ANDRIA - In cinque finiscono sotto processo per il crollo della palazzina in via Pisani ad Andria, avvenuto il 17 ottobre 2019. Ieri mattina il gup del Tribunale di Trani Domenico Zeno ha disposto il rinvio a giudizio per il costruttore Giuseppe Sinisi, 70 anni, i progettisti nonché direttori dei lavori Francesco e Nicola Pirrotti, rispettivamente di 73 e 40 anni, Antonio Quacquarelli, 52 anni, collaudatore in corso d’opera, e Vincenzo D’Ercole, 41 anni, coordinatore della sicurezza in fase di progettazione e redattore del Piano Sicurezza e Coordinamento e del Piano di Demolizione.
L’accusa ipotizzata nei loro confronti dal sostituto procuratore Giovanni Lucio Vaira è quella di crollo colposo. In un primo momento erano state iscritte otto persone nel registro degli indagati, ma nel corso degli accertamenti tre posizioni sono state archiviate. Nello specifico, il crollo - senza che fortunatamente si siano registrate vittime - aveva causato il parziale cedimento di una palazzina ubicata ai civici 25 e 27 di via Pisani: parliamo di edifici piuttosto vecchi, che erano stati costruiti addossati l’uno a l’altro. Un vigile del fuoco rimase lievemente ferito.
La palazzina venne giù appena un paio di giorni dopo che un edificio adiacente fu demolito per essere ricostruito. Ed è proprio sull’esecuzione degli interventi che si sono concentrate le attenzioni degli investigatori. In particolare, nel capo di imputazione si fa riferimento alla « realizzazione imprudente di uno scavo adiacente alla palazzina crollata, senza l’accorgimento di procedere per settori o con l’inserimento preliminare di adeguate opere di sostegno, il che pregiudicava irreparabilmente l’equilibrio della struttura , crollata in conseguenza diretta di carenze e superficialità formali e sostanziali sin dalla fase di progettazione dei lavori».
Agli imputati si contesta anche una «lacunosa conoscenza dello stato dei luoghi, con derivata errata progettazione delle operazioni di scavo, nonostante fossero note le caratteristiche del terreno attraverso la relazione geologica e nonostante il contesto altamente rischioso, in quanto composto da edifici vetusti e addossati l’uno all’altro». Secondo gli inquirenti, se i progettisti avessero attuato le accortezze previste nella relazione il crollo si sarebbe potuto evitare. In particolare gli ingegneri Pirronti si sarebbero discostati da quanto contenuto nell’elaborato del dottor Losito, che aveva impartito «precise raccomandazioni esecutive in ordine alle modalità di esecuzione dello scavo». In sintesi, avrebbero dovuto fermare i lavori dopo aver osservato nel cantiere lo stato precario della sottofondazione.
«Erano infatti macroscopicamente rilevabili - si legge nel capo di imputazione - e avrebbero dovuto essere rilevate da tutti i responsabili, manifeste inadeguatezze degli elaborati progettuali, che innanzitutto affrontavano in modo estremamente superficiale il problema dell’interazione fra i fabbricati esistenti e quelli confinanti, addirittura senza neppure una accurata descrizione dei luoghi». Nello specifico, si fa riferimento al fatto che la palazzina da demolire veniva descritta come composta soltanto da due piani, mentre invece era costituita anche da un piano interrato.
«Il tutto - scrive ancora il pubblico ministero - con grave pericolo per la pubblica incolumità, sia con riferimento agli occupanti della palazzina crollata sia con riguardo a chi avrebbe potuto essere colpito dalla copiosa massa di detriti del crollo, caduti in parte sull’area di cantiere, dove in quel momento non c’erano lavoratori, sia sul marciapiede antistante la palazzina crollata». Infine, i piani di sicurezza e di coordinamento vengono definiti inadeguati, «poco attagliati alla realtà dei luoghi ed elaborati senza tener conto delle scelte progettuali». Il processo si aprirà per tutti il prossimo primo marzo davanti al giudice del Tribunale monocratico di Trani. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Giangregorio De Pascalis, Francesco Montingelli, Vincenzo Scianandrone, e Aldo Balducci; le parti civili, fra cui non compare il comune di Andria, dagli avvocati Giuseppe Piccolo e Pasquale D’Ambrosio.