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Calcio, Bellomo e il debito da saldare: «Bari, non amo le cose a metà»

 
Davide Lattanzi

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Davide Lattanzi

Calcio, Bellomo e il debito da saldare: «Bari, non amo le cose a metà»

Nel 2009 l’esordio con Conte in panchina ora a 31 anni la stessa voglia di stupire

Giovedì 01 Settembre 2022, 13:35

BARI - «Volevo tornare a tutti i costi, ci ho provato quasi ogni anno. Perché qui a Bari avevo lasciato le cose a metà». Così si apre il quarto capitolo biancorosso di Nicola Bellomo. Il ragazzo del Borgo Antico, che per una vita si è portato sulle spalle l’etichetta di «nuovo Cassano», ora è un uomo. A 31 anni vive la fase matura della sua carriera che, in mille traversie, finisce sempre con il riportarlo nella squadra della sua città. Dall’esordio il 16 maggio 2009 nel torneo dominato con Antonio Conte, al biennio 2011-13 (rientrato dal prestito al Barletta), fino ai sei mesi nel 2015 (dopo le avventure con Torino, Chievo e Spezia), si ripresenta con i Galletti chiudendo un cerchio che lo ha condotto ad Ascoli, Vicenza, Alessandria, Sambenedettese, Salernitana e Reggina. Una breve apparizione in Coppa Italia con il Verona, quindi due match trascorsi in panchina, mordendo il freno per il debutto che è avvenuto domenica scorsa a Perugia. Dice di aver lasciato le cose a metà, Nicola. Ed è facile immaginare che ora voglia coronare quel sogno cullato fin da quando era bambino: giocare in serie A con la maglia del cuore.
«Custodisco gelosamente gli obiettivi personali», afferma. «Ho spinto tantissimo per tornare: in questo periodo di lontananza da Bari ci sono state diverse opportunità che non si sono concretizzate per vari motivi. Perciò, ringrazio tutti coloro che mi hanno aiutato a realizzare il mio desiderio: dal direttore sportivo della Reggina Massimo Taibi al ds del Bari Ciro Polito. Sono barese, ma parto alla pari di tutti: ho trovato un gruppo sano, affiatato. Mantenere l’ossatura della promozione dalla C è stata un’ottima base di partenza, sulla quale intervenire con gli accorgimenti giusti, rappresentati da calciatori di categoria. Ci sono tutti i presupposti per far crescere il Bari e portarlo dove merita. Qui ho vissuto momenti burrascosi sul piano societario, ma adesso il club è sano da tutti i punti di vista e poggiato su solide fondamenta».

Incredibile che la sua storia continui ad essere legata a doppio filo a quella di Cristian Galano, l’amico di una vita con cui ha condiviso l’intera trafila dal settore giovanile, fino ai giri per l’Italia e ai ritorni “in patria”. «Su Cristian sono di parte», scherza Bellomo. «È cresciuto con me, oltre che a Bari siamo stati insieme anche a Vicenza: è un amico intimo, mi auguro sempre il meglio per lui. Possiede qualità indiscutibili, deve, però, metterci anche un po’ del suo per dimostrarle in pieno, ma sono convinto che ci riuscirà. Sono stato felice di essere ancora al fianco pure di Folorunsho: in questi due anni a Reggio Calabria ho potuto apprezzarne da vicino la crescita. Fidatevi, Michael ha davvero qualcosa di speciale». La riflessione sul profeta in patria è sempre aperta: a volte si ha l’impressione che la piazza chieda sempre qualcosa in più a chi è nato in città «Confesso che prima pensavo che fosse una peculiarità di Bari», svela Nicola. «Poi, però, girando tante squadre, mi sono accorto che è un atteggiamento piuttosto comune. Anche a Napoli, ad esempio, si è sempre preteso molto e perdonato poco nei confronti di Insigne. Forse è anche giusto così: io gioco per la mia città, è un privilegio e devo dare più del 100%. Infatti, sono pronto a qualsiasi esigenza della squadra. Ormai in carriera ho coperto moltissimi ruoli, anche se mi sento sempre un trequartista: mister Mignani mi ha detto di apprezzare la mia versatilità e mi sta provando dappertutto».

A 31 anni forse è prematuro stilare un bilancio della carriera, ma il tempo comincia a stringere. «Io spero sempre che il meglio debba ancora arrivare», sospira Bellomo. «Siamo noi gli artefici del nostro destino. Prima magari attribuivo responsabilità ad altri, ma la verità è che se non sono approdato a certi livelli, significa che l’ho meritato. In alcuni frangenti non ho avuto la testa giusta. Ecco, forse qualche rimpianto è per un paio di infortuni subiti quando ero all’apice del mio percorso. Così come è vero che per le qualità tecniche che mi contraddistinguono arei dovuto segnare di più. Ma non è ancora il tempo di tirare le somme. Prima devo concludere un certo discorso con il mio Bari…».

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