Sarebbe davvero un delitto se un’opportunità storica come quella degli Stati Generali dell’Economia, convocati dal presidente Conte per programmare la ripresa, andasse perduta o comunque non venisse sfruttata appieno. E non solo per la figuraccia che l’Italia farebbe a livello internazionale, soprattutto nei confronti dell’Unione europea che ha riservato al nostro Paese la quota maggiore del Recovery Fund da 750 miliardi di euro, oltre ai prestiti e ai finanziamenti della Banca centrale europea e quelli previsti eventualmente dal Meccanismo europeo di stabilità per il sistema sanitario. Ma soprattutto perché con tutta probabilità non avremo mai più una così ampia disponibilità di risorse per finanziare la ricostruzione e il rilancio nazionale.
Già non abbiamo fatto una bella figura inaugurando gli Stati Generali con la diserzione dell’opposizione di centrodestra che s’è rifiutata di partecipare ai lavori di Villa Pamphilj, residenza ufficiale del governo, reclamando polemicamente una “sede istituzionale” per evitare una “inutile passerella” del presidente del Consiglio. Questa “disunione nazionale” non ha giovato certamente all’immagine dell’Italia, rischiando di farla apparire all’esterno come un Paese diviso e quindi inaffidabile.
È francamente paradossale che una tale richiesta logistica provenga da chi, come il leader leghista Matteo Salvini, ha aperto in passato dal “Papeete Beach” di Milano Marittima una crisi di governo, quello stesso governo di cui faceva parte; o da chi, come il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi, convocava le riunioni della maggioranza di governo presso le sue residenze private di Arcore, Palazzo Grazioli o in Costa Smeralda. Tanto più strumentale appare questa diatriba sulla location romana per il fatto che al vertice hanno partecipato ospiti stranieri, come la presidente della Commissione europea Ursula von Der Lyen e la presidente della Bce Cristine Lagarde, che non avrebbero avuto titolo per intervenire e prendere la parola in una seduta del nostro Parlamento. Per non dire poi delle parti sociali, sindacati e imprenditori, rappresentanti del commercio e dell’artigianato, che pure sono stati invitati a Villa Pamphilj e hanno partecipato ai lavori.
Ma in ogni caso, passerella o palcoscenico che sia, gli Stati Generali avrebbero potuto offrire l’occasione più propizia anche per promuovere quella “unione nazionale” che il centrodestra invoca per un ipotetico futuro governo, dando l’impressione di rivendicare potere e poltrone più che di voler condividere oneri e responsabilità. Il confronto delle idee, delle opinioni e delle proposte è sempre il presupposto per la partecipazione e la condivisione. È chiaro a tutti comunque che le scelte di politica economica dovranno essere assunte dal Parlamento e sarà in quella sede, appunto, che l’opposizione potrà fare eventualmente la propria parte, magari con un atteggiamento di maggiore disponibilità e collaborazione. Si può essere pure d’accordo su alcuni degli obiettivi indicati da Salvini, come il taglio della burocrazia e quello delle tasse, ma evidentemente non si può ridurre un programma di ricostruzione nazionale soltanto a due slogan propagandistici di chiara ispirazione elettoralistica, con il pericolo di soffiare anche involontariamente sul fuoco della rabbia sociale.
C’è però una linea di confine più o meno invisibile che passa oggi tra maggioranza e opposizione. Ed è costituita essenzialmente dal rapporto con l’Unione europea. Negli ultimi tempi, all’interno del centrodestra sono affiorate divergenze fra l’atteggiamento più costruttivo di Forza Italia e quello sovranista della Lega e di Fratelli d’Italia. Se proprio non si potrà ripristinare lo spirito post-bellico che animò la ricostruzione dopo l’ultima guerra, c’è da auspicare almeno che i due fronti contrapposti ritrovino un terreno comune di confronto e di dialogo nell’interesse generale del Paese. Ma è chiaro che, dopo la crisi prodotta dal Covid-19, non potremo fare a meno della solidarietà europea per investire sul nostro futuro, a cominciare dal Mezzogiorno, per promuovere la ripresa e lo sviluppo dell’intero Paese.
I riconoscimenti che durante gli Stati Generali gli ospiti stranieri hanno rivolto all’Italia, per la sua capacità di contrasto e di reazione all’epidemia, vanno al di là degli schieramenti politici. Riguardano in primo luogo il governo, ma coinvolgono tutti i cittadini di qualsiasi colore politico che si sono mobilitati in questa emergenza: medici, infermieri, operatori sanitari, forze dell’ordine, volontari, addetti alla piccola e grande distribuzione, uomini e donne dello spettacolo. E sia consentito aggiungerlo dalle colonne di un giornale che in questa crisi ha dovuto affrontare una particolare situazione di difficoltà editoriale, citiamo anche i giornalisti, i tipografi, gli edicolanti, gli operatori radiotelevisivi che hanno assicurato all’opinione pubblica un’informazione quotidiana, puntuale e completa, pur nella differenza delle rispettive posizioni.
Gli Stati Generali di Villa Pamphilj potevano essere una passerella non solo per il governo e per la sua maggioranza, ma per tutti gli italiani di buona volontà. La diserzione del centrodestra ha messo in scena invece quella “disunione nazionale” che indebolisce il nostro Paese agli occhi del mondo, alimentando la diffidenza nei nostri confronti. Ora è necessario un soprassalto d’impegno e di responsabilità, per remare insieme verso un nuovo orizzonte di sicurezza e di prosperità.