riaprirà una speranza sui playoff che pure non sono lontani. La gara più abbordabile è proprio quella di sabato».

Vede una Sampdoria battibile quindi?

«Il match è ampiamente alla portata del Bari. La Sampdoria ha problemi simili a quelli dei Galletti: è incostante, alterna prestazioni confortanti a cadute fragorose, concede moltissimo. Il recupero di calciatori di qualità come Borini e Sebastiano Esposito può essere un valore, ma non tale da innalzare un complesso che resta per certi versi incompiuto. Tuttavia, i blucerchiati riescono in alcuni frangenti a colmare le lacune con reazioni nervose e di cuore. Doti che nel Bari ho visto meno: è il momento di estrarle del tutto. Ma ribadisco: Iachini su questi fondamentali non transige. Sono convinto che schiererà chi gli darà le più ampie garanzie sul piano della determinazione prim’ancora che tecnico».

Ma il suo cuore non è proprio diviso per sabato?

«Resterò sempre legato alla Sampdoria, anche se la scelta di allenarla all’apice della mia carriera con la conseguente beffa finale mi ricorda puntualmente che sul lavoro si decide con il cervello e non con il cuore. Ma ormai mangio il pesto saltuariamente: la mia quotidianità è la focaccia barese, patate riso e cozze…Bari mi ha dato tanto in campo e nella vita. Il mio sogno? Che da sabato cominci una serie utile per sbarcare ai playoff. E da lì si ricreerebbe un’adrenalina che renderebbe tutto possibile…».

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