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Trani, offese sui social per sindaco ed ex Au Amiu: il giudice ordina la rimozione dei post

 
Redazione online

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C’era una volta il piazzista da piazza. Ora è social

Il giudice ha disposto anche la cessazione di tutte le pubblicazioni a contenuto ingiurioso e diffamatorio nei confronti di entrambi sulla piattaforma Facebook o altri social network

Martedì 23 Agosto 2022, 19:58

24 Agosto 2022, 11:00

TRANI - Il giudice del Tribunale di Trani, Sandra Moselli, ha ordinato a Francesco Nugnes, dipendente di Amiu Spa, la rimozione dei post e commenti oggetto di un ricorso proposto dal sindaco, Amedeo Bottaro, e dall'Amministratore unico uscente di Amiu, Gaetano Nacci. Inoltre, la cessazione di tutte le pubblicazioni a contenuto ingiurioso e diffamatorio nei confronti di entrambi sulla piattaforma Facebook o altri social network.

A tale scopo ha fissato in cinque giorni dalla comunicazione del provvedimento il tempo per l'eliminazione dei post indicati, nonché fissato in 100 euro la somma di denaro dovuta dall'obbligato in caso di violazione o inosservanza di quanto ordinato dall'autorità giudiziaria per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione del provvedimento.
Bottaro e Nacci, difesi dall'avvocato Isabella Tritta, avevano proposto un ricorso ex articolo 700 del Codice di procedura civile per ottenere l'ordine di rimozione dei messaggi diffamatori ad essi rivolti e pubblicati da Nugnes su un gruppo Facebook aperto e pubblico. A sostegno della domanda i ricorrenti avevano dedotto la sussistenza dei presupposti del fumus boni iuris del periculum in mora per la concessione del provvedimento di urgenza.

Nugnes, che ha resistito in giudizio difeso dall'avvocato Giovanni Loconte, ha invece eccepito il difetto di legittimazione di Nacci, che oggi non è più legale rappresentante di Amiu e, nel merito, la liceità della propria condotta in quanto manifestazione del legittimo esercizio dei diritti costituzionalmente garantiti di cronaca e critica nel provvedimento.
Nel provvedimento il giudice dà atto del fatto che i post indicati dalla parte ricorrente «presentano un intento offensivo e denigratorio della persona che travalica il limite della continenza, utilizzando frasi allusive, insinuazioni e offese alla persona a fronte di sospetti e dubbi esposti come verità, esorbitanti i limiti di una lecita contestazione politica».

A detta del Tribunale, l'autore degli stessi post non può neanche invocare, per giustificare le sue espressioni colorite, immagini satiriche, «poiché il diritto di satira ricorre solo se il fatto o il giudizio è espresso in modo apertamente difforme della realtà, sì che se ne possa apprezzare subito la inverosimiglianza ed i caratteri iperbolico. Nella fattispecie, invece, gli appellativi si presentano come la manifestazione di un giudizio diretto ed inequivoco di riprovazione morale attraverso accostamenti idonei a denigrare apertamente la persona cui sono diretti».

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