BARI - «Un allenatore che ti cambia la mente, un uomo speciale: il Bari con Marino può ritrovare tutte le sue certezze». Gionatha Spinesi occupa un posto di prestigio nella storia biancorossa: con 52 reti (nove in serie A, 43 in B) distribuite in quasi sei stagioni (dal 1998 a dicembre 2003) è quarto nella classifica cannonieri «all time» dei Galletti. Ma l’ex centravanti pisano (che oggi insegna calcio ai giovanissimi nella scuola calcio che porta il suo nome, in Campania) è stato anche uno dei bomber più prolifici allenati dal neo tecnico dei pugliesi: 22 gol con l’Arezzo in B, 23 per trascinare il Catania dalla cadetteria alla serie A, dove si è ripetuto con 17 centri. In gran parte della sua avventura rossoazzura c’era anche Ciro Polito, l’uomo che ha portato il mister siciliano al Bari. «Sono felice che il mister sia arrivato in una città che amerò per sempre: se troverà un gruppo disposto a seguirlo, farà grandi cose», afferma Spinesi. Che racconta nei particolari il tecnico di Marsala.
Gionatha Spinesi, come «presenta» Pasquale Marino al popolo biancorosso?
«Potrei essere di parte, ma assicuro che Marino è uno degli ultimi veri insegnanti di calcio. Il suo calcio era avveniristico quando ha cominciato ed è moderno oggi. Ha idee originali, si aggiorna continuamente, è una persona che davvero aggiunge qualcosa ad una squadra. Ma soprattutto è un uomo leale che si dedica anima e corpo ad ogni calciatore: con lui sai sempre che cosa sbagli e che cosa hai fatto bene, perché giochi oppure perché sei in panchina. D’altra parte, il metodo di Polito è chiaro: per lui i valori umani sono sempre al primo posto».
Eppure ai più la mossa di Polito è parsa quasi avventata.
«I grandi sanno guardare sempre un po’ più in là. Cambiare nel bel mezzo di una crisi sarebbe stato traumatico e rialzarsi ancora più complicato. Mignani per me è un allenatore eccellente, la sua mano sul percorso del Bari è evidente. Se oggi Caprile, Cheddira e Folorunsho sono in A, buona parte del merito è sua. Però, Michele e il Bari hanno vissuto insieme qualcosa di clamoroso: quella finale playoff persa così non può non aver lasciato in tutti un trauma. Forse lui e la squadra si erano dati tutto e non se n’erano reciprocamente accorti. Ecco, la bravura di Ciro è stata prendere in mano la situazione quando ci sono tempi e modi per rimediare. Una cosa è evidente: i biancorossi hanno perso la loro “sfacciataggine”. E se in B vuoi vincere devi avere coraggio e personalità. E mi pare chiaro che i biancorossi non possono mica recitare da comparsa: arrivare nel gruppo di testa è un dovere».
Come riuscirà Marino a invertire la rotta?
«Il mister pretende un atteggiamento “dominante”, con lui non puoi essere passivo. Se il Bari ritroverà l’aggressività e una maggiore intensità, basterà un risultato per ritrovarsi. Il gruppo deve affidarsi a lui e farsi guidare: lui impartirà concetti chiari e li farà ripetere fino alla perfezione. Non è un caso che moltissimi suoi allievi siano tecnici di successo: De Zerbi è l’apice, ma pensate a Caserta, Sottil, Bianco che sta svolgendo un bel lavoro a Modena. Altri suoi calciatori sono diventati dirigenti di primo livello, come Polito o Giuseppe Colucci. Marino ha un’intelligenza raffinata: ti apre la mente».
Dovrà anche riportare i gol al Bari e le punte pure non sono molte.
«Non sono l’unico ad aver segnato molto con lui. Il suo gioco aiuta moltissimo gli attaccanti: un ragazzo sveglio come Nasti sicuramente beneficerà dei suoi consigli. E se si ritroverà a corto di centravanti, inventerà qualcos’altro. Diaw in serie B è una certezza: deve soltanto stare bene fisicamente, ma è un ragazzo di soli 31 anni che ha sempre giocato, perché dovrebbe fermarsi? Ma ci sono altri calciatori offensivi di gran pregio come Aramu e Sibilli. Marino di solito parte con un modulo predefinito, preferibilmente il 4-3-3, ma non è certo un integralista. Se si dovesse trovare a corto di soluzioni in un reparto, troverà altre opportunità per valorizzare il materiale a sua disposizione».
Secondo lei perché Marino si è fermato nell’ultimo anno e mezzo?
«Perché è in una fase della carriera in cui non ha bisogno di prendere a volo qualsiasi occasione. Può permettersi di scegliere: in tal senso, Bari è una di quelle opportunità che non si possono rifiutare e ti portano a dare il meglio. Lui aveva bisogno di un’avventura che lo stimolasse al massimo e il Bari può trarre giovamento da una guida così esperta e carismatica».
Dia un consiglio ai tifosi: si può ancora credere in un torneo entusiasmante?
«Le distanze da Parma e Palermo non sono minime e parliamo di squadre forti, ma per il resto c’è molto equilibrio. Un passo alla volta: intanto occorre rientrare in zona playoff, rianimare un po’ la piazza, trovare fiducia. E poi, una volta rientrati nel carrozzone delle ambiziose, saranno gli altri a doversi preoccupare del Bari, non il contrario. Perché una squadra che comunque possiede valori tecnici, spinta da un pubblico unico come quello barese, deve fare paura a tutti».