BARI - L’ossessione per le tasse del governo giallo-rosso, la nuova ideologia ecologista con sfumature totalitarie, il futuro delle opposizioni di destra e la sfida per dare regole condivise alle infrastrutture digitali: Marco Gervasoni, storico dell’Università del Molise ed editorialista de Il Giornale, ieri a Bari per presentare il suo ultimo saggio (La rivoluzione sovranista edito da Giubilei Regnani) nella Fondazione Tatarella, offre una lettura politicamente scorretta dei temi di maggiore attualità politica.
Professor Gervasoni, perché nell’impianto della nuova Finanziaria risaltano soprattutto le tasse?
«È l’ideologia dei principali partiti di questo governo, Pd e 5Stelle. I dem hanno una antica fascinazione per le tasse risalente all’Ulivo. Il Fatto quotidiano ha pubblicato un discorso del 1982 di Giorgio Napolitano in favore delle manette agli eversori. Per loro, come disse Padoa-Schioppa, le tasse sono bellissime».
E i Cinquestelle?
«In origine i pentastellati avevano posizioni sovraniste, erano anti-fisco, soprattutto nell’era Casaleggio. Poi nel governo giallo-verde non erano contrari alla flat tax, ma avevano posto un sacco di paletti. Ora sono diventati favorevoli al partito delle tasse, perché hanno una forte carica giustizialista: non si tassa per recuperare risorse, si tassa perché è bello mandare in galera le persone. Pur osteggiando con Di Maio i pos obbligatori, il M5S si caratterizza per una violenza fiscale al limite del grottesco. In più c’è l’elemento ecologista declinato in chiave fiscale».
L’ideologia verde è una sorta di nuovo pensiero unico?
«Il Pd, erede del Pci, aveva una vocazione “sviluppista”, ora accantonata. Il M5S è da sempre ecologista, contro le grandi opere. Ora propone tasse green, tasse sulla plastica, tasse come punizione…».
La Thunberg è ormai nel pantheon della sinistra.
«Dimostra l‘o stato di ’encefalogramma piatto della cultura progressista. Ai tempi di Berlinguer non si sarebbe mai fatta una cosa del genere. La sinistra è ormaiconformismo».
Nell’opposizione si consolida il blocco sociale che guarda a Lega e Fdi.
«In Piazza San Giovanni a Roma c’era il ceto medio spappolato dalla crisi del 2007-2008. Quella di Salvini e Meloni è una destra nuova, rispetto al passato: la rappresentanza dei ceti operai e dei lavoratori è passata ai sovranisti. Questa area ha conservato la sensibilità reganiana contro le tasse, ed è meno liberista del primo berlusconismo. È una coalizione popolare, alternativa alla sinistra che rappresenta l’Italia della Ztl».
C’è chi intravede un filo rosso tra il craxismo e la difesa dell’interesse nazionale delle destre italiane.
«Negli anni ottanta fu Craxi a riabilitare la difesa dell’interesse nazionale. La continuità maggiore è però con l’ultimo Craxi, quello dell’esilio, molto critico con l’Ue. Da leader internazionale che aveva contribuito a costruire l’Europa, Craxi pensava che l’Ue potesse svilupparsi in accordo con gli interessi nazionali. Dopo Maastricht cambiò idea. Bettino post 1992 era un vero proto-sovranista».
In Puglia il governatore Emiliano incarna una sinistra atipica, con venature populiste?
«Il sovranismo ha anche una declinazione progressista, che nei momenti cruciali però ripiega sull’Ue, come nel caso di Tsipras… Negli Usa ci sono le posizioni di Sanders. Da Sanders a Emiliano è un salto estremo, ma ci sono affinità: in certi momenti Emiliano sembrava più dei 5stelle che del Pd. Da Melanchon lo divide l’immigrazione: il francese guarda agli effetti sull’occupazione degli ingressi indiscriminati, mentre il leader pugliese è su posizioni più radical-chic».
La politica sui social: Facebook chiude profili di destra o pro Kurdistan tra forti polemiche. Arriverà anche un sovranismo digitale?
«Sovranisti digitali lo sono già i cinesi, che hanno social con piattaforme nazionali. La questione non è di diritto privato: i social sono di fatto luoghi pubblici. Una regolazione dovrebbe esserci sul piano nazionale e sul piano europeo. I sovranisti non sono contro l’Europa: i dossier sull’immigrazione e sull’economia devono essere sotto il controllo nazionale, mentre per altri ci vogliono regole europee».