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La società tecnologica di fronte ad antiche paure

 
Michele Partipilo

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Michele Partipilo

Coronavirus, primi due casi in Italia. Comte chiude traffico aereo con Cina. In allerta Protezione civile

Chi poteva pensare che il virus di un pipistrello in Cina avrebbe portato scompiglio nel mondo?

Sabato 01 Febbraio 2020, 14:44

La teoria del caos sostiene che basti il battito d’ali di una farfalla per provocare un uragano dall’altra parte del mondo. A ben guardare non è così paradossale come potrebbe sembrare. Chi poteva pensare che il virus di un pipistrello in Cina avrebbe portato scompiglio nel mondo?
Nonostante controlli e isolamenti, da quella terra lontanissima il nuovo pericolo è arrivato anche in Europa e in Italia nel giro di pochi giorni. Anche in passato le malattie si diffondevano ma, nonostante l’assenza di cordoni sanitari, ci impiegavano molto di più: mesi se non addirittura anni.
Il principale veicolo erano gli eserciti in movimento, spostandosi con relativa velocità e in condizioni igieniche parecchio precarie trasmettevano malattie a tutto spiano, compresa la peste.

Spesso più che i danni bellici veri e propri erano questi «effetti collaterali» a mettere sul lastrico città e nazioni.
Ora tutti ci dicono di stare calmi ed è un buon consiglio. Però non si può negare che un potenziale pericolo sia fra di noi. La nostra civiltà vive sotto il segno del troppo: troppa gente, troppo concentrata nelle città, troppi ammassamenti. Megalopoli di decine di milioni di abitanti, come la stessa Wuhan, da dove il virus è partito, facilitano il contagio. Lo stile di vita contemporaneo è popolato di formicai umani: dalle strade ai trasporti, dal lavoro allo svago, tutto si svolge in ambienti in cui un numero indeterminato di persone vive e si muove a stretto contatto. Per lo sviluppo di ogni virus, non solo per questo cinese, è un ambiente che più favorevole non potrebbe essere.

Tutti i Paesi e le loro organizzazioni sanitarie sono impegnati per cercare di contenere l’epidemia e il numero delle vittime che – detto con il massimo rispetto – è in realtà piuttosto basso, se si considera che solo in Italia (circa 60 milioni di abitanti) ogni anno per l’influenza invernale ci sono fra i 7 e gli 8mila morti, tenendo anche conto delle campagne di vaccinazione e dei presidi sanitari. A parte qualche soggetto a rischio, nessuno si preoccupa più di tanto se ha contratto l’influenza. A oggi il virus cinese ha ucciso meno di 250 persone e in più la Cina conta 1.400 milioni di persone.
Diciamo allora che ciò che spaventa, oggi come accadeva migliaia di anni fa, è l’ignoto, il non conoscere questo virus, non sapere della sua evoluzione, del suo percorso. Insomma è il contropiede virale che spiazza le certezze di ciascuno. Sentirsi minacciati da un pericolo nuovo risveglia antiche paure e fa riemergere quella insecuritas esistenziale che l’uomo cerca di dominare in vario modo. Grazie agli sviluppi della tecnologia e alla possibilità per tutti di accedervi, sembrava che ormai l’angoscia arcaica fosse stata superata per sempre. Se, come tutti si augurano, nel giro di qualche mese si dovesse riuscire a produrre un vaccino, ecco che all’improvviso le paure globali sparirebbero, la loro percezione svanirebbe anche se magari gli effetti – in termini di contagi e di vite umane – dovessero aggravarsi.

È curioso come gli uomini si preoccupino di pericoli di origine sconosciuta ma senza mai interrogarsi se per caso non abbiano una qualche responsabilità nel loro sviluppo. La vecchia regola di addossare la colpa agli altri ci assolve in ogni tempo. È il virus che attacca, è quel disgraziato pipistrello che ha combinato un bel casino. Così stiamo già provando a giustificare il nervosismo dei mercati, le restrizioni a viaggi e spostamenti, i sobbalzi del turismo. Ma forse questo non è il modo migliore per affrontare il problema. Perché alla scienza possiamo chiedere cure e vaccini per aiutare a sconfiggere questo e tutti gli altri virus che verranno, ma contro il terribile virus dell’irresponsabilità, da cui è affetto in maniera particolarmente grave l’uomo contemporaneo, come si guarisce? E su questo fronte la medicina può dirci poco e non serve neppure mettere in piedi un ospedale nel tempo record di 10 giorni.
D’accordo, ora occupiamoci di questa bestiolina invisibile che rischia di toglierci il sonno per i prossimi mesi. Però cerchiamo di imparare a combatterli tutti i virus, anche quelli che non si vedono al microscopio e che si trasmettono senza alcun contatto e con grande facilità, soprattutto attraverso la Rete. Ci vorrebbe una Oms per occuparsi di tutti i germi e i microbi che infettano la società. E che, esattamente come il coronavirus, possono spuntare a migliaia di chilometri da noi e colpire all’improvviso. La teoria del caos forse non è così paradossale come sembra.

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