Tutte le elezioni di ogni ordine e grado, in Italia, sono accompagnate da aspettative straordinarie. Ogni scadenza elettorale viene rappresentata come una sorta di giorno del giudizio, come un appuntamento stra-decisivo per le sorti dell’intera Penisola. Poi, puntualmente, si prende atto che nessun verdetto nell’urna può modificare il Dna e l’ossatura di un Paese, la cui stratificazione del potere prescinde dal colore di chi sale al vertice della piramide.
Infatti. La mentalità burocratica costituisce un tic, fenomeno così diffuso, da sfociare nella dittatura dello status quo. Per cui, possono cambiare i governi, le coalizioni di riferimento, di sicuro, però, l’atteggiamento del potere percepito dai cittadini risulterà più immutabile di una piramide egizia.
In Italia servirebbe un ballottaggio quotidiano tra lo spirito imprenditoriale (assai ostacolato) e la mentalità burocratica (assai agevolata). Ma questo confronto è scoraggiato dalla vera Casta che ha in mano le redini del Paese: la Casta dei burocrati intoccabili, degli Enti immortali, delle aziende partecipate che schivano ogni calcolo economico, insomma di tutti quei privilegiati - una sorta di nuovo clero da ancien regime - che non devono, di fatto, rendere conto a nessuno sulla produttività dei loro incarichi. continua dalla prima
Ecco perché in Italia possono cambiare i governi e i premier, ma il Paese reale raramente se ne accorge, dal momento che l’interfaccia con il cittadino è l’ufficio burocratico, più che la titolarità politica. E siccome anche sul piano della produzione legislativa, il ruolo delle tecnostrutture è incisivo come quello dello sceneggiatore in una trama cinematografica, anche il susseguirsi delle varie repubbliche (sull’onda di nuovi modelli elettorali) non lascia traccia nel rapporto diretto tra lo Stato e i cittadini.
Di qui la rassegnazione persino degli spiriti più esigenti, di quelli che vorrebbero vedere e poi votare, cioè giudicare. Di qui la continua disaffezione verso un appuntamento - il voto - che invece è l’essenza di una democrazia.
Purtroppo, la mentalità burocratica non si è sviluppata solo nel recinto del sistema pubblico, ma ha fatto il suo ingresso pure sul terreno delle attività private, contribuendo a fiaccare quel dinamismo che ha fatto sì che l’Italia fosse l’unico Paese al mondo ad aver brillato, per fantasia artistica e inventiva finanziaria, in quasi tutte le fasi degli ultimi 25 secoli.
Purtroppo, la mentalità burocratica non si esaurisce in un atto ben delimitato. Ma, a sua volta, genera quella mentalità assistenziale che l’emergenza da pandemia rischia di allargare ancora. Di conseguenza, si radica la convinzione che gli aiuti pubblici non finiranno mai; che la Bce continuerà a pompare quattrini da qui all’eternità; che lo stato assorbirà chiunque, e qualunque cosa. Il che può persino verificarsi a patto di sapere in anticipo, però, che nulla sarà come prima, dal momento che, si sa, nessun pasto è gratis.
In passato, politiche molto espansive sul piano assistenziale (e monetario) sfociavano immancabilmente nella maledetta inflazione, grande alleata di tutti i debitori (pubblici e privati) e micidiale nemica di tutti i creditori e risparmiatori. Grazie all’Europa e ai vincoli dell’Unione l’inflazione è stata ridotta a miti consigli, e però non è escluso che possa risvegliarsi di soprassalto e ripartire a razzo, anche se mezzo mondo cerca di ridarle un po’ di slancio. A furia di monetizzare il debito pubblico, prima o poi l’inflazione potrebbe perciò scatenarsi, con buona pace dell’80% della popolazione che si ritroverebbe addosso la tassa più subdola e insidiosa che sia stata mai sopportata.
Non è facile creare le condizioni perché un’inflazione in modica quantità possa far ripartire la crescita che non c’è. Finora l’Unione Europea, e la Bce in particolare, si è distinta quasi esclusivamente nell’azione di contenimento dei prezzi. Ma la mentalità burocratico-assistenziale, che non è - va detto - un’esclusiva dello Stivale, potrebbe dilagare fino al punto da sovvertire i princìpi fondativi dell’Unione non foss’altro perché la pandemia ha congelato tutti i rigorosi vincoli fiscali comunitari.
Ovvio.
La sorvegliata speciale rimane l’Italia. Se l’Italia non dovesse più riprendersi, finanziariamente parlando, dallo choc del coronavirus, le conseguenze non sarebbero modeste o circoscritte, in tutto il Vecchio Continente.
Ecco perché sarebbe quanto mai auspicabile un costante distacco da quella mentalità burocratico-assistenziale acuita, negli ultimi mesi, dalla visita del Covid. Anche perché una società di assistiti e di mantenuti non avrebbe entusiasmanti prospettive davanti a sé. Anzi, rischierebbe, inevitabilmente, di dividersi in due: tra assistiti di serie A e assistiti di serie B.