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Intasca 200mila euro dall’assicurazione: avvocato di Barletta alla sbarra

 
Monica Arcadio

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Monica Arcadio

Intasca 200mila euro dall’assicurazione: avvocato di Barletta alla sbarra

La vittima, figlio di un uomo investito nel 2014: «Era un amico prima che un legale, mi fidavo di lui»

Martedì 09 Maggio 2023, 13:06

BARLETTA - Duecentomila euro e la truffa al suo cliente e amico. Tanto sarebbero valse la morte di un uomo e il dolore della sua famiglia per un avvocato del foro di Trani.

E nel mezzo anche un legame di amicizia tra lui e il suo assistito - o almeno cosí pensava quest’ultimo - che andava oltre il semplice rapporto professionale. Un rapporto di profonda fiducia che sarebbe stato tradito quando il professionista barlettano Raffaele Dibello avrebbe intascato illecitamente 200mila euro. Quella la somma pattuita come risarcimento per i familiari di un uomo deceduto dopo un incidente stradale.

Oggi, 9 maggio, comincerá per l’avvocato il processo dinanzi al giudice monocratico di Trani, dottoressa Giada Azadi, per aver intascato illecitamente il denaro, raggirando i suoi clienti.

Tutto ha inizio nel 2016 quando la famiglia Capacchione decide di cambiare avvocato e di farsi assistere da Dibello per opporsi all’archiviazione del procedimento giudiziario in cui era imputata la donna che aveva investito, provocandone la morte – nel 2014 – del suo congiunto. Il professionista, forte del suo rapporto di amicizia con uno dei figli della vittima, Roberto Capacchione, chiede e ottiene anche la «procura speciale» per l’incasso delle eventuali somme di risarcimento da versare direttamente su un conto corrente a lui intestato.

Tra il 2016 e il 2019, l’uomo ripetutamente chiede conto dell’andamento del procedimento, ma senza alcun esito. Sempre risposte vaghe a cui inizialmente lui non dà peso, affidandosi a quell’amicizia. Poi comincia a notare uno strano distacco, sospetto, ed è in quel momento che decide di andare a fondo e scopre che, in realtá, l’avvocato lo ha ingannato e che il denaro è arrivato da un pezzo. Dibello, infatti, giá sei giorni dopo aver ottenuto quella procura, aveva concordato con la compagnia assicurativa la somma di 200mila euro a titolo di risarcimento, versati direttamente sul suo conto corrente. Anche il processo a carico della donna responsabile dell’incidente in cui era morto il padre era stato chiuso con l’assoluzione e senza che la famiglia ne fosse a conoscenza.

Cosí scatta la denuncia le indagini, gli accertamenti che portano a svelare la truffa e l’inganno.

L’avvocato Dibello, che poi ammetterá le sue responsabilitá, viene interdetto per un anno dalla professione fino ad arrivare a oggi, al processo che si celebrerá il 9 maggio prossimo. Il signor Capacchione, costituitosi parte civile nel procedimento penale, assistito dall’avvocato Felice Petruzzella, chiede giustizia. Chiede che giustizia per lui, per la sua famiglia, per quel padre che non c’è piú e la cui morte è stata svenduta in quel modo.

«MI FIDAVO DI LUI»: PARLA LA VITTIMA, FIGLIO DI UN UOMO INVESTITO NEL 2014

«Un amico fraterno. Cosí mi definiva lui. Cosí mi definiva e poi mi ha ingannato», si sfoga Roberto Capacchione, l’uomo che – insieme alla sua famiglia – si era affidato all’avvocato Raffaele Dibello per le cause penale e civile derivate dalla morte del padre, investito nel 2014.

«Lo consideravo davvero un caro amico e, per questo motivo, mi ero affidato completamente a lui e aveva convinto anche le mie sorelle e mia mamma a farlo. È passato qualche anno, ma ancora non me ne faccio una ragione. Ancora non riesco a crederci», Roberto parla con la Gazzetta e racconta. Racconta di come, dopo qualche anno che lui e la sua famiglia non avevano notizie di quel procedimento penale e civile, ha cominciato a nutrire dei sospetti nei confronti di colui che reputava suo amico. Racconta di come ha cominciato a notare una strana freddezza e di come ha cominciato a fare le sue indagini personali, chiamando dapprima la compagnia assicurativa e poi registrando una conversazione in cui il professionista barlettano continua a mentirgli.

«Mi sono sentito tradito e ingannato. Avrei dovuto capire prima quello che stava accadendo. Non avrei mai immaginato che un amico sarebbe arrivato a farmi questo. Quel tradimento ha provocato delle forti ripercussioni a livello emotivo, psicologico, personale. Solo oggi mi sto lentamente riprendendo», dice Roberto amareggiato e deluso.

«Perché quest’uomo continua ancora ad esercitare ancora la professione? Vorrei che l’ordine degli avvocati prenda posizione, si faccia sentire. Voglio giustizia. Voglio giustizia per me e per la mia famiglia. Per mio padre la cui morte è stata svenduta in questo modo. Voglio giustizia – conclude Roberto Capacchione - per il tradimento da colui che consideravo un amico e nelle cui mani avevo messo ció che di piú caro avevo».

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