Due ore cosa sono? Possono passare in un lampo, o diventare un’eternità, anzi un incubo sul treno Foggia-Potenza. Capita che superate le poche stazioni del Foggiano cominci in Basilicata una serie di gallerie più lunghe dei tratti all’aperto e che sull’intero convoglio sia accesa soltanto una lampadina, con la luce fioca del secolo scorso. Nulla che lo potesse far prevedere, nessun avviso a mettere in guardia i poveri viaggiatori. In pieno giorno si precipita all’improvviso in un budello nero, un buio pesto che rende impossibile, a meno di rischiare cadute, raggiungere l’unico ferroviere visto per qualche secondo alla partenza. Si prova a far filtrare quella debole luce nella carrozza dove si è seduti, ma la porta che dà sul corridoio rimane aperta soltanto se sorretta con le mani e questo significa sopportare la corrente fredda e maleodorante che attraversa tutti i vagoni. Non si resiste, ma non c’è via di uscita, eppure i neon, datati anche questi, sono lì al soffitto, inesorabilmente spenti. Nei brevi lampi di sole si riesce a leggere cartelli che sembrano scritti per aumentare l’irritazione: “prima classe” dicono le targhette affisse su scompartimenti che, visto lo stato, sarebbero la terza classe di una volta, con l’unica differenza dei sedili in vilpelle (invece che in legno). Lo sfottò (involontario?) è accentuato dall’oboe, la voce campionata che ricorda con insistenza di tenere a portata di mano il biglietto per i controlli, altrimenti c’è la multa di 200 euro! Viene voglia di prenderla quella multa per piantare una grana che non finisce mai e invece non c’è nessuno a cui rivolgersi, meno che mai le pattuglie di poliziotti che presenziano altri treni regionali. Qui, sulla Foggia-Potenza, la sicurezza non è un obbligo ed a sottolinearlo ci sono cigolii di tutti i tipi che si accentuano a ogni fermata e a ogni ripartenza (praticamente a tutte le stazioni e frazioni al di qua e al di là dell’Ofanto). Più di tutto inquieta il ripetuto e sinistro rumore come di un pesante palo metallico che rotola sul pavimento, già, ma dove e, soprattutto, perchè? Il treno sembra doversi sgretolare da un momento all’altro per cedimento strutturale, ma non interessa a nessuno. “Sono carrozze vecchie!” dice una giovane studentessa che proprio non dovrebbe rassegnarsi ai disservizi, un suo coetaneo è più avanti nella nonchalance: sgranocchia e beve di tutto perso nello smartphone e poi scende lasciando bottiglie, incarti e briciole fra i sedili, tanto chi controlla? Attorno un panorama tra il bucolico e il desolato, piccole vigne e uliveti lillipuziani arrampicati su appezzamenti di terreno scoscesi, una scommessa contro le leggi della natura e della gravità. Tutto congiura a convincere i passeggeri che qui ogni cosa è più difficile e i trasporti, figuriamoci, lo sono molto di più, ma le Ferrovie per 7,10 euro di biglietto sono tenute a dare un servizio che potrebbe sì fare a meno dell’estetica (eppure i treni delle Fal adocchiati in qualche stazione appaiono sfolgoranti), ma dovrebbe essere, appunto, un servizio. Alla stazione di Potenza Inferiore, pochi secondi prima dell’arrivo, la beffa: i neon si accendono, ma la rabbia non si spegne, anzi. Si vede (dopo due ore) un ferroviere, poi arriva anche il capotreno: è desolato, neanche sapeva del buio “Avevo acceso, ma come spesso accade è saltato… Non me ne sono accorto perché sono obbligato a stare insieme al macchinista. Queste carrozze risalgono agli anni Settanta, troppo vecchie: quelle più nuove non sono sempre disponibili”. La linea ferroviaria Foggia-Potenza quest’estate è stata sospesa per lavori e i collegamenti affidati a pullman sostitutivi, un viaggio estenuante anche quello, ma almeno senza salti nel buio. Il problema però non è l’eterna lotta tra rotaia e gomma, il problema è che in questo caso la realtà è capovolta: non è la gente a rifiutare il treno, ma il contrario.

Due ore cosa sono? Possono passare in un lampo, o diventare un’eternità, anzi un incubo sul treno Foggia-Potenza
Venerdì 28 Settembre 2018, 17:15