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Il braccio di ferro
Nico Aurora
10 Settembre 2019
TRANI - Il braccio di ferro lavorativo e sindacale è ufficialmente partito, con tutti i disagi già determinati dal blocco di otto ore attuato, dall’alba di ieri, da tutti i lavoratori della Piramide commerciale italiana Spa, piattaforma logistica del Gruppo Megamark, che la grande azienda tranese della distribuzione intende esternalizzare.
Alla Piramide lavorano 100 persone, di cui però 46 sono state interessate lo scorso 3 settembre da una lettera di licenziamento dopo che l’azienda, il 21 agosto, aveva comunicato l’avvio della procedura per riduzione del personale ai sensi di legge.
«Inizialmente aveva chiesto loro di dimettersi - fa sapere il segretario provinciale della Filcams Cgil, Antonio Miccoli - per essere presi in carico dal soggetto terzo cui è stato affidato in appalto il servizio. Poi, a fronte del rifiuto dei sindacati e dei lavoratori di rassegnare le dimissioni, è arrivata la decisione di licenziarli indicando espressamente nomi e cognomi dei 46 lavoratori destinati a tornare a casa e creando, così, turbamento e divisioni fra gli stessi».
Divisioni che sul campo, però, non si sono viste poiché, sempre secondo quanto riferisce il segretario della Filcams, «allo sciopero hanno aderito tutti, compresi i lavoratori non interessati dal licenziamento. Tanto che oggi (ieri, ndr) nella sede della piattaforma logistica è entrato soltanto il direttore, ma nessuno dei lavoratori, mostratisi compatti e solidali fra loro».
I disagi si sono presto manifestati nella misura in cui 50 camion sono rimasti bloccati ai margini dell’area interessata, di cui 30 che avrebbero dovuto scaricare merce e 20 che avrebbero dovuto caricarla.
I sindacati, peraltro, non accettano il fatto che lavoratori di età media di 55 anni - ancora troppo giovani per andare in pensione ma già troppo vecchi, lavorativamente parlando, per trovare un’altra occupazione, escano improvvisamente di scena per una scelta imprenditoriale che Miccoli definisce «inspiegabile. La Megamark è tutt’altro che un’azienda in crisi, e probabilmente tale scelta viaggia nella direzione di produrre ulteriori utili. Ma quello che fa specie è che se da una parte l’azienda, attraverso la sua fondazione, si proclami nei fatti vicina al sociale ed alla diffusione della cultura, dall’altra ricorra a mezzi socialmente e culturalmente censurabili».
I 46 lavoratori sono prevalentemente di Trani, Bisceglie e Molfetta: dunque, la protesta in atto investe numerose famiglie della Provincia di Barletta-Andria-Trani e rischia di amplificarsi in maniera precisa ed imprevedibile.
I sindacati hanno proclamato altre otto ore di sciopero in data ancora da destinarsi e, nel frattempo, fanno sapere che l’azienda non ha ancora formalmente risposto alle loro sollecitazioni e, pertanto, non è stato tuttora convocato alcun tavolo per discutere nel merito della delicata questione: «Se c’è un problema di produttività, il sindacato non si tira indietro - afferma Miccoli - e siamo pronti a discuterne, ma è troppo comodo scegliere la strada dei licenziamenti».
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