Sabato 06 Settembre 2025 | 16:01

Bari, guerra tra clan o vendetta: così è morto Lello Capriati

 
Isabella Maselli

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Isabella Maselli

Bari, guerra tra clan o vendetta così è morto Lello Capriati

Le ipotesi: contrasti con gli Strisciuglio o l’epilogo di una lite tra giovani in cui è intervenuto il nipote del boss. Sparita la macchina della vittima

Mercoledì 03 Aprile 2024, 06:00

07:10

BARI - Quella tra i clan baresi Strisciuglio e Capriati è una guerra di mafia che va avanti da decenni. Una guerra che ha lasciato scie di sangue, anche innocenti, terrorizzando Bari vecchia e l’intera città. E che oggi potrebbe vivere una nuova fase di violenza e terrore. Che dietro l’omicidio di Raffaele «Lello» Capriati, figlio di Sabino e nipote del capo clan Tonino, ci sia la guerra di mala per la gestione dei traffici illeciti e per il controllo del territorio tra i due gruppi criminali storicamente rivali, è al momento la pista su cui sono al lavoro gli investigatori della Squadra Mobile di Bari, coordinati dalla Dda. Le indagini, però, non escludono altre ipotesi. Per esempio quella del regolamento di conti per vicende che con gli affari del clan potrebbero avere poco a che fare. Il contesto, su questo ci sono pochi dubbi, è quello della criminalità organizzata. Il movente, però, è ancora da ricostruire. Intanto gli investigatori agli ordini del primo dirigente Filippo Portoghese sono al lavoro per definire l’esatta dinamica dell’agguato. A partire dal luogo del delitto, dall’orario e dalla presenza di una super-testimone che potrebbero aver assistito all’omicidio.

Lello Capriati, 41 anni, pluripregiudicato, aveva trascorso in cella 17 anni, fino ad agosto 2022, per l’omicidio di Michele Fazio (il 15enne vittima innocente di mafia, ucciso per errore durante una sparatoria nei vicoli di Bari Vecchia a luglio 2001) e per associazione mafiosa. All’epoca aveva poco più di 18 anni. Quando 18 mesi fa ha lasciato il carcere, nei suoi confronti è stato applicato il regime della sorveglianza speciale: obbligo di dimora nel territorio di Bari e ritirata alle 22. Non aveva procedimenti pendenti noti, ma è probabile che avesse preso in mano le redini del clan, dopo la morte del fratello Domenico (ucciso in un agguato mafioso a Japigia a novembre 2018) e la carcerazione dell’altro fratello Filippo.

Il lunedì di Pasquetta si trovava a Torre a Mare, quartiere sulla estrema costa sud del capoluogo, ritenuto parte del «regno» del clan Parisi-Palermiti, alleato dei Capriati. Ucciso, quindi, quasi «in casa», certamente in un luogo «amico». Dettaglio che potrebbe significare qualcosa o potrebbe essere una coincidenza. Era in compagnia di una donna, di rientro a casa poco prima delle 22, quando i sicari hanno affiancato l’auto a bordo della quale viaggiava sul sedile passeggero e hanno esploso quattro colpi da una pistola automatica calibro 9x21 che lo hanno colpito uno ad una spalla e tre alla testa.

Di questa donna misteriosa e dell’auto si è persa ogni traccia per ore. Il 41enne è stato soccorso in fin di vita, davanti al portone di una palazzina in via Bari, dal personale sanitario del 118 che, quando è arrivato sul posto - forse allertato da un residente che aveva sentito gli spari o forse proprio dalla donna che era in compagnia della vittima - l’auto era ancora lì e Capriati, morente, sul sedile insanguinato. La corsa in ospedale, al Policlinico, è stata vana: lì è morto poco dopo.

Quando qualche minuto dopo i poliziotti sono arrivati sul luogo del delitto, della macchina non c’era più traccia. Sull’asfalto sono stati trovati quattro bossoli, corrispondenti ai proiettili estratti dal corpo della vittima, e i vetri del finestrino andato in frantumi. Ventiquattr’ore dopo gli investigatori hanno individuato l’auto e anche da lì potrebbero arrivare risposte.

In ospedale, nel frattempo, decine di famigliari si sono riversati in corsia, dando vita a non pochi momenti di tensione. La moglie Maria e i figli Sabino e Christian sono stati convocati e sentiti in Questura e, come loro, altri famigliari e conoscenti. La notte e tutta la giornata di ieri sono andate avanti tra perquisizioni e controlli. Dalle telecamere di videosorveglianza presenti poco più avanti sulla strada dove Capriati è stato ucciso, gli investigatori sperano di riuscire a estrapolare immagini che aiutino a identificare i mezzi e quindi i volti dei protagonisti dell’agguato. Una possibile ricostruzione è che i sicari stessero seguendo il 41enne, in sella a una moto, e che abbiano approfittato del luogo più sicuro (senza telecamere dirette, mediamente buio e in quel momento meno trafficato) per fare fuoco.

Gli uomini della Questura non si sono fermati un minuto. Coordinati dal procuratore aggiunto, coordinatore della Dda, Francesco Giannella, hanno passato al setaccio l’intera città. Ieri pomeriggio, per esempio, i controlli degli agenti delle Volanti si sono concentrati sul quartiere Carbonara, dove ha il quartier generale una delle ramificazioni del clan Strisciuglio. E non è escluso che il delitto sia collegato, potrebbe esserne addirittura la risposta, alla sparatoria di qualche giorno fa avvenuta proprio a Carbonara, quando due giovani incensurati poco più che ventenni sono stati feriti a colpi di arma da fuoco nella piazza principale.

E neppure è escluso che all’origine dell’agguato in cui è morto Lello Capriati ci siano recenti episodi che hanno avuto per protagonisti rampolli di famiglie mafiose, litigi tra giovanissimi (anche uno in una discoteca). Una situazione di tensione, culminata nell’omicidio di un pezzo da novanta della mafia barese, che ha convinto il prefetto a convocare per domani il Comitato per l’ordine e la sicurezza.

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