CANOSA - La Dda di Bari ha aperto un’inchiesta su un quinto caso di lupara bianca. I magistrati stanno indagando sulla scomparsa di Sabino Selvarolo, 41enne di Canosa del quale non si hanno più notizie dal 27 agosto 2021. Ora ci sono degli indagati. Almeno due. Le indiscrezioni sono ancora frammentarie, perché le indagini, condotte dagli agenti del locale commissariato, procedono nel più assoluto riserbo, vista la delicatezza della vicenda. Il pubblico ministero Luciana Silvestris ha aperto un fascicolo con l’accusa di omicidio volontario, a cui si affianca quella di associazione a delinquere di stampo mafioso. Ipotesi di reato in relazione alle quali, però, non sono ancora state formalizzate delle vere e proprie contestazioni. Probabilmente perché gli investigatori stanno ancora cercando di mettere insieme i pezzi di un mosaico molto ma molto complesso.
La notizia è emersa a margine dell’udienza dei giorni scorsi in Corte d’Assise sugli altri quattro casi di lupara bianca, che vedono a processo sei imputati. In realtà, la procura era stata costretta a scoprire - anche se parzialmente - le sue carte la scorsa estate, quando si è reso necessario procedere ad un accertamento tecnico irripetibile, in vista del quale devono essere necessariamente informate le persone coinvolte nelle indagini. Il conferimento si è svolto a Bari, alla presenza del difensore dei due indagati, l’avvocato Sabino Di Sibio, ed al personale della polizia scientifica. Gli esperti dovranno esaminare un’autovettura, una station wagon, a bordo della quale Selvarolo sarebbe stato visto poco prima della sua scomparsa, in compagnia di uno dei due indagati. L’auto in questione, attualmente sotto sequestro e sulla quale sono ancora in corso gli accertamenti, sarebbe di proprietà di un’altra persona che però è totalmente estranea all’inchiesta.
Gli esperti dovranno scoprire se sul mezzo ci siano tracce del 41enne scomparso: capelli, tracce ematiche o qualunque elemento che possa costituire un indizio in merito alla circostanza che Sabino Selvarolo sia effettivamente entrato in quell’auto. Intanto il processo davanti alla Corte d’Assise di Trani per gli altri quattro casi di lupara bianca va avanti. Sul banco degli imputati ci sono Sabino Carbone di 40 anni, Daniele Boccuto di 31 anni, Cosimo Damiano Campanella di 82 anni e il nipote omonimo di 39 anni, Pasquale Boccuto, di 42. e Cosimo Zagaria di 38 anni.
Quest’ultimo, stando a quanto riferito in aula dal difensore d’ufficio, avrebbe ingerito due lamette mentre si trovava in carcere. Il medico del penitenziario si sarebbe già espresso in merito ad una sopravvenuta patologia psichiatrica. Circostanza che ha indotto il legale a chiedere un termine a difesa ed eventualmente sollecitare un accertamento tecnico da parte della Corte per verificare la capacità di stare in giudizio dell’imputato. L’udienza è stata poi aggiornata al prossimo 25 novembre, quando saranno sentiti tre testimoni e due poliziotti.
Hanno scelto il rito abbreviato, che verrà celebrato a febbraio, Marco Di Gennaro di 30 anni, Claudio Pellegrino di 33. Questi ultimi, però, non sono coinvolti in nessun modo negli omicidi: le accuse contestate nei loro confronti sono soltanto quelle di associazione per delinquere e porto abusivo d’arma da fuoco. Il processo riguarda l’omicidio di Sabino D’Ambra, ucciso nel gennaio 2010 all’età di 34 anni perchè ritenuto confidente della polizia; quello di Giuseppe Vassalli, ucciso nell’agosto 2015 sia per aver intrattenuto una relazione con la fidanzata di Zagaria che per essersi messo in proprio con l’attività di spaccio. Infine quelli di Alessandro Sorrenti, 26 anni, e Sabino Sasso, 21, scomparsi a dicembre del 2003 perché «volevano comandare sui traffici illeciti».