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Quel mostro che incombe sulla ripresa economica

 
Giovanni Valentini

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Giovanni Valentini

I detrattori della burocrazia, i suoi principali sostenitori

È la burocrazia, quell’apparato pubblico amministrativo che incombe sulla nostra vita collettiva, frenando, rallentando, ostacolando la ripresa economica e il rilancio del Paese

Mercoledì 10 Giugno 2020, 18:18

C’è un mostro che minaccia l’Italia anche più del coronavirus. E non è il governo in carica, come dice avventatamente il neo-presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, bensì la burocrazia. Quell’apparato pubblico amministrativo che incombe sulla nostra vita collettiva, frenando, rallentando, ostacolando la ripresa economica e il rilancio del Paese. Una palude di carta bollata capace di bloccare qualsiasi pratica o iniziativa, atto o procedura, com’è avvenuto per la cassa integrazione, per i sussidi e i finanziamenti anche in questa emergenza sanitaria.

Ed è una nemesi storica che oggi si rovescia innanzitutto su quel premier, Giuseppe Conte, che era stato candidato inizialmente dai Cinquestelle proprio come ministro per la Riforma della Pubblica Amministrazione, una riforma attesa e invocata ormai da troppi anni come la manna dal cielo. Non basteranno tutti i fondi nazionali ed europei stanziati contro l’emergenza economico-sociale, se non si riuscirà a sconfiggere questo mostro famelico, questo “buco nero” che risucchia una gran parte delle risorse disponibili. Altrimenti, continueremo ad accusare lentezze e ritardi, a perdere tempo e denaro, oltre a consumare inutilmente energie personali e professionali.

Una lotta quotidiana che ciascun cittadino, imprenditore o commerciante, è costretto a disputare contro l’ottusità, l’inadeguatezza e l’inefficienza di un apparato occulto che esercita così il suo oscuro potere di veto.

Per produrre uno shock positivo, occorre innanzitutto un salto di qualità nella semplificazione delle procedure, in modo da ridurre i tempi e gli oneri burocratici. Ma un obiettivo di questo genere presuppone una svolta culturale e tecnologica che consenta la transizione definitiva dalla carta al digitale. Fino a quando la burocrazia dell’una si sovrapporrà a quella dell’altra, il mostro a due teste crescerà di forza e dimensione. E noi dovremo ancora scaricare il modulo da Internet, stamparlo, compilarlo a mano, scannerizzarlo o fotocopiarlo, e infine inviarlo all’ufficio pubblico o anche alla banca o all’assicurazione privata.

La transizione al digitale non è compatibile però con l’interattività a senso unico. Chi scrive un’e-mail, trasmette un avviso o spedisce una bolletta, deve rispondere alle domande di chiarimento e alle richieste del cittadino senza affidare tutto alle segreterie automatiche, ai numeri interni quasi sempre irraggiungibili, agli operatori perennemente occupati. E anche questo vale per il settore pubblico e per quello privato. La capacità di dialogare con gli utenti, con le famiglie e con le imprese, è un compito e una responsabilità che la burocrazia non può delegare completamente alla tecnologia. Ben venga, dunque, anche lo “smart working” auspicato dal cosiddetto Piano Colao, per cui il ministero della PA prevede che in futuro almeno il 30% degli statali potrà lavorare da casa con maggiore efficienza e produttività.

Bisogna interrompere poi il predominio delle procedure sui risultati. A cominciare da quella stratificazione di norme, leggi e regolamenti che impediscono la comprensione o anche solo la lettura di qualsiasi provvedimento del governo, del Parlamento e più in generale degli enti pubblici, con una giungla di richiami e di citazioni a testi precedenti indicati in codice come se fossero cifrati. È una questione di trasparenza e anche di linguaggio, cioè di chiarezza, di precisione, di semplicità. Nell’intero apparato amministrativo, si dovrebbe adottare come un libro di testo il “breviario di scrittura civile” compilato dall’ex magistrato barese, Gianrico Carofiglio, sotto il titolo Con parole precise (Laterza, 2015): “L’oscurità della lingua in generale e della scrittura in particolare – avverte l’autore – è profondamente, sostanzialmente antidemocratica”.

Per rafforzare l’Amministrazione pubblica, come propone il “Forum per la PA”, è necessario un rinnovamento sia quantitativo sia qualitativo del personale. Negli ultimi dieci anni, il numero degli addetti s’è ridotto di 212mila unità (-6,2%). E oggi questo esercito di funzionari e impiegati, per un totale di oltre tre milioni di persone, rappresenta il 14% sul totale dei lavoratori italiani, contro il 29% della Svezia, il 22 della Francia, il 18 della Grecia, il 16 della Gran Bretagna e il 15 della Spagna. Ma il peggio è che l’età media risulta di 51 anni, la più alta di tutta l’area Ocse, con gli under 30 che sono appena il 2,9%. Tra il 2008 e il 2018, la spesa per la formazione in questo campo è scesa da 263 milioni a 154, mentre si utilizzavano figure professionali sempre più flessibili e precarie. Nelle file dei nostri burocrati, prevalgono ancora i profili giuridici, ma sono carenti le competenze tecniche, di negoziazione e quelle organizzative. Ecco perché il “Forum” lancia una sfida a quella che chiama la “burocrazia difensiva”, arroccata in difesa del proprio potere piuttosto che aperta e disponibile nei confronti dei cittadini.

All’uscita dal tunnel della pandemia, la società italiana ha bisogno di riprendere a correre per far crescere l’economia, la produzione e il benessere. Nessuno può pensare, ovviamente, di risolvere tutto sconfiggendo il mostro della burocrazia. Ma questo è un primo passo decisivo per avviare la ricostruzione del Paese, rendendolo più efficiente e competitivo sul piano internazionale.

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