Venerdì 05 Dicembre 2025 | 12:25

Una difesa «attiva» nella guerra dell’informazione

Una difesa «attiva» nella guerra dell’informazione

 
Gaetano Quagliariello

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Gaetano Quagliariello

L’informazione? Strategica e di buona costituzione

Il fronte più insidioso della «guerra cognitiva»: un conflitto invisibile che non si misura in missili o carri armati, ma in post manipolati e notizie artefatte. L’informazione è diventata un’arma puntata verso le emozioni della gente

Venerdì 05 Dicembre 2025, 11:02

Le guerre sono sempre brutte ma non uguali a sé stesse. La Prima Guerra Mondiale fu una guerra totale, combattuta anche dal fronte interno. Il suo emblema fu la mitragliatrice, «la grande falciatrice» che moltiplicò all’infinito, morti, feriti e mutilati. Nel Secondo conflitto apparvero i carri armati e gli aerei si misero a bombardare. Chi non l’aveva capito, come i francesi, aveva pensato di difendersi costruendo ostacoli che, invece, i nuovi mezzi oltrepassarono senza difficoltà. Poi abbiamo conosciuto la guerriglia che ha tenuto in scacco gli eserciti e la guerra asimmetrica. Ora siamo di fronte a un nuovo cambio di paradigma. E abbiamo il dovere di non girare la testa dall’altra parte.

Solo pochi giorni fa, il ministro Crosetto ha ammonito sul pericolo della disinformazione che si infiltra nelle crepe della nostra vita pubblica. È questo il fronte più insidioso della «guerra cognitiva»: un conflitto invisibile che non si misura in missili o carri armati, ma in post manipolati e notizie artefatte. L’informazione è diventata un’arma puntata verso le emozioni della gente. La mente dei cittadini è assurta a linea del fuoco digitale. Non è un’invenzione del tutto inedita. Gli autocrati, maestri dell’inganno politico, affinano da anni la persuasione clandestina. Ma oggi basta un telefono connesso per diffondere menzogne a costo zero: gli algoritmi sono la nuova artiglieria di precisione. Fama volat. Quanti italiani, risucchiati nello scroll infinito dei social, davanti all’ennesima diceria sugli inesistenti rapinatori dalla cadenza ucraina, si accorgono di essere finiti nel mirino di una guerriglia mediatica organizzata su larga scala?

Non è fantascienza: messaggi di questo tipo rappresentano una minaccia alla nostra sovranità, innanzitutto di giudizio. Lo ha messo nero su bianco la Nato, almeno da tre anni. Il Mediterraneo è un varco aperto agli attacchi informatici, dove la manipolazione digitale si innesta sulle faglie dell’energia e delle migrazioni.

Mentre a Est si spara, il «secondo fronte» del conflitto punta a fiaccare la volontà del Sud Europa. La rotta libica dei disperati in fuga da guerre e miseria è una leva di pressione geopolitica contro l’Italia e il suo Mezzogiorno. A chi parte si promette l’Eldorado europeo, mentre a chi accoglie si racconta lo spettro di un’invasione. La sfiducia nelle istituzioni la si insinua così: goccia dopo goccia. Un veleno a lento rilascio, che attacca il sistema immunitario della democrazia.

Le piattaforme digitali hanno tentato di chiudere i varchi, ma la pubblicità politica - carburante economico per i regimi autoritari - ha continuato a scorrere finché non è stata sospesa. Per contrastare questa offensiva, servono tre forme di difesa «attiva»: abilità tecniche, comunità coese, cittadini con gli occhi allenati a riconoscere l’inganno. Una difesa moderna esige più capacità cibernetiche, ingegneristiche e strategiche.

All’indomani del Consiglio Supremo di Difesa, Crosetto ha invocato cinquemila specialisti per fronteggiare la minaccia ibrida. Serve anche ricucire il legame tra civili e militari: scuole, università, municipi, associazioni, perfino le poche sedi di partito rimaste. Ogni comunità può diventare un avamposto di consapevolezza. Non significa armare figli e parenti, ma investire sul nostro spirito critico per non diventare megafoni involontari della propaganda. E poi saper restituire i colpi. Essere più «aggressivi e reattivi». Non c’è niente di male. Perché la percezione è diventata un campo di battaglia: o lo presidiamo, o lo conquisteranno altri, che da tempo hanno dimostrato di non farsi scrupoli.

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