Sì o no all'accoglienza dei migranti? Lo decidano i cittadini, dicano cosa ne pensano, siano parte attiva delle decisioni. Mentre la Regione Basilicata - sempre più tiepidamente, per la verità – si dice pronta a raddoppiare la quota di immigrati, autoproclamandosi modello di integrazione, a Laurenzana, un paese di 1.700 anime dell'entroterra potentino, il sindaco Michele Ungaro propone un referendum “preventivo”: il paese, privo di strutture idonee, non è al momento tra gli ottanta centri lucani che hanno scelto di ospitare profughi sull'onda della solidarietà “remunerata” (ammonta a un 1,3 milioni di euro l'incasso dei municipi della Basilicata aderenti al progetto di accoglienza).
Ma se si optasse per le “porte aperte” sarebbe più facile risolvere le criticità logistiche. Traduzione: vediamo cosa dicono i compaesani e se sono d'accordo ci attrezziamo. L'idea di Ungaro approda oggi in Consiglio comunale, che dovrà decidere se avviare o no l'iter legato alla consultazione popolare. Tutta la vicenda, però, rischia di tradursi in una questione di lana caprina. La storia italiana ha insegnato che i referendum, il più delle volte, si rivelano impalpabili come lo squacquerone, fagocitati dalla scarsa partecipazione, da quesiti fantasiosi o zeppi di tecnicismi e cervellotici come il teorema di Fermat (matematico francese vissuto nel '600).
Quant'anche si arrivi a una decisione per volontà popolare, gli interessi economici e le volontà politiche riescono quasi sempre a dribblare il responso delle urne. Il caso più emblematico è quello dell'acqua pubblica: il referendum del 2011 ha messo alla porta l'eventuale privatizzazione della risorsa idrica, ma le società che gestiscono il servizio si sono subito date da fare per scavalcare l'esito della consultazione appellandosi a interpretazioni. Gli elettori avevano chiesto di cancellare dal calcolo delle tariffe idriche l’«adeguatezza della remunerazione del capitale investito». Tutto è rimasto com'era. Che dire, poi, del referendum che abrogava il finanziamento ai partiti? Nel 1993 ci fu un esito plebiscitario per eliminare questo benefit, ma la politica ha finito per reintrodurlo sotto mentite spoglie. Marameo.
Se oltre 26 milioni di italiani hanno visto il proprio voto finire nell'oblìo per temi di grande portata come acqua e costi della casta, che ne sarebbe del parere dei mille laurenzanesi chiamati ad esprimersi sui migranti? Tanto più che sul tema specifico il sindaco non ha poteri, non può alzare muri o cambiare la politica internazionale. E, soprattutto, non può opporsi ai privati che decidessero di investire per creare sul posto locali adeguati a ospitare i richiedenti asilo. Insomma, il rischio è che se si arrivasse a indire un referendum tutto sarebbe confinato nell'aspetto folkloristico. O, per dirla con un vecchio adagio napoletano, nel novero del “facimm' ammuina”. Proprio di “ammuina” si farebbe volentieri a meno su un delicato tema come quello dell'accoglienza che ispira rigurgiti di intolleranza.
In Basilicata come nel resto d'Italia. Oggi, statistiche alla mano, sono poco meno di 3mila i migranti ospitati nel territorio lucano. Un dato che incide sulla ripartizione nazionale nella misura dell’1%, il valore più basso in Italia dopo quello della Val d’Aosta. Eppure la percezione popolare, annebbiata da paure e pregiudizi, è quella di trovarsi di fronte a un'invasione biblica. Il sì o il no di Laurenzana non sposterebbe di un millimetro convinzioni e provvedimenti.