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Lotteria tedesca lottizzazione italiana

 
Leonardo Petrocelli

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Leonardo Petrocelli

Lotteria tedesca lottizzazione italiana

L’Italia resta appesa ai suoi ritardi, ai suoi limiti e alle sue speranze

Lunedì 04 Gennaio 2021, 14:41

Il problema di una crisi nell’emergenza è che ogni nuovo fronte è un nuovo fianco scoperto. Lo sa bene il Governo giallorosso di Giuseppe Conte ormai più traballante di un acrobata sul filo e con più guai che capelli in testa. Alle rogne canoniche - il «tergicristallo» dell’apri-chiudi, il grattacapo delle scuole, i ristori - si sommano le grane piombate in corso d’opera, come il Recovery Fund, e quelle appena sbocciate come il piano di vaccinazione nazionale. Per la verità, quest’ultimo non è un problema solo italiano, ma europeo. Il presidente francese Emmanuel Macron tuona contro i ritardi inaccettabili della campagna transalpina («Bisogna cambiare, presto e con forza») inchiodata a poche centinaia di dosi iniettate. Dall’Eliseo il paragone naturale è quello con la Germania, regina continentale dell’efficientismo, dove pure le criticità non mancano.

Ha destato enorme scandalo la «lotteria delle dosi» nelle Rsa tedesche per decidere, in carenza di sieri, quale anziano vaccinare per primo. Una specie di macabra tombolata natalizia priva di ogni rigore scientifico. Una di quelle cose che, se fosse successa qui, avrebbe scatenato gli strali dell’Europa teutonica contro l’Italia impresentabile, buffonesca e stracciona. E invece accade a Francoforte nel Granducato del «tutto va bene» che ora guarda a Israele - il vero campione globale delle vaccinazioni - un po’ come noi, di solito, guardiamo a loro. Come dire, ognuno ha la sua Germania da invidiare.
Alla fine della giostra, però, bisogna capire quale sia la morale da trarre: mal comune mezzo gaudio? Non proprio. I guai degli altri non decolorano i nostri. Anzi. Roma corre più di Parigi e meno di Berlino (e anche di Inghilterra, Polonia e Croazia) ma in ogni caso non quanto dovrebbe. Innanzitutto, pesano le «zavorre» strutturali come la mancanza di personale sanitario e siringhe, ci fa danno un certo sfasamento dei tempi tra le diverse Regioni e non aiuta il rimpallo continuo tra territori e Governo centrale. Una brutta pratica, quest’ultima, antica quanto la pandemia e che, forse, quando tutto sarà finito, sarà il caso di disinnescare con uno slancio riformista.

Fino ad allora, però, restano i guai del presente con un’aggravante diventata ormai strutturale: qualunque stress test metta in difficoltà il Governo può diventare il gancio che stenderà il pugile giallorosso. Proprio i ritardi del piano vaccini hanno già innescato la consueta smitragliata di polemiche interne ed esterne. Di «insufficienza e poca chiarezza» ha parlato la ministra renziana Teresa Bellanova aprendo il quarto fronte di scontro dopo Recovery Fund, Mes e dossier Servizi. A ruota s’è mossa tutta l’opposizione con Lega e Forza Italia sulle barricate mentre Giorgia Meloni continua a sventolare le oltre 100mila firme raccolte online per sfiduciare il Governo Conte. La «pausa» natalizia aveva regalato l’illusione che il Covid potesse avere un ruolo ancillare, o comunque secondario, nella probabile crisi di Governo con i temi economici e della stabilità inchiodati ormai solidamente al centro del palcoscenico politico. E invece ora il cuore pandemico dell’emergenza - cioè quello sanitario - si è ripreso i galloni di possibile detonatore della bomba.

Le parole continuano a rincorrersi - rimpasto, Conte bis-bis, Governo del presidente - e i nomi pure: dalla giurista Marta Cartabia, new entry delle ultime ore, al solito Mario Draghi - che in molti descrivono «attivissimo» in questi giorni - il quale potrebbe prendere la strada del Quirinale passando per Palazzo Chigi. Con il fantasma del voto anticipato ad aleggiare sulle teste di tutti a cominciare da chi rischia di rimanere fuori - vale per i singoli come per i partiti - da una possibile tornata elettorale. Come andrà a finire lo si vedrà a breve, magari già a cavallo dell’Epifania. Nel frattempo l’Italia resta appesa ai suoi ritardi, ai suoi limiti e alle sue speranze. Come sempre. Ma almeno qui gli anziani non si giocano il vaccino al Bingo. Ed è già qualcosa.

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