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Brindisi, monsignor Caliandro: «Dimissioni accolte, rimango in pieno incarico finché il Papa vorrà»

 
Angelo Sconosciuto

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Angelo Sconosciuto

Monsignor Domenico Caliandro

Monsignor Domenico Caliandro

L'arcivescovo conferma tutti gli appuntamenti di qurest'anno, compresa la Settimana teologica

Domenica 16 Ottobre 2022, 16:06

La notizia è che a 75 anni i vescovi vanno in pensione. Quando subito, ipso facto? Non proprio, quando il Papa vorrà. Ergo... Non era un novità che preti scontenti, da sempre prepensionino i loro superiori gerarchici ed è accaduto anche stavolta. Anzi, di più e quindi venerdì, in occasione del ritiro mensile del clero diocesano (il primo dell’anno pastorale), quando l’arcivescovo ha detto le cose come stanno, ciascuno ha inteso sentire ciò che più era musica per le proprie orecchi. E ieri mattina in episcopio abbiamo chiesto direttamente a mons. Domenico Caliandro.

Che cosa è accaduto venerdì al ritiro del presbiterio?

«Ai preti ho detto che il 5 settembre scorso ho compiuto 75 anni; che il 2 settembre precedente sono passato dalla Nunziatura ed ho lasciato al Nunzio le lettera di dimissioni e lui mi ha risposto il 24 successivo, dicendomi di aver consegnato al Papa la mia lettera in base al canone 401, con la quale io rimettevo nelle mani del Santo Padre il mandato e nella stessa lettera è detto: “Tu continui a portare avanti la diocesi. Ti sarà detta la scelta del Papa”. A livello personale il Nunzio ha aggiunto: “Continua; porta avanti tutta l’attività pastorale della diocesi e può essere un anno, può essere di più, possono essere pochi mesi…”».

E gli impegni di quest’anno pastorale restano confermati?

«Tutti gli impegni di quest’anno restano confermati, compresa la Settimana teologica, ma anche il modo di gestire l’attività a partire dall’unificazione dell’attività pastorale della diocesi. La Diocesi non è le foranie, o le singole parrocchie che vanno per conto proprio. Si prosegue nello sforzo di portare ad unità l’attività pastorale e l’evangelizzazione della Diocesi. Essa è organizzata, da quando sono a Brindisi, dal ritmo della Settimana teologica, che è un atto formativo per i preti, per gli operatori pastorali. In essa si focalizza il tema pastorale dell’anno. Così come abbiamo fatto in tutti gli altri anni, lo stiamo facendo. Poi ci siamo trovati a braccetto con l’iniziativa del Papa sul Sinodo, perché stavamo concludendo sulla Chiesa e siamo arrivati alla partecipazione in essa, l’anno scorso, ed ora il tema dell’ascolto, di questa apertura per riorganizzare. Abbiamo dunque portato avanti l’organizzazione pastorale della diocesi, agganciandoci a ciò che il Papa chiedeva alle parrocchie.

E quest’anno chi verrà a proporre riflessioni nel corso della Settimana teologica?

«Verrà padre Luca Fallica, vicario del monastero benedettino di Dumenza, il Lombardia. Un monastero benedettino ancorato alla vita delle diocesi in cui esso insiste. Ci si interrogherà sul tema di cosa voglia dire nella Scrittura il termine “ascoltare”. Termine attraverso cui la Parola di Dio o la volontà del Signore ritorna all’interno della vita della persona, attraverso l’udito, se l’uomo l’accetta. Che poi si fa riferimento al passo dell’Apocalisse. “Io sto alla porta e busso, se uno ascolta la mia voce e mi apre la porta io entrerò da lui, siederò con lui e lui con me”. Allora questo Dio, estromesso dalla vita dell’uomo quando questi sceglie il peccato, ritorna dall’esterno e anche se lui sta dentro di noi e ci dà la vita, si mette da parte finché l’uomo non lo riaccoglie, non gli dà spazio non lo ascolta.

Il futuro è nelle mani di Dio: il futuro della chiesa brindisina? È di questi giorni la lettera aperta di un gruppo di cattolici impegnati che dice: «Un anacronismo feudale vive ancora nella chiesa italiana: l’attuale modo di nominare i vescovi»...

«Ciò che nella storia è stato fatto, è venuto fuori anche analizzando i diversi problemi che suscitava la forma delle elezioni dei vescovi. Ora, che la Chiesa ascolti e tenga presente le risposte di persone significative, scelte con criterio insieme ai sacerdoti ed ai vescovi della zona, è cosa giusta. Io parlerei di una dimensione più larga; dell’ascolto che crea una cernita fino a giungere all’identikit di una persona, che possa assumere il governo di una diocesi. Identikit, che indubbiamente risponda ai bisogni della Chiesa locale, particolare, e sia delineato. Penso che un po’ si faccia questo, bisogna allargarlo tuttavia ed esercitare un vero discernimento. Non è che, chi grida di più, ha più ragione e chi ha invece delle ragioni autentiche, che riguardano realtà oggettive della vita della Chiesa, non viene ascoltato. Non è un aspetto emotivo che dev’essere reso evidente, ma ascoltare quanti, soprattutto nella Chiesa, danno molto del loro tempo e delle loro energie. Chi ama di più, serve. E questo soggetto andrebbe più ascoltato. Chi pretende di essere cristiano, perché ha un grande pensiero ed una grande filosofia per conto proprio, dovrebbe interrogarsi sul suo servizio.

Insomma, è il servizio la categoria più importante...

«Il servizio fatto con umiltà, non come pretesto per esigere. Quest’ultimo vuol dire fare un investimento, per avere una cosa in cambio. Il servizio autentico al quale Gesù chiama è quello disinteressato, quello che fa dire: “Fatto quello che ti è stato chiesto, mettiti da parte, non avere pretese”. Noi siamo servi inutili, cioè senza pretese».

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