Sabato 06 Settembre 2025 | 09:31

Estorsione mafiosa per l’appalto strade, 4 imputati brindisini chiedono il processo abbreviato

 
Stefania De Cristofaro

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Stefania De Cristofaro

Estorsione mafiosa per l’appalto strade, 4 imputati brindisini chiedono il processo abbreviato

Chiesero 50mila euro a un imprenditore: «Mettiamoci d’accordo e staremo bene»

Domenica 02 Marzo 2025, 13:07

Dopo i sei arresti ottenuti dalla Dda di Lecce nell’inchiesta sulla tentata estorsione mafiosa ai danni del titolare di una ditta vincitrice dell’appalto della Provincia per il rifacimento di una strada, quattro imputati hanno chiesto il processo con rito abbreviato e due puntano ad ottenere l’ascolto dell’imprenditore riconosciuto come parte offesa e di una terza persona in veste di testimone.

Hanno optato per l’abbreviato “secco”, vale a dire per il processo allo stato degli atti, Lucio Annis, 54 anni, di San Pietro Vernotico; Francesco Sisto, 51 anni, di Mesagne ma domiciliato a Brindisi; Salvatore Esposito, 44 anni, di San Pancrazio Salentino; Massimo Magli, 48 anni di San Pietro Vernotico, mentre Andrea Cava, 37, originario di Manduria ma residente a Erchie e Tobia Parisi 43 anni, originario di Mesagne, hanno chiesto l’abbreviato condizionato, aggiungendo l’uteriore richiesta legata all’ascolto della presunta vittima. La richiesta era stata avanzata in sede di Riesame con richiesta di attenuazione della misura e riconoscimento dei domiciliari, dopo gli arresti, ma era stata respinta dai giudici per i quali non poteva essere esclusa l’induzione della vittima a ritrattare o a sminuire la portata dei fatti.

La prima tranche degli arresti, eseguiti dagli agenti della Squadra mobile di Brindisi risale all’11 ottobre 2024, la seconda al 7 novembre.

Le indagini, coordinate dalla pm Carmen Ruggiero, sono partite dalla denuncia dell’imprenditore. Ai poliziotti ha riferito di essere stato vittima di una richiesta di denaro pari a 50mila euro, dopo quella iniziale di 200mila euro.

Annis, Parisi e Sisto sono stati già condannati per associazione di stampo mafioso, per essere stati affiliati alla Sacra Corona Unita e al clan cosiddetto dei mesagnesi (distinto da quello dei tuturanesi).

Ed è nei confronti di questi tre imputati che è stata contestata l’aggravante del metodo mafioso perché si sarebbero avvalsi “della forza intimidatoria derivante dalla loro caratura criminale”. Nel capo d’imputazione, si fa riferimento da un lato, al vincolo associativo di stampo mafioso e alla circostanza che la loro partecipazione al sodalizio fosse “nota al territorio di riferimento”, e dall’altro alla “condizione di assoggettamento” in cui versava l’imprenditore brindisino.

Nella ricostruzione dell’accusa, illustrata nel decreto che dispone il giudizio, Esposito sfruttando la conoscenza personale con l’imprenditore, sarebbe stato l’intermediario, gli altri avrebbero preso parte alla richiesta del “pizzo”. Parisi “dopo aver preso in disparte” il titolare della ditta, “gli riferiva che il lavoro sulla strada provinciale” si dovevano “mettere tutti d’accordo” perché “dobbiamo stare bene tutti quanti”, “noi e voi”.

Parisi, inoltre, avrebbe chiesto di “fare una proposta” che avrebbero valutato “con esplicito riferimento a una somma di denaro”, chiedendo anche “l’assunzione di una persona” di loro fiducia, per tutta la durata dei lavoro, “in tal modo, evitando di subire danni ai cantieri e agli automezzi” e garantendo la «protezione» dell’attività in provincia di Brindisi.

Stando alle foto e ai video realizzati dagli agenti della Mobile, anche gli altri imputati avrebbero preso parte agli appuntamenti finalizzati alla richiesta estorsiva.

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