Domenica 07 Settembre 2025 | 03:06

Costituzione fai-da-te sui conti pubblici

 
Giuseppe De Tomaso

Reporter:

Giuseppe De Tomaso

Ilva, esperti a governo e Mattarella: «Usare ancora il carbone è condanna per Taranto»

«La Carta costituzionale è un complesso di regole e prescrizioni che va onorato e rispettato. Invece, niente è più facoltativo, in Italia, dell’osservanza della Costituzione»

Martedì 02 Ottobre 2018, 17:12

La Costituzione non fa eccezione. Come avviene per il resto delle leggi italiane, anche i precetti costituzionali si applicano per i nemici e si interpretano per gli amici. Dipende, ovviamente, dai temi in discussione e dai rapporti di forza del momento. In ogni caso, sono in molti a considerare la Costituzione alla stregua di un menù del ristorante: si ordina quello che garba, si respinge ciò che non ingolosisce. Ma la Carta costituzionale non è come la Carta dei vini, che sollecita a scegliere a piacere. La Carta costituzionale è un complesso di regole e prescrizioni che va onorato, accettato e rispettato in blocco, non con l’elastico, né a rate o a fasi alterne. Invece, niente è più facoltativo, in Italia, dell’osservanza della Costituzione che, pure, a detta dei suoi critici, denota un’eccessiva rigidità.

Spesso, sono proprio le vestali dell’intoccabilità della Legge fondamentale della Repubblica, sono proprio gli avversari di ogni progetto di riforma costituzionale, i più accaniti fedifraghi del Testo che regola la democrazia italiana. Sono loro i principali artefici della Costituzione fai-da-te, quelli dei «mi piace» o «non mi piace» sulla base dell’interesse personale o partitico.
Cosicché succede che se si avviano le procedure per modificare la Costituzione nel rispetto delle norme statuite, si scatena il putiferio in difesa della sacralità della Carta. Viceversa, se la Carta viene violata giornalmente, nessuno grida allo scandalo o «al lupo, al lupo».
Se il Capo dello Stato ricorda che tocca a lui nominare i ministri, su proposta del presidente del Consiglio (il che significa che il Quirinale potrebbe rifiutare alcuni nominativi), apriti cielo. Scattano subito le accuse di presidenzialismo, di forzatura costituzionale e via lamentando. Se il Capo dello Stato ricorda che la Costituzione affida al presidente del Consiglio, e non ad altri, il compito di dirigere l’orchestra del governo, partono immediatamente gli inviti (destinazione Colle) a farsi gli affari suoi e a non ingerirsi di cose che non gli competono. Ma che, invece, Costituzione alla mano, gli competono benissimo.
Il maltrattamento della Costituzione sulla base delle esigenze di partiti e gruppi di potere vari non è un fenomeno (solo) attuale o recente. Viene da lontano. Dura da decenni. Lo stravolgimento della Costituzione riguarda soprattutto le sue prescrizioni sul buon governo dell’economia. L’articolo 81 prevede che non si debba deliberare una nuova spesa senza la copertura della medesima. L’articolo 97 ha recepito il principio dell’equilibrio di bilancio, fattore essenziale per restare in Europa, oltre che per non dichiarare bancarotta.
Se solo, a partire da gennaio 1948, si fosse rispettato l’articolo 81, l’Italia non avrebbe accumulato un debito pubblico di proporzioni ciclopiche, né avrebbe avvertito la necessità, strada facendo, di stabilire l’equilibrio dei conti in una (successiva) modifica costituzionale. Invece, mai la Costituzione è stata strapazzata senza pietà come è avvenuto e avviene sulla tutela dei conti pubblici. Specie da parte di chi nei convegni e nelle adunate di piazza non vorrebbe ritoccare la Carta nemmeno per una virgola.
Non sappiamo se i padri costituenti oggi apprezzerebbero le misure «espansionistiche» previste nella manovra da poco abbozzata, né sappiamo se approverebbero il «reddito di cittadinanza» annunciato per sei milioni di italiani, né sappiamo se giudicherebbero il sussidio di italianità come un voto di scambio per finalità elettorali. Sappiamo soltanto che, proprio a difesa della sovranità nazionale, i costituenti della Repubblica introdussero più di un argine contro la tentazione delle mani bucate, che colpisce più i politici dei «figli di papà» con il portafogli sempre gonfio. Un Paese iper-indebitato è un Paese sprovvisto di sovranità. Altro che interferenze da Bruxelles.
E sappiamo pure che, per i costituenti, il lavoro va inteso anche come un dovere, non esclusivamente come un diritto. Dovere di cercarlo, dovere di meritarlo. Rileggiamo per intero o l’articolo 4 della Costituzione: «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società».
La Costituzione parla chiaro, ma - ripetiamo - parla di lavoro come diritto-dovere, non già di un’assistenza garantita a tutti.
Ma, si sa, la lettera della Costituzione quasi sempre viene sbandierata per calcolo e convenienza, quasi mai per fedele adesione ai suoi princìpi. I padri costituenti sapevano che uno Stato in dissesto economico sfocia presto in uno stato in dissesto etico-politico, facile preda degli speculatori più scafati. E, i costituenti, agirono di conseguenza, mettendo le loro preoccupazioni nero su bianco.
Altro che congiura dei mercati (che poi sarebbero milioni e milioni di risparmiatori-investitori) o dei Poteri Forti (senza nome) della finanza internazionale. Uno Stato con i conti in ordine è più blindato di un bunker difensivo protetto da Gigi Buffon. A nessun raider verrebbe mai in mente qualche piano d’attacco contro un’economia florida come una piantagione di ciliegie a maggio. Gli assalitori, piuttosto, si coalizzano contro le economie che risultano più disastrate delle colture olivicole alle prese con la Xylella.

Invece, si va avanti con la doppia verità, col doppiogiochismo elevato a sistema. Si osanna la Costituzione, ma la si violenta in continuazione, e pure senza falsi pudori. Si urla contro la speculazione finanziaria, ma si fa di tutto per agevolarne l’arrivo: a certificare una condizione di debolezza sempre più rischiosa, e a dare l’allarme su uno stato di criticità sempre più grave.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)