TRANI - Decrescita demografica e impoverimento economico, sociale e culturale, ma anche rilancio del Sud e nuove chiavi per interpretare presente e futuro: ieri mattina al castello Svevo con le dirette «Tutta la città ne parla» e «Zazà» il confronto a più voci sul rischio spopolamento nel Sud Italia, e non solo.
L’appuntamento evento con «Trani in onda» nell’ambito della Festa di Rai Radio 3, col direttore Andrea Montanari, nelle vesti di padrone di casa, fonde riflessioni e intrattenimento sugli squilibri di un meridione sempre più messo ai margini da una visione politica incapace di leggere e intercettare trend e mutamenti. A partire da significato ed effetti dello spopolamento del Sud e dell’Italia. «Tutte le province italiane sono scese alla grande in termini di natalità, ma in particolare quelle del Mezzogiorno, che adesso conta 20 milioni di abitanti ma in prospettiva perderà 4-5 milioni di persone nell’arco di qualche decennio», afferma il presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo.
«ll Sud si è allineato anzi ha superato l'evoluzione del Paese perché quel modesto contributo dell’immigrazione - quella radicata di tipo familiare, non gli sbarchi - è sostanzialmente al Nord. Gli immigrati ovvero 5,2 milioni residenti in Italia (con altri 1,6 milioni diventati italiani) sono importanti come presenza ma sono presenti nel centro Nord», aggiunge, richiamando la necessità di riuscire a interpretare i cambiamenti della società, pur essendo «vincolati da meccanismi vecchi: i giovani non fanno figli perché sono più a lungo giovani». «La popolazione invecchia e bisogna adeguarsi ai cambiamenti e alle domande che pone e chi deve dare risposte deve capire la popolazione».
«La cosa incomprensibile in questo processo di bassa natalità è pensare che il nostro nemico pubblico numero uno, secondo alcune forze politiche, sarebbero i flussi migratori», sostiene il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, in collegamento telefonico. « Il problema demografico non lo si risolve solo con un maggior numero di nascite ma, come hanno fatto Paesi importanti e progrediti, favorendo i flussi migratori. Lo dico anche in maniera un po’ cinica, anche andando a scegliere il tipo di persone che riteniamo di poter inserire più facilmente nella nostra comunità», dice ancora.
Spopolamento significa anche fuga di cervelli, ma anche semplicemente ricerca di migliori condizioni lavorative e di vita. «Trattenere quei 40mila laureati che ogni anno se ne vanno dal Sud, forse, dovrebbe essere il target centrale delle politiche di sviluppo perché, ognuno di quelli, è un pezzo di Pil che se ne va», sostiene il direttore generale di Svimez, Luca Bianchi, non senza evidenziare «un paradosso». «L'occupazione si sta riprendendo, anche al Sud, ma i giovani laureati e qualificati continuano ad andarsene: su questo dovremmo interrogarci».
«Il tema lavoro è centrale ma c'è un tema di opportunità. I giovani che fanno pochi figli al Sud se ne vanno molto probabilmente perché meno del 20% dei bambini di età compresa tra 0 e 3 anni ha un asilo nido, perché solo un terzo delle scuole elementari ha il tempo pieno. La disponibilità di servizi è fondamentale nella scelta di fare figli e restare».
Servizi e opportunità decisivi anche nel campo della formazione. «Formiamo ragazzi validi che vanno via al Nord o in Europa», dice Angela Bergantino, ordinario di Economia delle infrastrutture e dei trasporti e di Economia e Politica dell’Università di Bari, sollevando il tema della necessità di investire sui servizi «anche prima del percorso di laurea». «Quasi il 35% dei laureati viene dal Mezzogiorno, ma solo il 29% su laurea al Sud. È un gap che si sta allargando e rappresenta un problema perché non c’è una circolazione dei cervelli. L’ecosistema composto da università, enti pubblici, imprese e disponibilità dei servizi, dovrebbe essere uguale per tutti gli studenti».
Onofrio Romano, associato di Sociologia generale dell’Università Roma tre boccia l’analisi di sviluppo degli ultimi 40 anni fondata sul modello neoliberale. «I dati demografici ci dicono che il Sud è immobile, anzi va peggio. Il modello che Franco Cassano chiamava il localismo virtuoso è del tutto fallimentare. Il problema della classe dirigente del Sud è il blocco dell’immaginario, riuscire ad avere una visione differente da quanto ci viene propinato da 40 anni».
«Crisi della classe dirigente che corrisponde al declino del sud del Paese nell’agenda pubblica, in termini di politica, settore industriale, imprese - afferma il direttore della Gazzetta, Oscar Iarussi -. Non porsi il problema di quella che un tempo era chiamata questione meridionale, significa non essere all’altezza della situazione». La vicepresidente della Commissione Ue, Dubravka Šuica, ha poi annunciato il piano «All age guaranteed» rivolto anche agli anziani ben sapendo che l’Italia in particolare è il Paese europeo che invecchia più velocemente».
Infine, Rosanna Gaeta, direttrice dei «Dialoghi di Trani», ha presentato l’edizione 2023.