Bari ha due moschee; la più antica è non molto lontano dal Conservatorio «Niccolò Piccinni», la seconda è in via Garruba, molto vicina all’ingresso principale della ex manifattura Tabacchi. Chi si trova a passare da quelle parti, il venerdì attorno a mezzogiorno, vedrà centinaia di musulmani che si recano nel luogo sacro per recitare le preghiere pubbliche, come i cattolici fanno la domenica. È toccante accorgersi che in una città intrisa di cristianità, per la presenza di San Nicola, abbia spazio un altro buon Dio che nel Corano si autodefinisce «Allah», il quale purifica le anime dei suoi seguaci, chiamati islamici o musulmani.
La moschea è il luogo di riunione dei fedeli, il rifugio spirituale dove si prega, si medita, si scambiano pensieri e buone azioni. È meglio tenere sempre a mente queste nozioni elementari di religione, per evitare supposizioni infondate sulla reputazione di migliaia di concittadini venuti dal mondo islamico che imparano a vivere in pace e onestamente, studiando e rispettando le regole del loro libro sacro, il Corano.
La Moschea «Al ummah» di via Garruba è un’associazione culturale fondata e aperta nell’ottobre 2022. L’imam Abedin Mohammad Jainul (classe 1989) è arrivato in Italia nel 2012; a Bari, frequentando un corso della scuola «Melo», ha imparato un principio di italiano con il quale ci sollecita a conoscer meglio la sua comunità.
«Imam, cos’è l’iman?», Chiediamo, per non sprofondare nel baratro di ignoranza nel quale precipita chi fa finta di sapere. «È un fratello che conosce meglio i sacri testi del Corano e può insegnarlo ad altri; inoltre è lui che guida la nostra preghiera obbligatoria, per 5 volte al giorno (a via Garruba si prega alle 5,15; 1,30; 5,45; 7,39; 9,30)».
Al Ummah che significa?
«Universale, per tutti i musulmani senza distinzioni».
Fuori ho visto una ragazza con il chador. Le donne non pregano?
«Le donne dell’Islam non pregano insieme agli uomini, hanno uno spazio loro riservato. In questa moschea lo costruiremo presto; per adesso stanno in disparte, ma non lontane dal nostro Signore».
Il simpaticissimo Imam (che parla 5 lingue) compie la recitazione liturgica in arabo puro (la lingua che il profeta Maometto usò per la dettatura del Corano) e concede le spiegazioni in lingua Urdu. È di una ammirevole bravura. Gli islamici hanno un loro calendario composto di mesi lunari. Il mese del famoso digiuno (Ramadan) è il nono.
Il 20 aprile 2023 è stato l’ultimo giorno del Ramadan. Noi ci siamo presentati il 21 aprile (per gli islamici è stato il primo giorno del decimo mese) quando si fa la festa della rottura del digiuno. La moschea era imbellettata all’esterno da palloncini multicolori. Ogni tanto ne scoppiava uno. Dentro, ci siamo tolti le scarpe e abbiamo assistito ad un affascinante rituale religioso. In piedi o inginocchiati di fronte al mihrab, la nicchia per prostrarsi verso La Mecca, decine di uomini arabi, neri, asiatici ecc. chiedevano clemenza al loro Dio.
I ritardatari sono rimasti fuori perché nella piccola moschea di via Garruba «chi prima arriva meglio alloggia» su quel tappeto morbido dove si scava nella propria anima per ottenere l’intuizione dell’Assoluto. La moschea è un posto stupefacente, evolutivo nel quale sono annullate le distanze umane e divine, dove è escluso ogni sentimento di superiorità, dove le buone parole dell’iman riescono a mitigare la solitudine, il dolore, le paure, l’ignoranza. E Bari, ospitandone due, conferma la tolleranza e la pietas concreta verso chi ama un Dio diverso da Gesù.
«La questura di Bari ci dà sempre un grande aiuto, è giusto che tutti lo sappiano. Stamattina è venuto a trovarci il poliziotto V. sempre disponibile a farsi raggiungere per risolvere problemi. Ma stamattina è stata speciale, perché un discepolo di Cristo, un prete cattolico, è venuto a complimentarsi con me», racconta l’imam Abedin Mohammad Jainul che con un sorriso mistico sigilla la fine della conversazione giornalistica. Nel suo spazio decentrato ci ha insegnato come si risolve la voglia di vicinanza a Dio, al suo Dio.