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Barletta non vinse da sola la Disfida, in suo aiuto il comprensorio Nord barese

 
Renato Russo

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Renato Russo

Barletta non vinse da sola la Disfida, in suo aiuto il comprensorio Nord barese

L’esercito era distribuito fra il Castello e i grandi fondachi dei palazzi padronali, come quello oggi occupato dalla Prefettura

Giovedì 07 Settembre 2023, 13:26

13:28

Generalmente si parla di Disfida di Barletta, perché Barletta era la città territorialmente centrale rispetto all’evento: era la più importante per numero di abitanti (circa trentamila) e inoltre contava un gran numero di palazzi, di chiese, di opifici, vantava un floridissimo porto che alimentava un cospicuo volume di commerci nell’Adriatico. Barletta al tempo della Sfida ospitava gran parte dell’esercito spagnolo, gli ufficiali nelle ricche case palazziate espropriate ai tranesi ospiti della città, mentre l’esercito era distribuito fra il Castello e i grandi fondachi dei palazzi padronali, come quello oggi occupato dalla Prefettura o negli ampi ricoveri dei numerosi conventi che ospitavano gli ordini monacali. Barletta aveva inoltre una importante funzione strategica in quanto era l’avamposto più avanzato a ridosso della linea dell’Ofanto e infatti, dopo la vittoria spagnola, nel 1504, diventerà sede del Governatorato per il vicereame di Puglia e Basilicata.

Ma se Barletta era la città più rappresentativa del territorio, anche le altre città circostanti furono in qualche misura coinvolte nel celebre episodio.

Per questo, anche se si chiama “Disfida di Barletta”, in realtà la sfida ebbe come scenario del suo svolgimento non solo Barletta ma anche il territorio circostante. E anche se gli avvenimenti della Disfida si svolsero in un territorio corrispondente pressappoco a quello che fu il Comprensorio del Nord Barese, e alle città ivi ubicate, tuttavia, vuoi per il lungo assedio cui fu soggetta, vuoi perché la provocazione della sfida avvenne nella sua famosa Cantina, sta di fatto che la Disfida ha finito coll’identificarsi con la nostra città senza che si possa prescindere dalle altre nove che dall’epica impresa furono coinvolte: Andria, Corato, Trani, Bisceglie, Canosa, Spinazzola, Minervino, Ruvo e Cerignola. Le città del Nord Barese furono quindi teatro di operazioni egualmente importanti e decisive. E partiamo da Andria.

In Andria si trasferirono la sera del 12 febbraio 1503 i tredici cavalieri italiani, per essere più vicini al campo del combattimento. L’indomani, 13 febbraio, al primo sorgere del sole si recarono in Cattedrale ove, nelle mani di Prospero Colonna, davanti al Sacramento, giurarono di vincere o morire. Per ricordare questo avvenimento, sul lato destro del Duomo, è ben visibile una epigrafe collocata in occasione del quarto Centenario della Disfida:

In questo tempio / il XIII DI FEB: MDIII / prima di avviarsi al campo / i tredici / duce il Fieramosca / vindici dell’onore italiano offeso / a piè dell’ara propiziatoria / stretti in un sol voto / sacramentarono / vittoria o morte

A Corato (ma le cartine dell’epoca la menzionano come Quarata) il duca di Milano Ludovico il Moro aveva trasferito la sua scuderia costituita da venti destrieri di razza, addestrati per i certami che numerosi si combattevano a quel tempo nel ducato di Lombardia. E nel timore che le truppe francesi, che avevano occupato il ducato, gli portassero via la scuderia, il duca la trasferì a Corato, dove c’era un importante maneggio, raccomandandola alla cognata, la duchessa di Bari Isabella d’Aragona, vedova del duca Gian Galeazzo Sforza. Ora, alla vigilia della sfida, i nostri cavalli che sarebbero dovuti scendere sul campo del Certame, erano ridotti a macilenti ronzini dalle scarse scorte di biada a cui aveva dato fondo la cavalleria spagnola di stanza nella città. Così Consalvo da Cordova, che della duchessa era intimo, chiese in comodato 13 di quei cavalli per affidarli ai campioni italiani che di lì a 24 ore sarebbero scesi in campo. La duchessa si affrettò a inviare i prestanti destrieri, scortati dal capitano Lamberti, che molti suppongono sia l’Anonimo Autore di Veduta di cui tanto si dice, autore della prima cronaca della Sfida.

Sotto le mura di Trani, il 20 settembre 1502, sei mesi prima della Disfida, s’era svolta una sorta di anticipazione del Certame. Infatti in quella circostanza undici Spagnoli venuti da Barletta, contro altrettanti Francesi giunti da Bisceglie, si confrontarono in una sfida finita in parità per il protrarsi dello scontro oltre il calar del sole. Ad una iniziale prevalenza delle armi spagnole, seguì una più accorta difesa di quelle francesi. Il combattimento si protrasse per cinque estenuanti ore nel corso delle quali si distinsero, per i Francesi monsieur de Bayard e per gli Spagnoli don Diego Garcia de Paredes.

La disfida si protrasse per tutto il pomeriggio, fino alle prime ombre della sera quando la sfida fu dichiarata in parità in quanto erano caduti cinque cavalieri per parte, quattro spagnoli dei quali disarcionati dal Baiardo, di cui diremo fra poco.

La città di Bisceglie non fu particolarmente coinvolta nell’epopea della sfida, ma sappiamo per certo della presenza di milizie francesi a Bisceglie, perché le cronache del tempo riferiscono che fu da quella città che partirono gli undici cavalieri che a metà gennaio del 1502 si recarono a Trani per la sfida contro altrettanti spagnoli di cui abbiamo detto poc’anzi.

A Canosa era di stanza il centro operativo delle milizie francesi, il grosso di quell’esercito comandato dal viceré di Francia Luigi d’Armagnac duca di Nemours che aveva sotto il suo controllo militare l’intera regione. E inoltre, nella ricostruzione degli antefatti, fu la città dalla quale partì l’episodio della Disfida. Infatti all’alba del 15 gennaio del 1503 i capitani Diego de Mendoza e Nunno de Matta, al comando di 300 cavalieri, diretti a Lavello, attaccarono la retroguardia dell’esercito francese in marcia verso Canosa, guidata dal capitano Guy de La Motte.

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